ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita’
costituzionale degli articoli 3, comma 6; 4, comma 1, lettere h), l), m),
n), o), p); 32, comma 2; 54, commi 1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70,
comma 1; 75, comma 4, dello statuto della Regione Toscana, approvato in
prima deliberazione il 6 maggio 2004 e, in seconda deliberazione, il 19
luglio 2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 27
del 26 luglio 2004, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 9 agosto 2004, depositato in Cancelleria il 12
successivo ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2004.
Visto l'atto di
costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica
del 16 novembre 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
uditi l'avvocato dello
Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avv.
Stefano Grassi per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1. — Il Presidente
del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 9 agosto 2004,
depositato il successivo 12 agosto 2004, ha sollevato questione di
legittimita’ costituzionale degli articoli 3, comma 6; 4, comma 1, lettere
h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54, commi 1 e 3; 63, comma 2;
64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4, dello statuto della Regione Toscana,
approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e, in seconda
deliberazione, il 19 luglio 2004, pubblicato nel Bollettino Ufficiale
della Regione n. 27 del 26 luglio 2004, in riferimento agli articoli 2,
3, 5, 24, 29, 48, 97, 113, 114, 117, secondo comma, lettere e), f), i),
l), p), s), terzo, quinto e sesto comma, 118, 121, 122, 123, 138 della
Costituzione.
1.1. — L'art. 3,
comma 6, dello statuto impugnato stabilisce che «la Regione promuove, nel
rispetto dei principi costituzionali, l'estensione del diritto di voto agli
immigrati».
Questa norma, secondo il
ricorrente, si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale che
riserva ai cittadini l'elettorato attivo (art. 48 della Costituzione) e non
sarebbe finalisticamente rispettosa delle attribuzioni costituzionali dello
Stato, in quanto il potere di revisione costituzionale e’ riservato al
Parlamento nazionale (art. 138 della Costituzione). Inoltre, violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettere f) e p), della
Costituzione, in virtu’ del quale spetta allo Stato la competenza
legislativa esclusiva nella materia elettorale concernente gli organi
statali e degli enti locali, nonche’ l'art. 121, secondo comma, della
Costituzione, poiche’ limiterebbe il potere di iniziativa legislativa del
Consiglio regionale.
1.2. — L'art. 4,
comma 1, lettera h), dello statuto in esame dispone che la Regione
persegue, tra le finalita’ prioritarie, «il riconoscimento delle altre forme
di convivenza» con previsione che, ad avviso della difesa erariale, potrebbe
costituire la base statutaria di future norme regionali recanti una
disciplina dei rapporti tra conviventi lesiva della competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di “cittadinanza, stato civile e anagrafi”
e di “ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettere i) e l),
Cost.)
La norma violerebbe,
inoltre, l'art. 123 della Costituzione, ed il limite della «armonia con la
Costituzione», qualora con essa si «intenda affermare qualcosa di diverso
dal semplice rilievo sociale e dalla conseguente giuridica dignita’» della
convivenza tra uomo e donna fuori del vincolo matrimoniale, ovvero si
«intenda affermare siffatti valori con riguardo ad unioni libere e relazioni
tra soggetti del medesimo sesso», in contrasto con i principi
costituzionali, in relazione a situazioni divergenti dal modello del
rapporto coniugale, estranee al contenuto delle garanzie fissate dall'art.
29 della Costituzione, non riconducibili alla sfera di protezione dell'art.
2 della Costituzione.
La norma si porrebbe in
contrasto anche con l'art. 123 della Costituzione, in quanto avrebbe un
contenuto estraneo ed eccedente rispetto a quello configurabile quale
“contenuto necessario” dello statuto, non esprimerebbe un interesse proprio
della comunita’ regionale e neppure avrebbe contenuto meramente
programmatorio, violando altresi’ il principio fondamentale di unita’ (art.
5 della Costituzione) e realizzando una ingiustificata disparita’ di
trattamento, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
1.3. — L'art. 4,
comma 1, lettere l) e m), dello statuto in esame stabilisce
che la Regione persegue, tra le finalita’ prioritarie, «il rispetto
dell'equilibrio ecologico, la tutela dell'ambiente e del patrimonio
culturale, la conservazione della biodiversita’, la promozione della cultura
del rispetto degli animali» (lettera l), nonche’ «la tutela e la
valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico» (lettera
m).
Secondo il ricorrente, la
norma violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in
materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, in
quanto prevede la tutela dell'ambiente e la tutela dei beni culturali.
La lettera m)
recherebbe vulnus anche all'art. 118, comma terzo, della
Costituzione, che riserva alla legge statale la disciplina di forme di
intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
1.4. — L'art. 4,
comma 1, lettere n), o) e p), dello statuto della Regione
Toscana stabilisce quali finalita’ prioritarie: «la promozione dello
sviluppo economico e di un contesto favorevole alla competitivita’ delle
imprese, basato sull'innovazione, la ricerca e la formazione, nel rispetto
dei principi di coesione sociale e di sostenibilita’ dell'ambiente» (lettera
n); «la valorizzazione della liberta’ di iniziativa economica
pubblica e privata, del ruolo e della responsabilita’ sociale delle imprese»
(lettera o); «la promozione della cooperazione come strumento di
democrazia economica e di sviluppo sociale, favorendone il potenziamento con
i mezzi piu’ idonei» (lettera p).
Ad avviso dell'Avvocatura
generale dello Stato, queste norme avrebbero lo scopo di offrire una base
statutaria a future leggi regionali in contrasto con la competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela della
concorrenza» (art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione)
e lesive, in riferimento al settore della cooperazione, «inteso come
disciplina delle diverse forme e tipologie» di quest'ultima, della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento
civile» (art.117, secondo comma, lettera l), della Costituzione).
1.5. — L'art. 32,
comma 2, dello statuto in esame, disponendo che «il programma di governo e’
approvato entro dieci giorni dalla sua illustrazione», secondo la difesa
erariale, non sarebbe coerente con l'elezione diretta del Presidente della
Giunta regionale, poiche’ l'approvazione consiliare del programma di governo
-predisposto ed attuato dal Presidente ai sensi dell'art. 34 dello statuto-
instaurerebbe, irragionevolmente e contraddittoriamente, tra Presidente e
Consiglio regionale, un rapporto diverso rispetto a quello conseguente
all'elezione a suffragio universale e diretto del vertice dell'esecutivo
prevista dal comma quinto dell'art. 122 della Costituzione.
1.6. — Il
ricorrente censura l'art. 54, commi 1 e 3, dello statuto della Regione
Toscana nelle parti in cui dispone che «tutti hanno diritto di accedere
senza obbligo di motivazione ai documenti amministrativi» (comma 1) ed
esclude l'obbligo della motivazione per gli atti amministrativi «meramente
esecutivi», in quanto queste norme si porrebbero in contrasto: con i
principi costituzionali di efficienza e trasparenza (art. 97 della
Costituzione), permettendo un controllo non filtrato dell'attivita’
dell'amministrazione, non giustificato dall'esigenza di protezione di
interessi giuridicamente rilevanti; con il principio di effettivita’ della
tutela contro gli atti dell'amministrazione, poiche’ ostacolerebbero la
tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi da parte dei
controinteressati, in violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione;
con l'art. 3 della Costituzione, poiche’ dalla differenza di disciplina
nelle diverse regioni deriverebbe una tutela non omogenea delle situazioni
giuridiche soggettive.
