UNO SCRITTO DEL 1797 SULL’EMANCIPAZIONE DELLA DONNA
di Pancrazio Caponetto – ” Se il triennio rivoluzionario 1796 – 99 non ha avuto nè una Olympe de Gouges, nè una Claire Lacombe, nè tanto meno, dei clubs de femmes, ciò non vuol dire però che le donne italiane del tempo non l’abbiano vissuto anch’esse come un periodo profondamente rinnovatore. ”
Così lo storico Renzo De Felice in una nota scritta in conclusione del volume Giacobini italiani, pubblicato da Laterza nel 1964. Olympe de Gouges fu l’autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791 ), Claire Lacombe creò la Società delle repubblicane rivoluzionarie, club esclusivamente femminile della rivoluzione francese. Dunque in italia non abbiamo avuto personalità simili nel triennio rivoluzionario. Tuttavia, come ha osservato ancora De Felice, ” la partecipazione delle donne alla vita politico – sociale del triennio rivoluzionario fu tutt’altro che scarsa”. Essa è ampiamente documentata dalla stampa, dalla pubblicistica, dalla memorialistica dell’epoca. Una figura spicca in questo panorama : Eleonora Fonseca Pimentel, patriota, direttrice del ” Monitore napoletano”, giornale pubblicato nel 1799, durante i mesi di vita della Repubblica partenopea.
Idealmente al suo fianco, molte patriote e giacobine condussero la lotta per l’emancipazione della donna. Ma il tema fu dibattuto anche nell’universo maschile e già prima del triennio rivoluzionario. Risale, infatti, al 1791 il dialogo Epicarmo/ossia/ lo spartano del giacobino Giuseppe Compagnoni nel quale si discute intorno all’origine della subordinazione del sesso femminile e sul nesso della “servitù femminile ” con l’ineguaglianza sociale.
Si questi temi ritorna in maniera più approfondita lo scritto La causa delle donne. Discorso agli italiani della cittadina***, edito a Venezia nel 1797.
L’opera si compone di una parte introduttiva e di due articoli seguiti da ampi commenti.Nell’ introduzione l’anonima osserva che grazie ai “valorosi francesi” è iniziata l’epoca della libertà e dell’uguaglianza che concede anche alle donne la libertà di parlare ed esporre iberamente le proprie ragioni. Tuttavia alle donne non è concesso alcuno spazio nelle nuove costituzioni adottate in Italia dai governi rivoluzionari: ” Agli uomini affidate la legislazione, agli uomini i governi e le magistrature; agli uomini le ambasciate, le trattazioni, i tribunali, gli eserciti. Dappertutto insomma risuonano gli uomini, e le femine non si sentono mai nominare che per il solo uso matrimoniale, o quasi matrimoniale, relativo agli uomini. ”
Gli “adottatori” del nuovio sistema non pensano che ai vantaggi e alla felicità del sesso maschile, non considerando evidentemente le donne “individui del genere umano”, o volendo salvaguardare solo i dirittti di una metà di questo. A questa realtà si oppone una nuova consapevolezza femminile : ” Noi, fratelli carissimi, nel complesso del genere umano pretendiamo di non essere inferiori: in conseguenza di questa superiorità, o almeno uguaglianza, pretendiamo di esser considerate al par degli uomini in tutti i pubblci interessi dell’universal riforma. ”
Da qui discendono i due articoli della “causa” delle donne. Il primo può dirsi preliminare, il secondo è un risulato del primo.Ecco il primo articolo: ” Le donne per natura sono eguali, anzi superiori agli uomini. ” A questa affermazione fanno seguito una serie di esempi tratti dalla storia del popolo ebreo, dalla storia greca, dalla storia romana, dalla storia delle monarchie europee dal Quattrocento al Settecento in cui le donne sono state protagoniste. Ma è soprattutto con la filosofia e la ragione che l’anonima intende sostenere la “causa delle donne ” . L’uomo e la donna sono differenti per sesso ma simili ed eguali ” per natura “. Questa affermazione viene dimostrata considerando la condizione del ” primo uomo” creato. ” Egli – scrive l’anonima – si sentiva inclinato alla società e fratellanza, e non trovava un simile con cui potersi unire e fraternizzare. La costituzione intrinesca di quest’uomo richiedeva la compagnia di un’altra creatura ragionevole, la qual fosse nel tempo stesso e differente da lui ed eguale a lui. ” Pertanto l’autore della natura ” diede all’uomo per compagna la donna, ed ecco maravigliosamente equilibrata nella donna e nell’uomo la differenza e l’eguaglianza: cioè la differenza dei sessi e l’eguaglianza delle nature. ”
Dunque la superiorità dell’uomo sulla donna non ha alcun fondamento nella natura, anzi considerando l’ordine fisico della creazione del mondo, l’anonima conclude che le donne sono più perfette degli uomini: ” Prima furono create le acque e la terra, e dopo di esse gli alberi, e tutti gli altri vegetabili, ed i vegetabili per natura sono più perfetti della terra e dell’acqua. Prima esistettero i vegetabili, e dopo di essi tutte le bestie e della terra e del mare dell’aria;ed è certo che le bestie sono più perfette dei vegetabili. Prima ebbero vita le bestie e dopo di esse l’uomo; e voi ben sapete, o filosofi ragionevoli, quanto l’uomo sia più perfetto della bestia.Prima finalmente fu creato l’uomo, e poi la donna: inferitene voi, o logici, la conseguenza legittima. ”
Un altro aspetto della superiorità della donna sull’uomo è dato dalla forza dello spirito. ” Il sapientissimo architetto dell’uomo e della donna ” distribuì con mano maestra le forze tra le sue creature in modo che non ne rimanesse offesa l’ eguaglianza e diede ai maschi la forza del corpo alle donne quella dello spirito. ” La filosofia – scrive l’anonima – dice che è più perfetta la forza dello spirito di quella del corpo. L’esperienza c’insegna che è maggiore il vigore della forza nostra di quello della vostra. ”
Se gli uomini hanno creato più delle donne libri e altri prodotti dello spirito è stato non per un risulato della diseguaglianza della natura, ma per la diversità dell’educazione.
