Pirateria online sotto scacco: il Tribunale di Milano ordina a Google e Cloudflare di bloccare i siti illegali

La lotta alla pirateria digitale in Italia segna un punto di svolta. Il Tribunale di Milano ha emesso un’ordinanza che obbliga due giganti della tecnologia, Google e Cloudflare, a usare i loro servizi DNS pubblici per bloccare l’accesso a siti pirata già identificati dalla piattaforma Piracy Shield. La decisione, datata 11 marzo 2025 e resa nota pochi giorni fa, rappresenta una vittoria per la Lega Serie A e rafforza la legge antipirateria italiana (n. 93/2023), mettendo fine a una lunga controversia su chi debba assumersi la responsabilità di fermare la diffusione di contenuti illeciti online.
Una sentenza con pochi precedenti
Il caso nasce da un’azione legale promossa dalla Lega Serie A, che da tempo lamentava come i DNS pubblici di Google (8.8.8.8 e 8.8.4.4) e Cloudflare (1.1.1.1) permettessero agli utenti di aggirare i blocchi imposti dall’AGCOM tramite Piracy Shield. Questa piattaforma, introdotta per proteggere i diritti d’autore su eventi sportivi e altri contenuti, ordina ai provider italiani di inibire l’accesso a siti illegali. Tuttavia, chi utilizzava i DNS di Google o Cloudflare poteva ancora accedere a queste piattaforme senza problemi, vanificando gli sforzi delle autorità.
Il Tribunale di Milano ha chiuso il cerchio con una decisione netta: anche i colossi tech americani devono adeguarsi. L’ordinanza stabilisce che Google e Cloudflare, in quanto soggetti al Regolamento europeo sui servizi digitali, sono obbligati a rispettare i provvedimenti d’urgenza italiani. Come ha scritto Massimiliano Capitanio, commissario AGCOM, su LinkedIn: “Il Tribunale ha stabilito che la società, essendo sottoposta alla disciplina del Regolamento europeo sui servizi digitali, può essere destinataria di provvedimenti adottati in via d’urgenza al fine di contrastare attività illecite svolte dai destinatari dei servizi, laddove il servizio prestato contribuisca causalmente alla violazione del diritto altrui”. Una frase che riassume il principio cardine della sentenza: chi facilita la pirateria, anche indirettamente, non può chiamarsi fuori.
Da Cloudflare a Google: un domino legale
Non è la prima volta che il Tribunale di Milano si pronuncia su questo tema. A dicembre 2024, Cloudflare era già stata costretta a piegarsi a un’ordinanza simile, sempre su richiesta della Lega Serie A. Ora tocca a Google, che finora aveva resistito, forte della sua posizione di neutralità come fornitore di DNS. Ma il giudice milanese non ha voluto sentire ragioni: l’ordine è stato emesso senza nemmeno convocare Google per un’audizione preliminare, segno di quanto il tribunale considerasse solide le argomentazioni della Lega. Ovviamente, l’azienda di Mountain View avrà modo di difendersi in un’udienza successiva, ma il messaggio è chiaro: nessuno è al di sopra della legge italiana.
Questa sentenza si inserisce in un percorso iniziato anni fa, con precedenti contro Cloudflare nel 2022 e 2024, quando il tribunale aveva già ordinato blocchi DNS per siti che violavano i diritti di Sony, Universal e Warner Music. Ora, però, la portata si amplia: non si parla più solo di musica o serie TV, ma di un sistema strutturato per proteggere eventi live come le partite di calcio, un settore dove la pirateria causa perdite milionarie ogni anno.
Piracy Shield: il cuore della strategia antipirateria
Al centro di tutto c’è Piracy Shield, lo strumento tecnologico gestito dall’AGCOM che consente di segnalare e bloccare rapidamente i siti pirata. La piattaforma è stata potenziata dalla legge 93/2023, che ha dato all’Italia uno dei quadri normativi più avanzati in Europa contro la pirateria digitale. La sentenza di Milano ne riconosce l’efficacia, stabilendo che i blocchi ordinati dall’AGCOM devono essere rispettati da tutti i servizi che operano nel Paese, indipendentemente dalla loro sede legale.
Per la Lega Serie A, si tratta di una vittoria cruciale. La trasmissione illecita delle partite erode non solo i ricavi delle emittenti ufficiali, ma anche l’immagine del calcio italiano, un’industria che muove miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro. Con Google e Cloudflare costrette a collaborare, il sistema di protezione diventa più difficile da aggirare, anche se i pirati troveranno sempre nuovi modi per adattarsi, magari ricorrendo a VPN o DNS alternativi.
Le implicazioni per il futuro
Questa ordinanza non è solo un successo isolato: è un precedente che potrebbe influenzare altre battaglie legali in Europa. I servizi DNS pubblici, spesso percepiti come neutrali, sono ora chiamati a rispondere delle loro responsabilità nella diffusione di contenuti illegali. Per Google e Cloudflare, adeguarsi significherà implementare filtri specifici per gli utenti italiani, un’operazione tecnicamente fattibile ma che potrebbe sollevare critiche tra chi difende la libertà della rete.
Intanto, l’AGCOM sta già lavorando a un aggiornamento del suo regolamento sul diritto d’autore, con una consultazione pubblica avviata a febbraio 2025 (delibera n. 47/25/CONS). L’obiettivo è rendere il sistema ancora più rapido ed efficace, coinvolgendo tutti gli attori della filiera digitale. La sentenza di Milano dà forza a questo progetto, dimostrando che anche i giganti della Silicon Valley devono piegarsi alle leggi locali quando i loro servizi contribuiscono a violazioni.
Una lotta senza fine?
Nonostante il trionfo legale, la pirateria resta un avversario sfuggente. Bloccare i DNS di Google e Cloudflare è un passo avanti, ma non elimina il problema alla radice. Gli utenti più esperti possono ancora usare VPN o servizi DNS minori per accedere ai siti pirata, e i gestori di queste piattaforme sono abili nel cambiare dominio o IP in poche ore. Tuttavia, per la maggior parte degli utenti occasionali, questa misura renderà la vita più difficile, spingendo magari verso alternative legali come DAZN o Sky.