1.7. — L'art. 63,
comma 2, dello statuto in oggetto stabilisce che «la legge, nei casi in cui
risultino specifiche esigenze unitarie, puo’ disciplinare l'organizzazione e
lo svolgimento delle funzioni conferite per assicurare requisiti essenziali
di uniformita’».
Secondo la difesa
erariale, la norma vulnera sia l'art. 117, sesto comma, della Costituzione,
che riserva alla potesta’ regolamentare degli enti locali la disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni amministrative ad
essi attribuite, sia l'art. 118 della Costituzione, in quanto eventuali
esigenze di esercizio unitario delle funzioni, in virtu’ del principio di
sussidiarieta’, giustificherebbero esclusivamente il mantenimento di
determinate funzioni legislative al livello di governo regionale, non gia’
l'attribuzione delle predette all'ente locale e la contestuale
espropriazione di quest'ultimo dei poteri allo stesso spettanti per
regolamentarne l'organizzazione ed il funzionamento. Inoltre, la
disposizione violerebbe l'art. 114 della Costituzione ed il principio di
leale collaborazione nell'esercizio di compiti amministrativi che
interessano piu’ enti fra quelli considerati, in modo equiordinato, nella
norma costituzionale.
1.8. — L'art. 64,
comma 2, dello statuto della Regione Toscana, disponendo che «la legge
disciplina, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge, i tributi
propri degli enti locali, salva la potesta’ degli enti di istituirli», ad
avviso del ricorrente, sottenderebbe margini di autonomia regionale piu’
ampi di quelli stabiliti dall'art. 119 della Costituzione, i cui limiti non
sono stati richiamati, prefigurando, «direttamente ed immediatamente»,
relativamente alla disciplina dei tributi degli enti locali, «un determinato
rapporto tra fonti normative (legge regionale, per la parte coperta da
riserva di legge, e normativa locale, per quanto concerne l'istituzione e
gli altri aspetti non coperti da riserva di legge) che e’ invece solo uno di
quelli possibili, costituzionalmente rimessi alle valutazioni ed alle scelte
del legislatore nazionale nel momento in cui dara’ attuazione all'art. 119
Cost.».
1.9. — L'art. 70,
comma 1, dello statuto in esame stabilisce che «gli organi di governo e il
consiglio partecipano, nei modi previsti dalla legge, alle decisioni dirette
alla formazione e attuazione degli atti comunitari nelle materie di
competenza regionale».
La difesa erariale
sostiene che la norma violerebbe l'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, in virtu’ del quale la partecipazione delle Regioni alla
formazione ed attuazione degli atti comunitari deve avvenire secondo le
norme stabilite dalla legge statale.
1.10. — L'art. 75,
comma 1, dello statuto della Regione Toscana disciplina il referendum
abrogativo, disponendo, al comma 4, che «la proposta di abrogazione soggetta
a referendum e’ approvata se partecipa alla votazione la maggioranza
dei votanti alle ultime elezioni regionali e se ottiene la maggioranza dei
voti validamente espressi».
La norma, in questa
parte, secondo il ricorrente, violerebbe il principio di ragionevolezza, in
quanto la disciplina del principale strumento di democrazia diretta e la
valutazione del suo esito non risulterebbero connessi alla consistenza
effettiva del corpo elettorale, in base ad un corretto principio di
democrazia partecipativa correlato a quello del suffragio universale, bensi’
ad un dato casuale e contingente, privo di significativita’. Inoltre, non
ragionevolmente la disposizione non terrebbe conto della differente natura
della consultazione referendaria rispetto alle elezioni regionali e del
diverso interesse che le due consultazioni popolari rivestono per il
cittadino sia in relazione al loro diverso oggetto (scelta dei
rappresentanti negli organi legislativi ovvero diretta decisione politica su
problemi e discipline specifiche), sia in relazione alle diverse modalita’
di espressione e di computo del voto nell'una e nell'altra consultazione.
Queste considerazioni, ad
avviso della difesa erariale, sarebbero confortate dalla constatazione che
la linea di tendenza piu’ recente dimostra che vi e’ un progressivo aumento
dell'astensionismo elettorale, il quale «potrebbe portare, sulla base della
censurata regola, all'inaccettabile ed antidemocratica conseguenza
dell'abrogazione di un atto normativo in base al voto di un'esigua minoranza
del corpo elettorale».
Infine, la norma si
porrebbe in contrasto con un principio costituzionale fondamentale,
qualificante la forma stessa dello Stato democratico, che imporrebbe di
correlare la validita’ della consultazione referendaria alla partecipazione
ad essa della maggioranza degli aventi diritto di cui all'art. 75 della
Costituzione.
2 — La Regione
Toscana, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta
regionale, si e’ costituita nel giudizio, chiedendo che la Corte dichiari il
ricorso inammissibile e comunque infondato.
2.1. — La
resistente, in linea generale, premette che la piena armonia delle
disposizioni censurate con le norme costituzionali sarebbe comprovata sia
dal richiamo, implicito o esplicito, che esse contengono ai principi
costituzionali, indicati quali criteri per individuare la loro portata, sia
dalle norme di principio pure contenute nello statuto, non considerate dal
Governo e che invece costituirebbero il parametro ermeneutico da utilizzare
per la loro corretta interpretazione. Siffatte norme dimostrerebbero,
quindi, che lo statuto e’ conforme alla Costituzione ed ai principi
fondamentali dell'ordinamento costituzionale, «nel quale si riconoscono le
vocazioni e le tradizioni della comunita’ regionale, con il proprio tessuto
civico e sociale, con la capacita’ di accoglienza e la vitalita’ solidale
che accompagna lo sviluppo delle attivita’ intellettuali e scientifiche».
Particolare importanza per la corretta interpretazione delle norme censurate
avrebbe, inoltre, la risoluzione approvata dal Consiglio regionale nella
stessa seduta in cui, per la seconda volta, e’ stato approvato lo statuto,
in quanto essa ha chiarito la piena coerenza di dette norme con i principi
ed i valori della Costituzione ed ha offerto una risposta ufficiale alle
obiezioni informalmente sollevate dal Governo (risoluzione n. 51 del 19
luglio 2004).
2.2. —
Relativamente alle prime quattro questioni sollevate dal Presidente del
Consiglio dei ministri, aventi ad oggetto norme che stabiliscono principi
programmatici e finalita’ prioritarie, la Regione sostiene che le stesse non
implicherebbero una rivendicazione di competenze.
Peraltro gia’ gli statuti
delle regioni di diritto comune adottati all'inizio degli anni settanta
contenevano norme recanti la fissazione di obiettivi e principi in base ai
quali le istituzioni e gli organi regionali concorrevano alla realizzazione
dei diritti costituzionali, positivamente scrutinate dalla Corte, in quanto
giudicate espressive della «presenza politica» della Regione in rapporto
allo Stato ed anche alle altre Regioni, riguardo a tutte le questioni di
interesse della comunita’ regionale, anche in settori estranei alle materie
di propria competenza ed al di la’ del proprio territorio (sentenze n. 829 e
n. 921 del 1988; sentenza n. 171 del 1999).
Inoltre, sostiene la
resistente, la Corte ha anche gia’ riconosciuta la legittimita’
costituzionale di norme analoghe a quelle in esame, recate da uno statuto
regionale approvato ai sensi del nuovo art. 123 della Costituzione (sentenza
n. 2 del 2004). A suo avviso, le norme oggetto delle prime quattro questioni
di legittimita’ costituzionale sono appunto qualificabili come meramente
«programmatiche», sicche’ le censure in esame sarebbero infondate e comunque
inammissibili nella parte in cui prospettano la lesione di competenze
legislative dello Stato che le norme impugnate, per la loro natura e per i
loro contenuti, non potrebbero vulnerare.
2.3. — La Regione
contesta la fondatezza delle censure concernenti l'art. 3, comma 6, dello
statuto, sostenendo che la norma non violerebbe la riserva ai cittadini
dell'elettorato attivo, poiche’ prevede soltanto la promozione
dell'estensione del diritto di voto agli immigrati «nel rispetto dei
principi costituzionali», quindi in relazione a deliberazioni o ad elezioni
non necessariamente riferibili alle elezioni degli organismi
rappresentativi. D'altronde, lo stesso legislatore statale ha riconosciuto
il diritto dello straniero, regolarmente soggiornante in Italia da almeno
sei anni e titolare di permesso di soggiorno rinnovabile, di «partecipare
alla vita pubblica locale, esercitando anche l'elettorato quando previsto
dall'ordinamento ed in armonia con le previsioni del capitolo C della
Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a
livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992» (art.9, comma 4,
lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante
“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero”). La Carta di Strasburgo,
ratificata e recepita con la legge statale 8 marzo 1994, n. 203 (Ratifica ed
esecuzione della convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita
pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992,
limitatamente ai capitoli A) e B), prevede infatti l'impegno degli Stati
aderenti a «concedere il diritto di voto e di eleggibilita’ alle elezioni
locali ad ogni residente straniero, a condizione che questi soddisfi alle
stesse condizioni di quelle prescritte per i cittadini ed inoltre che abbia
risieduto legalmente ed abitualmente nello Stato in questione nei cinque
anni precedenti le elezioni» (art. 6, capitolo C, Carta di Strasburgo).
Secondo la resistente, la
norma in questione non implicherebbe peraltro alcuna rivendicazione di
competenza in detta materia, e neppure vincolerebbe in alcun modo
l'autonomia del Consiglio regionale nel proporre disegni di legge al
Parlamento.
2.4. — Le censure
concernenti l'art. 4, comma 1, lettera h), dello statuto, ad avviso
del Presidente della Giunta regionale, sarebbero inammissibili, in quanto
frutto di una interpretazione in contrasto con la sua lettera e con la sua
ratio e peraltro smentita dalla risoluzione consiliare del 19 luglio
2004. La contestata genericita’ della formulazione della disposizione
sarebbe, infatti, giustificata dall'esigenza di rispettare i principi
costituzionali, evitando qualsiasi equiparazione alla famiglia fondata sul
matrimonio di convivenze prive della copertura costituzionale attribuita
alla famiglia legittima, sicche’ la norma permetterebbe esclusivamente la
tutela di quelle forme stabili di convivenza per le quali le leggi statali
(ad esempio gli artt. 4 e 5 del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, recante
Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente,
ovvero l'art. 2 del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, recante
“Disposizioni correttive ed integrative del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 109 in
materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei
soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate”) e regionali
prevedono il riconoscimento della fruizione dei diritti sociali, sempre che
le norme sull'ordinamento costituzionale e quelle sull'ordinamento civile lo
consentano.
Inoltre, secondo la
Regione Toscana, il riconoscimento di altre forme di convivenza si
collegherebbe con il riconoscimento della persona umana e della sua
capacita’ di effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica
e sociale del Paese (artt. 2 e 3 della Costituzione).
2.5. — Ad avviso
della resistente, l'art. 4, comma 1, lettere l)
e m), dello statuto, individuando quali finalita’ prioritarie da
perseguire quelle della «tutela dell'ambiente e del patrimonio naturale»,
nonche’ della «tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e
paesaggistico», non farebbe altro che indicare un compito prioritario della
Regione, nell'ambito delle competenze legislative ed amministrative
attribuite alla Regione, senza rivendicare competenze legislative e
regolamentari dello Stato. Le finalita’ fissate dalla lettera l)
riguarderebbero materie trasversali rispetto a numerose competenze regionali
e comunque –relativamente alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di
competenza del legislatore statale– presupporrebbero la collaborazione e la
cooperazione di tutti i livelli di governo per il raggiungimento di
risultati che definiscono lo spirito ed i valori fondamentali del nostro
ordinamento.
Per analoghe
considerazioni, secondo la Regione Toscana, sarebbero infondate le censure
concernenti la lettera m), poiche’ la tutela del patrimonio storico
ed artistico, spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
deve essere « attuata anche e soprattutto con la piena collaborazione delle
Regioni».
2.6. — Le
finalita’ indicate nell'art. 4, comma 1, lettere n), o) e
p), dello statuto non porrebbero in discussione la competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia della tutela della
concorrenza, ma, ad avviso del Presidente della Giunta regionale,
riguarderebbero settori di competenza regionale quali la promozione delle
attivita’ economiche locali legate alle materie di competenza regionale
concorrente e residuale di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, della
Costituzione.
L'obiettivo della
promozione della cooperazione come strumento di democrazia economica e di
sviluppo sociale sarebbe, inoltre, coerente con i principi relativi ai
rapporti economici fissati dall'art. 45 della Costituzione, e non violerebbe
la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento
civile, in quanto le leggi regionali possono perseguire le finalita’
indicate dalla norma statutaria nell'osservanza della disciplina civilistica
e di quella comunque regolante le societa’ cooperative contenuta nelle leggi
dello Stato.
2.7. —
L'impugnazione dell'art. 32, comma 2, dello statuto, secondo la Regione
Toscana, sarebbe infondata, poiche’ l'assenza di conseguenze giuridiche nel
caso di mancata approvazione del programma di governo da parte del Consiglio
regionale sarebbe coerente con la forma di governo scelta dallo statuto,
caratterizzata dall'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale.
L'approvazione del
programma di governo da parte del Consiglio regionale non inciderebbe,
infatti, sulla posizione e sul ruolo del Presidente, il quale potrebbe
comunque nominare i membri della Giunta anche in mancanza dell'approvazione
nel termine di dieci giorni del programma, mentre la Giunta regionale
potrebbe essere obbligata alle dimissioni solo nel caso di approvazione
della mozione di sfiducia prevista dall'art. 33, comma 3.
2.8. — Ad avviso
della resistente, l'impugnazione dell'art. 54, commi 1 e 3, dello statuto
sarebbe inammissibile in quanto con essa sono state censurate due distinte
disposizioni, senza individuare con chiarezza le questioni a ciascuna
riferibili. Nel merito, le censure sarebbero comunque infondate, in quanto
il diritto di accesso ai documenti amministrativi senza motivazione
costituirebbe un principio rispettoso delle norme costituzionali che
impongono l'imparzialita’ e la trasparenza della pubblica amministrazione (artt.
3 e 97 della Costituzione), per alcuni casi gia’ anche stabilito dal
legislatore statale (art. 3 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39,
recante “Attuazione della direttiva 20/313/CEE, concernente la liberta’ di
accesso alle informazioni in materia di ambiente”), e sarebbe altresi’
coerente con i principi del diritto comunitario, nel cui ambito il diritto
di accesso ai documenti e’ riconosciuto a tutti senza l'obbligo di
dimostrare un interesse giuridicamente rilevante da tutelare.
Peraltro, la norma
censurata prevedendo il diritto di accesso senza obbligo di motivazione,
«nel rispetto degli interessi costituzionalmente tutelati e nei modi
previsti dalla legge», permetterebbe alla legge regionale di disciplinare il
diritto di accesso in maniera da assicurare l'osservanza dei principi che si
assumono violati ed il rispetto dei diritti e degli interessi legittimi di
eventuali controinteressati, senza ledere la tutela giurisdizionale di
questi ultimi. Infine, la norma riguarderebbe i principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento della Regione e, percio’, avrebbe ad oggetto
una materia riservata allo statuto ai sensi dell'art. 123, primo comma,
della Costituzione.
2.9. — Secondo la
Regione Toscana, le censure concernenti l'art. 63, comma 2, dello statuto
sarebbero infondate, in quanto l'art. 117, sesto comma, della Costituzione,
non recherebbe una riserva assoluta di potesta’ regolamentare in favore
degli enti locali, dal momento che siffatta potesta’ deve essere esercitata
nell'ambito delle leggi statali e regionali che ne assicurano i requisiti
minimi di uniformita’, conformemente a quanto previsto dalle norme
costituzionali, come stabilito dall'art. 4, comma 4, della legge 5 giugno
2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della
Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3), nel rispetto
dell'esigenza di una razionale applicazione del criterio flessibile della
sussidiarieta’ enunciato dall'art. 118, primo comma, della Costituzione
(sentenza n. 43 del 2004; sentenze n.69 e n. 73 del 2004).
2.10. — L'art. 64,
comma 2, dello statuto, ad avviso del Presidente della Giunta regionale, non
prefigurerebbe una disciplina dei tributi degli enti locali su due livelli
che, di per se’, sia tale da escludere l'adozione di altre possibili
impostazioni da parte della legislazione di coordinamento che il Parlamento
dovra’ approvare, ai sensi dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione.
La norma, con riferimento all'ipotesi di disciplina “a due livelli”, ammessa
espressamente dalla Corte (sentenza n. 37 del 2004), prevederebbe
esclusivamente il rispetto del principio di salvaguardia dell'autonomia
degli enti locali, stabilendo che la legge regionale dovra’ fare salva la
potesta’ degli stessi enti locali di istituire i tributi ed intervenire
soltanto nell'ambito delle materie oggetto di riserva di legge, con
conseguente infondatezza dell'impugnazione della succitata norma.
2.11. — Secondo la
Regione Toscana, l'art. 70, comma 1, dello statuto si limiterebbe a
stabilire un principio di riserva di legge regionale in relazione alle
procedure interne concernenti la disciplina della modalita’ di formazione
della volonta’ degli organi regionali in ordine alla partecipazione alla
formazione degli atti comunitari, nel rispetto delle norme di procedura
dettate dallo Stato in conformita’ con l'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, ed in coerenza con l'art. 5 della legge n. 131 del 2003.
Pertanto, la norma impugnata non violerebbe ne’ la lettera ne’ lo spirito
dei parametri costituzionali indicati dal ricorrente.
2.12. — Ad avviso
della resistente, sarebbero infondate anche le censure concernenti l'art. 75
dello statuto, poiche’ l'individuazione di un quorum di
partecipazione al referendum abrogativo riferito alle votazioni delle
ultime elezioni regionali non sarebbe ne’ irragionevole, ne’ incoerente. Il
referendum abrogativo costituisce, infatti, una forma di controllo
del corpo elettorale sull'attivita’ dei consiglieri regionali e, quindi, non
sarebbe illogico stabilire il quorum di partecipazione facendo
riferimento al corpo elettorale che ha eletto il Consiglio regionale, i cui
atti sono oggetto dei quesiti referendari. Peraltro, per la partecipazione
al referendum regionale neppure potrebbe ritenersi necessario un
quorum piu’ elevato, tenuto conto che le norme costituzionali, in
riferimento a consultazioni su leggi di particolare importanza, quali le
leggi di revisione costituzionale e gli stessi statuti regionali, escludono
la necessita’ di un quorum minimo di partecipanti alla votazione (artt.
138, secondo comma, e 123, comma terzo, della Costituzione).
La Regione Toscana
conclude, infine, sostenendo che dall'art. 75 della Costituzione, non e’
ricavabile un principio costituzionale fondamentale, vincolante per lo
statuto regionale, in ordine al quorum di partecipazione al
referendum abrogativo ivi indicato, e cio’ sia in quanto le ipotesi di
referendum sarebbero diverse e non equiparabili, sia in quanto l'art.
123, primo comma, della Costituzione, porrebbe una espressa riserva di
disciplina del referendum in favore della fonte statutaria, mentre
l'art. 117, comma quarto, della Costituzione, attribuirebbe alla Regione la
competenza residuale in materia di referendum regionali.
3. — L'Avvocatura
generale dello Stato, in prossimita’ dell'udienza pubblica, ha depositato
memoria nella quale deduce l'ammissibilita’ dell'impugnazione, ex
art. 123 della Costituzione, avente ad oggetto norme programmatiche, qualora
queste prefigurino scopi incompatibili con lo spirito e con i principi
ricavabili dalla Costituzione, ovvero che richiedano l'esercizio di poteri
che costituzionalmente non possono spettare alla Regione. Inoltre, il
ricorrente ribadisce le censure concernenti le norme impugnate, insistendo
nelle argomentazioni svolte per sostenerne l'illegittimita’ in riferimento
ai parametri indicati nel ricorso.
4. — La Regione
Toscana, nella memoria difensiva depositata in prossimita’ dell'udienza
pubblica, ribadisce l'ammissibilita’ di norme statutarie di contenuto
programmatico, recanti indicazioni di obiettivi dell'azione regionale,
esamina nuovamente le censure concernenti le disposizioni impugnate,
deducendone l'infondatezza sulla scorta delle argomentazioni sviluppate
nell'atto di costituzione.
5. — All'udienza
pubblica le parti hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni
rassegnate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1. — Il Governo ha
sollevato questione di legittimita’ costituzionale degli articoli 3, comma
6; 4, comma 1, lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54, commi
1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4, dello statuto
della Regione Toscana, approvato in prima deliberazione il 6 maggio 2004 e,
in seconda deliberazione, il 19 luglio 2004,
in riferimento agli articoli 2, 3, 5, 24, 29, 48, 97, 113, 114, 117, secondo
comma, lettere e), f), i), l), p), s), terzo, quinto e sesto comma,
118, 121, 122, 123, 138 della Costituzione.
L'art. 3, comma 6,
stabilisce che «la Regione promuove, nel rispetto dei principi
costituzionali, l'estensione del diritto di voto agli immigrati» e, ad
avviso del ricorrente, violerebbe: l'art. 48 della Costituzione, che riserva
ai cittadini l'elettorato attivo; l'art. 138 della Costituzione, in quanto
il potere di revisione costituzionale e’ riservato al Parlamento nazionale;
l'art. 117, secondo comma, lettere f) e p), della
Costituzione, spettando allo Stato la competenza legislativa esclusiva nella
materia elettorale concernente gli organi statali e gli enti locali, nonche’
l'art. 121, secondo comma, della Costituzione, poiche’ limiterebbe il potere
di iniziativa legislativa del Consiglio regionale.
Secondo la difesa
erariale, l'art. 4, comma 1, lettera h), disponendo che la Regione
persegue, tra le finalita’ prioritarie, «il riconoscimento delle altre forme
di convivenza», potrebbe costituire la base statutaria di future norme
regionali recanti una disciplina dei rapporti fra conviventi lesiva della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «cittadinanza,
stato civile e anagrafi» e di «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma,
lettere i) e l), della Costituzione). La norma
si porrebbe, inoltre, in contrasto con l'art. 123, primo comma, della
Costituzione, sia perche’ avrebbe un contenuto estraneo ed eccedente
rispetto a quello configurabile come contenuto necessario dello statuto, sia
perche’ potrebbe esprimere «qualcosa di diverso dal semplice rilievo sociale
e dalla conseguente giuridica dignita’», nei limiti previsti da leggi dello
Stato, della convivenza tra uomo e donna fuori del vincolo matrimoniale, in
riferimento a situazioni divergenti dal modello del rapporto coniugale,
estranee al contenuto delle garanzie fissate dall'art. 29 Costituzione, e
non riconducibili alla sfera di protezione dell'art. 2 della Costituzione.
La disposizione violerebbe, infine, il principio fondamentale di unita’ ed
il principio di eguaglianza (artt. 3 e 5 della Costituzione), dato che
permetterebbe alla comunita’ regionale di riconoscersi in valori diversi e
contrastanti rispetto a quelli di altre comunita’ regionali.
L'art. 4, comma 1,
lettere l) e m), nello stabilire che la Regione persegue, tra
le finalita’ prioritarie, «il rispetto dell'equilibrio ecologico, la tutela
dell'ambiente e del patrimonio culturale, la conservazione della
biodiversita’, la promozione della cultura del rispetto degli animali»
(lettera l), nonche’ «la tutela e la valorizzazione del patrimonio
storico, artistico e paesaggistico» (lettera m), violerebbe l'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva allo
Stato la competenza legislativa esclusiva nelle succitate materie. La
lettera m) recherebbe, inoltre, vulnus anche all'art. 118,
comma terzo, della Costituzione, essendo riservata alla legge statale la
disciplina di forme di intesa e di coordinamento nella materia della tutela
dei beni culturali.
L'art. 4, comma 1,
lettere n), o) e p), prevede quali finalita’ prioritarie della
Regione Toscana: «la promozione dello sviluppo economico e di un contesto
favorevole alla competitivita’ delle imprese, basato sull'innovazione, la
ricerca e la formazione, nel rispetto dei principi di coesione sociale e di
sostenibilita’ dell'ambiente» (lettera n); «la valorizzazione della
liberta’ di iniziativa economica pubblica e privata, del ruolo e della
responsabilita’ sociale delle imprese» (lettera o); «la promozione
della cooperazione come strumento di democrazia economica e di sviluppo
sociale, favorendone il potenziamento con i mezzi piu’ idonei» (lettera p).
Queste norme, secondo il ricorrente, potrebbero costituire la base
statutaria di future leggi regionali in contrasto con la competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela della
concorrenza» (art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione)
e lesive, in riferimento al settore della cooperazione, della competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» (art.117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione).
L'art. 32, comma 2,
dispone che «il programma di governo e’ approvato entro dieci giorni dalla
sua illustrazione» e, percio’, ad avviso del Governo, in contrasto con gli
artt. 122, quinto comma, e 3 della Costituzione, instaurerebbe
«irragionevolmente e contraddittoriamente» tra Presidente e Consiglio
regionale un rapporto diverso rispetto a quello conseguente all'elezione a
suffragio universale e diretto.
L'art. 54, commi 1 e 3,
e’ impugnato nelle parti in cui disciplina il diritto di accesso senza
obbligo di motivazione ai documenti amministrativi (comma 1) ed esclude
l'obbligo della motivazione per gli atti amministrativi «meramente
esecutivi», in riferimento ai principi costituzionali di efficienza e
trasparenza (art. 97 della Costituzione), nonche’ al principio di
effettivita’ della tutela contro gli atti dell'amministrazione (artt. 24 e
113 della Costituzione) ed al principio di eguaglianza tra cittadini
residenti in diverse regioni (art. 3 della Costituzione).
Il ricorrente censura
l'art. 63, comma 2, nelle parti in cui, prevedendo che, qualora ricorrano
specifiche esigenze unitarie, l'organizzazione delle funzioni amministrative
conferite agli enti locali possa essere disciplinata con legge regionale,
per assicurare requisiti essenziali di uniformita’, violerebbe la riserva di
potesta’ regolamentare attribuita agli enti locali (art. 117, sesto comma,
della Costituzione), espropriandoli del potere di regolamentare
l'organizzazione e lo svolgimento delle funzioni ad essi attribuite, in
violazione degli artt. 118 e 114 della Costituzione.
L'art. 64, comma 2,
disponendo che «la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti da
riserva di legge, i tributi propri degli enti locali, salva la potesta’
degli enti di istituirli» si porrebbe in contrasto con l'art. 119 della
Costituzione, stabilendo un rapporto tra fonti normative «che e’ invece solo
uno di quelli possibili, costituzionalmente rimessi alle valutazioni ed alle
scelte del legislatore nazionale nel momento in cui dara’ attuazione all'art.119
Cost.».
L'art. 70, comma 1,
dispone che «gli organi di governo e il consiglio partecipano, nei modi
previsti dalla legge, alle decisioni dirette alla formazione e attuazione
degli atti comunitari nelle materie di competenza regionale» e percio’,
secondo la difesa erariale, violerebbe l'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, che riserva alla legge statale la disciplina della
partecipazione delle Regioni alla formazione ed attuazione degli atti
comunitari.
L'art. 75, nel
disciplinare il referendum abrogativo, siccome stabilisce, al comma
4, che «la proposta di abrogazione soggetta a referendum e’ approvata
se partecipa alla votazione la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni
regionali e se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi», ad
avviso del ricorrente, lederebbe il principio di ragionevolezza, in quanto
prevederebbe un quorum calcolato sulla scorta di un criterio casuale
e contingente, irrazionale ed in contrasto anche con l'art. 75 della
Costituzione.
2. — Le censure
formulate dal ricorrente nei confronti dello statuto della Regione Toscana
si possono suddividere in due gruppi: quelle aventi ad oggetto proposizioni
che rientrano tra i “Principi generali” e le “Finalita’ principali” e quelle
che invece riguardano norme specifiche dello statuto.
Ai fini delle questioni
di legittimita’ costituzionale inerenti al primo gruppo di censure, appare
necessario innanzi tutto precisare la natura e la portata di queste
proposizioni. Al riguardo va ricordato che negli statuti regionali entrati
in vigore nel 1971 -ivi compreso quello della Toscana- si rinvengono assai
spesso indicazioni di obiettivi prioritari dell'attivita’ regionale ed anche
in quel tempo si posero problemi di costituzionalita’ di tali indicazioni,
sotto il profilo della competenza della fonte statutaria ad incidere su
materie anche eccedenti la sfera di attribuzione regionale. Al riguardo,
dopo avere riconosciuto la possibilita’ di distinguere tra un contenuto
“necessario” ed un contenuto “eventuale” dello statuto (cfr. sentenza n. 40
del 1972), si e’ ritenuto che la formulazione di proposizioni statutarie del
tipo predetto avesse principalmente la funzione di legittimare la Regione
come ente esponenziale della collettivita’ regionale e del complesso dei
relativi interessi ed aspettative. Tali interessi possono essere
adeguatamente perseguiti non soltanto attraverso l'esercizio della
competenza legislativa ed amministrativa, ma anche avvalendosi dei vari
poteri, conferiti alla Regione stessa dalla Costituzione e da leggi statali,
di iniziativa, di partecipazione, di consultazione, di proposta, e cosi’
via, esercitabili, in via formale ed informale, al fine di ottenere il
migliore soddisfacimento delle esigenze della collettivita’ stessa. In
questo senso si e’ espressa questa Corte, affermando che l'adempimento di
una serie di compiti fondamentali <<legittima, dunque, una presenza politica
della regione, in rapporto allo Stato o anche ad altre regioni, riguardo a
tutte le questioni di interesse della comunita’ regionale, anche se queste
sorgono in settori estranei alle singole materie indicate nell'art. 117
Cost. e si proiettano al di la’ dei confini territoriali della regione
medesima>> (sentenza n. 829 del 1988).
Il ruolo delle Regioni di
rappresentanza generale degli interessi delle rispettive collettivita’,
riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale e dalla prevalente dottrina
-e, per quanto riguarda la Regione Toscana, dall'art. 1 dello statuto in
esame- e’ dunque rilevante, anche nel momento presente, ai fini
<<dell'esistenza, accanto ai contenuti necessari degli statuti regionali, di
altri possibili contenuti, sia che risultino ricognitivi delle funzioni e
dei compiti della Regione, sia che indichino aree di prioritario intervento
politico o legislativo>> (sentenza n. 2 del 2004); contenuti che talora si
esprimono attraverso proclamazioni di finalita’ da perseguire. Ma la citata
sentenza ha rilevato come sia opinabile la “misura dell'efficacia giuridica”
di tali proclamazioni; tale dubbio va sciolto considerando che alle
enunciazioni in esame, anche se materialmente inserite in un atto-fonte, non
puo’ essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica, collocandosi esse
precipuamente sul piano dei convincimenti espressivi delle diverse
sensibilita’ politiche presenti nella comunita’ regionale al momento
dell'approvazione dello statuto, come, del resto, sostanzialmente riconosce
la risoluzione n. 51 del Consiglio regionale della Toscana, deliberata
contestualmente all'approvazione definitiva dello statuto.
D'altra parte, tali
proclamazioni di obiettivi e di impegni non possono certo essere assimilate
alle c.d. norme programmatiche della Costituzione, alle quali, per il loro
valore di principio, sono stati generalmente riconosciuti non solo un valore
programmatico nei confronti della futura disciplina legislativa, ma
soprattutto una funzione di integrazione e di interpretazione delle norme
vigenti. Qui pero’ non siamo in presenza di Carte costituzionali, ma solo di
fonti regionali “a competenza riservata e specializzata”, cioe’ di statuti
di autonomia, i quali, anche se costituzionalmente garantiti, debbono
comunque “essere in armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili
dalla Costituzione” (sentenza n. 196 del 2003).
Se dunque si accolgono le
premesse gia’ formulate sul carattere non prescrittivo e non vincolante
delle enunciazioni statutarie di questo tipo, ne deriva che esse esplicano
una funzione, per cosi’ dire, di natura culturale o anche politica, ma certo
non normativa. Nel caso in esame, enunciazioni siffatte si rinvengono nei
diversi commi –tra cui in particolare quelli censurati- degli artt. 3 e 4
che non comportano ne’ alcuna violazione, ne’ alcuna rivendicazione di
competenze costituzionalmente attribuite allo Stato e neppure fondano
esercizio di poteri regionali. E' quindi inammissibile il ricorso
governativo avverso le impugnate proposizioni dei predetti articoli, per la
loro carenza di idoneita’ lesiva.
Pertanto vanno dichiarate
inammissibili le questioni di legittimita’ costituzionale delle seguenti
disposizioni dello statuto della Regione Toscana: art. 3, comma 6, secondo
il quale «la Regione promuove, nel rispetto dei principi costituzionali,
l'estensione del diritto di voto agli immigrati»; art. 4 comma 1, lettera
h), il quale dispone che la Regione persegue, tra le finalita’
prioritarie, «il riconoscimento delle altre forme di convivenza»; art. 4
comma 1, lettere l) e m), che,
rispettivamente, stabiliscono quali finalita’ prioritarie della Regione «il
rispetto dell'equilibrio ecologico, la tutela dell'ambiente e del patrimonio
culturale, la conservazione della biodiversita’, la promozione della cultura
del rispetto degli animali», nonche’ «la tutela e la valorizzazione del
patrimonio storico artistico e paesaggistico»; art. 4 comma 1, lettere n),
o) e p), che stabiliscono, quali finalita’ prioritarie della
Regione, «la promozione dello sviluppo economico e di un contesto favorevole
alla competitivita’ delle imprese, basato sull'innovazione, la ricerca e la
formazione, nel rispetto dei principi di coesione sociale e di
sostenibilita’ dell'ambiente», «la valorizzazione della liberta’ di
iniziativa economica pubblica e privata, del ruolo e della responsabilita’
sociale delle imprese», «la promozione della cooperazione come strumento di
democrazia economica e di sviluppo sociale, favorendone il potenziamento con
i mezzi piu’ idonei».
3. — Tutto cio’ premesso,
in punto di merito occorre esaminare per prima la censura relativa all'art.
32, comma 2 dello statuto, nella parte in cui stabilisce che “il programma
di governo e’ approvato entro 10 giorni dalla sua illustrazione”, in quanto,
secondo il ricorrente, la predetta approvazione instaurerebbe
irragionevolmente, in violazione degli artt. 3 e 122, quinto comma, della
Costituzione, tra Presidente e Consiglio regionale un rapporto diverso
rispetto a quello che dovrebbe conseguire all'elezione a suffragio
universale e diretto.
La questione non e’
fondata.
La formazione della
Giunta regionale toscana si svolge secondo il seguente schema procedimentale:
1) il presidente della giunta entra direttamente in carica all'atto della
proclamazione; 2) l'illustrazione del programma e la designazione dei
componenti della giunta avvengono nella prima seduta del consiglio; 3)
l'approvazione del programma avviene entro 10 giorni dalla sua
illustrazione, ma il presidente nomina “comunque”, decorso lo stesso
termine, i componenti la giunta.
In questo quadro, la
previsione dell'approvazione consiliare del programma di governo non appare
affatto incoerente rispetto allo schema elettorale “normale” accolto
dall'art. 122, quinto comma, della Costituzione, giacche’ la eventuale
mancata approvazione consiliare puo’ avere solo rilievo politico, ma non
determina alcun effetto giuridicamente rilevante sulla permanenza in carica
del Presidente, della giunta, ovvero sulla composizione di questa ultima.
Non si puo’ peraltro escludere che a questa situazione possano seguire, ai
sensi dell'art. 33 dello statuto, la approvazione di una mozione di sfiducia
o anche le dimissioni spontanee del presidente, ma in entrambe le ipotesi si
verifica lo scioglimento anticipato del consiglio, nel pieno rispetto del
vincolo costituzionale del simul stabunt simul cadent (cfr. sentenze
n. 304 del 2002 e n. 2 del 2004), il quale, oltre ad essere un profilo
caratterizzante questo assetto di governo, e’ indice della maggiore forza
politica del Presidente, conseguente alla sua elezione a suffragio
universale e diretto. Sotto questo profilo quindi la norma denunciata non
introduce alcuna significativa variazione rispetto alla forma di governo
“normale” prefigurata in Costituzione.
4. — Una seconda censura
ha ad oggetto l'art. 54, commi 1 e 3, dello statuto nelle parti in cui
rispettivamente prevedono il diritto di accesso ai documenti amministrativi
regionali senza obbligo di motivazione ed escludono l'obbligo di motivazione
degli atti amministrativi “meramente esecutivi”. Secondo il ricorrente,
infatti, tali norme violerebbero i principi di buon andamento
dell'Amministrazione, di tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi legittimi, oltre che di eguaglianza.
Le questioni non sono
fondate.
La disposizione che
stabilisce il diritto di accesso, senza obbligo di motivazione, ai documenti
amministrativi si conforma al principio costituzionale di imparzialita’ e di
trasparenza dell'azione amministrativa ed e’ altresi’ del tutto coerente con
l'evoluzione del diritto comunitario. Inoltre va considerato che la norma in
esame, in quanto attinente ai principi fondamentali di organizzazione e di
funzionamento della Regione, rientra strettamente tra gli oggetti di
disciplina statutaria e che anche nella legislazione statale, ad esempio in
materia di tutela ambientale, sono previste ipotesi di accesso ai documenti
amministrativi senza obbligo di motivazione.
In ogni caso va
sottolineato che il comma 1 della disposizione in esame, contenendo un
esplicito riferimento al rispetto degli interessi costituzionalmente
tutelati ed a modi di disciplina previsti dalla legge, deve essere
interpretato nel senso che la emananda legge di attuazione dovra’ farsi
carico di prefigurare un procedimento che, nell'assicurare la trasparenza e
l'imparzialita’ dell'azione amministrativa, preveda, oltre ad ipotesi di
esclusione dell'ostensibilita’ di documenti amministrativi per ragioni di
tutela di situazioni costituzionalmente garantite, anche criteri e modi in
base ai quali l'interesse personale e concreto del richiedente si contempera
con l'interesse pubblico al buon andamento dell'Amministrazione, nonche’ con
l'esigenza di non vanificare in concreto la tutela giurisdizionale delle
posizioni di eventuali soggetti terzi interessati.
Parimenti infondata e’ la
questione di costituzionalita’ del terzo comma dello stesso articolo,
giacche’ negli atti amministrativi che non abbiano natura provvedimentale in
quanto “meramente esecutivi”, ai fini della motivazione e’ ritenuto
sufficiente dalla prevalente giurisprudenza il semplice richiamo, nelle
premesse dell'atto, ai presupposti di fatto ed alle disposizioni di legge da
applicare, la cui enunciazione rende pienamente comprensibili le ragioni
dell'atto stesso.
5. — Un'altra censura
riguarda l'art. 63, comma 2, dello statuto, nella parte in cui prevede che
l'organizzazione delle funzioni amministrative conferite agli enti locali,
nei casi in cui risultino specifiche esigenze unitarie, possa essere
disciplinata con legge regionale per assicurare requisiti essenziali di
uniformita’. La predetta norma, secondo il ricorrente, lederebbe la riserva
di potesta’ regolamentare attribuita dall'art. 117, sesto comma, della
Costituzione agli enti locali, “espropriandoli”, in violazione anche degli
artt. 118 e 114 della Costituzione e del principio di leale collaborazione,
del potere di regolamentare organizzazione e svolgimento delle funzioni loro
conferite dalla legge regionale.
La questione non e’
fondata.
L'art. 63, comma 2, in
esame, che conferisce alla legge regionale la facolta’ di disciplinare
organizzazione e svolgimento delle funzioni degli enti locali nei “casi in
cui risultino specifiche esigenze unitarie”, fa evidente riferimento alle
varie ipotesi di applicazione del principio di sussidiarieta’ previste dalla
Costituzione. Si tratta cioe’ di una deroga rispetto al criterio generale
accolto dal comma 1 dello stesso articolo, il quale riserva alla potesta’
regolamentare degli enti locali la disciplina dell'organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni conferite. Ma tale deroga si inserisce
nell'ambito della previsione del sesto comma dell'art. 117, come attuato
dall'art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003, secondo cui la potesta’
regolamentare dell'ente locale in materia di organizzazione e svolgimento
delle funzioni si esplica nell'ambito delle leggi statali e regionali, che
ne assicurano i requisiti minimi di uniformita’.
La previsione statutaria
di un regime di riserva assoluta di legge regionale anziche’ relativa e’
infatti ammissibile purche’ sia limitata, per non comprimere eccessivamente
l'autonomia degli enti locali, ai soli casi di sussistenza di “specifiche
esigenze unitarie”, che possano giustificare, nel rispetto dei principi
indicati dall'art. 118, primo comma, della Costituzione, la disciplina
legislativa regionale dell'organizzazione e svolgimento delle funzioni
“conferite”. Negando tale facolta’ si perverrebbe, infatti, all'assurda
conclusione che, al fine di evitare la compromissione di precisi interessi
unitari che postulano il compimento di determinate attivita’ in modo
sostanzialmente uniforme, il legislatore regionale non avrebbe altra scelta
che allocare le funzioni in questione ad un livello di governo piu’
comprensivo, assicurandone cosi’ l'esercizio unitario. Il che sarebbe
chiaramente sproporzionato rispetto al fine da raggiungere e contrastante
con lo stesso principio di sussidiarieta’ (cfr. sentenze nn. 43, 69, 112 e
172 del 2004).
Dovendosi in tal modo
interpretare la norma denunciata, la questione e’ infondata.
6. — Un'ulteriore censura
concerne l'art. 64, comma 2, dello statuto, nella parte in cui prevede che
“la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti da riserva di legge,
i tributi propri degli enti locali, salva la potesta’ degli enti di
istituirli”. Secondo il ricorrente la norma violerebbe l'art. 119 della
Costituzione, in quanto prevederebbe in materia un rapporto tra fonti
normative “che e’ invece solo uno di quelli possibili, costituzionalmente
rimessi alle valutazioni ed alle scelte del legislatore nazionale nel
momento in cui dara’ attuazione all'art. 119 della Costituzione”.
La questione non e’
fondata.
La norma statutaria in
esame riguarda il complesso tema dell'autonomia tributaria degli enti locali
nel quadro della nuova disciplina prevista dall'art. 119 della Costituzione,
in relazione alla quale pare opportuno riferirsi alla sentenza di questa
Corte n. 37 del 2004. Secondo questa decisione, in considerazione della
riserva di legge prevista dall'art. 23 della Costituzione, che comporta la
necessita’ di disciplinare a livello legislativo almeno gli aspetti
fondamentali dell'imposizione, ed in considerazione anche del fatto che gli
enti locali sub-regionali non sono titolari di potesta’ legislativa, deve
essere definito, da un lato, l'ambito di esplicazione della potesta’
regolamentare di questi enti e, dall'altro lato, il rapporto tra
legislazione statale e legislazione regionale per quanto attiene alla
disciplina di grado primario dei tributi locali. Al riguardo, sempre secondo
la citata sentenza, si possono <<in astratto concepire situazioni di
disciplina normativa sia a tre livelli (legislativa statale, legislativa
regionale e regolamentare locale), sia a due soli livelli (statale e locale,
ovvero regionale e locale)>>.
Il modello seguito dalla
disposizione citata e’ evidentemente quello a “due livelli”, cioe’ una
disciplina normativa dei tributi propri degli enti locali risultante dal
concorso di fonti primarie regionali e secondarie locali. Un ragionevole
criterio di riparto tra questi due tipi di fonti deve attribuire alla fonte
regionale la definizione dell'ambito di autonomia entro cui la fonte
secondaria dell'ente sub-regionale puo’ esercitare liberamente il proprio
potere di autodeterminazione del tributo. In ogni caso, la norma censurata
deve essere interpretata nel senso che, in base all'art. 119, secondo comma,
della Costituzione, la legge regionale ivi prevista deve comunque attenersi
ai principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario
appositamente dettati dalla legislazione statale “quadro” o, in caso di
inerzia del legislatore statale, a quelli comunque desumibili
dall'ordinamento. Proprio in questo senso, del resto, si e’ espressa questa
Corte nella citata sentenza n. 37 del 2004, sostenendo che il legislatore
statale <<dovra’ non solo fissare i principi cui i legislatori regionali
dovranno attenersi, ma anche (…) definire gli spazi ed i limiti entro i
quali potra’ esplicarsi la potesta’ impositiva, rispettivamente, di Stato,
Regioni ed enti locali>>.
Cosi’ interpretata la
disposizione denunciata non risulta sussistente il prospettato vizio di
legittimita’ costituzionale.
7. — Un'altra censura ha
ad oggetto l'art. 70, comma 1, dello statuto, nella parte in cui prevede che
gli organi di governo ed il Consiglio regionale partecipano, nei modi
previsti dalla legge, alla formazione ed attuazione degli atti comunitari
nelle materie di competenza regionale. Secondo il ricorrente la disposizione
violerebbe l'art. 117, quinto comma, della Costituzione, che attribuisce
alla legge statale le forme di partecipazione regionale alla formazione ed
attuazione degli atti comunitari.
La questione non e’
fondata.
Nel quadro delle norme di
procedura che la legge statale, di cui all'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, determina in via generale ai fini della partecipazione delle
Regioni alla formazione ed attuazione degli atti comunitari, la disposizione
statutaria impugnata prevede la possibilita’ che la legge regionale
stabilisca, a sua volta, uno specifico procedimento interno diretto a
fissare le modalita’ attraverso le quali si forma la relativa decisione
regionale, nell'ambito dei criteri organizzativi stabiliti, in sede
attuativa, dall'art. 5 della citata legge n. 131 del 2003. In proposito puo’
essere in qualche modo indicativa la regolamentazione in materia gia’
prevista dalla Regione Toscana con la legge 16 maggio 1994, n. 37
(Disposizioni sulla partecipazione della Regione Toscana al processo
normativo comunitario e sulle procedure relative all'attuazione degli
obblighi comunitari), la quale stabilisce al riguardo le diverse competenze
del Consiglio e della Giunta regionale.
Sotto i profili
prospettati, pertanto, la disposizione statutaria in esame non appare in
contrasto con l'art. 117, quinto comma, della Costituzione.
8. — L'ultima questione
di legittimita’ costituzionale sollevata dal Governo riguarda l'art. 75,
comma 4, dello statuto, nella parte in cui, ai fini dell'abrogazione
referendaria di una legge o di un regolamento regionale, e’ richiesto che
partecipi alla votazione la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni
regionali. Tale norma sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto
contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, facendo riferimento ad un
criterio casuale e contingente, oltre che irrazionale, nonche’ con l'art. 75
della Costituzione.
La questione non e’
fondata.
In primo luogo va
rilevato che non si puo’ considerare principio vincolante per lo statuto la
determinazione del quorum strutturale prevista dall'art. 75 della
Costituzione. La materia referendaria rientra espressamente, ai sensi
dell'art. 123 della Costituzione, tra i contenuti obbligatori dello statuto,
cosicche’ si deve ritenere che alle Regioni e’ consentito di articolare
variamente la propria disciplina relativa alla tipologia dei referendum
previsti in Costituzione, anche innovando ad essi sotto diversi profili,
proprio perche’ ogni Regione puo’ liberamente prescegliere forme, modi e
criteri della partecipazione popolare ai processi di controllo democratico
sugli atti regionali.
Va infine osservato che
non appare irragionevole, in un quadro di rilevante astensionismo
elettorale, stabilire un quorum strutturale non rigido, ma
flessibile, che si adegui ai vari flussi elettorali, avendo come parametro
la partecipazione del corpo elettorale alle ultime votazioni del Consiglio
regionale, i cui atti appunto costituiscono oggetto della consultazione
referendaria. |