L’articolo secondo dello scritto anonimo, recita: ” Le donne han diritto di essere a parte di tutti i pubblici interessi della presente riforma d’Italia. ”
Affermata l’uguaglianza, anzi la superiorità spirituale delle donne sugli uomini, ne deriva il loro ” diritto naturale” ed “intrinsecamente annesso alla natura umana “, ad essere parte di tutti gli affari pubblici dipendenti dallo spirito e dall’intelletto. ” Abbiamo dunque diritto – scrive l’anonima – di assistere a tutte le vostre adunanze ed assemblee; abbiamo diritto di concorrere alla formazione delle leggi, alle quali dobbiamo del pari assoggettarci. Abbiamo diritto di sedere nei tribunali, nei magistrati, nei direttori esecutivi ; abbiamo diritto di andare ai consolati, alle commissioni, alle ambasciate; abbiamo diritto di maneggiar le finanze, di governar le province, di regolare gli eserciti; abbiamo diritto di approvare o riprovare tutti i trattati nazionali o di commercio o di alleanza o di guerra o di pace. ”
Abbiamo qui – come ha scritto Nadia Maria Filippini in Figure, fatti e percorsi di emancipazione femminile, Enciclopedia Treccani – ” una conseguente quanto appassionata affermazione di diritti, che ricorda la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne o la Vindication of the Rights of Woman di Mary Wollstonecraft e che appare come una delle pagine più belle scritte dal movimento di emancipazione italiano “.
Questa partecipazione attiva alla vita politica e sociale non sarà impedita dall’esercizio degli affari domestici. Il filare, il tessere, il lavorare, il cucinare, l’educazione della famiglia sono attività non meno proprie di un padre che di una madre.Credere che siano solo occupazioni femminili è “una volgare stoltezza, che fa disonore alla filosofia .” Pertanto le donne possono essere chiamate, al fianco degli uomini, a dar vita ai nuovi progetti di riforma che in nome della libertà e dell’eguaglianza si discuteranno in Italia. Se così non sarà tutti i progetti che si elaboreranno, tutte le leggi che si pubblicheranno saranno “invalide” senza il consenso delle donne. Solo con la partecipazione delle donne sarà possibile agli uomini amanti della libertà distruggere tutti i nemici dell’eguaglianza.
Argomentazioni simili si trovavano già nell’opera di Condorcet, uno dei padri dell’illuminismo. Nel luglio 1790 egli pubblicò sul ” Journal de la Societé de 89″ un articolo intitolato : Sur l’admission des femmes au droit de cité. Filosofi e legislatori – scriveva – hanno violato il diritto naturale di ognuno all’uguaglianza, “privando tranquillamente la metà del genere umano del diritto a partecipare alla formazione delle leggi, escludendo le donne dal diritto alla cité”. Condorcet abbatteva i luoghi comuni sui quali si fondava l’esclusione delle donne dalla vita politica e sociale. I tratti specifici della sessualità femminile ( mestruazioni, gravidenze ) non impediscono alle donne di godere del diritto di cittadinanza più di quanto la gotta, i raffredori o altre malattie lo impediscano agli uomini. Inoltre non risponde a verità l’idea per cui le donne non si sono mai distinte nel campo delle arti e delle scienze. I salotti letterari dell’età dei Lumi, spesso organizzati da donne, dimostrano il contrario. Infine quando le donne sono state chiamate ad assumere responsabilità di governo non sono state inferiori agli uomini ma si sono distinte per le loro capacità: è il caso di regine e imperatrici come Elisabetta di Inghilterra, Caterina di Russia, Maria Teresa d’Austria.
Ammettere le donne a partecipare alla vita politica non minerebbe la coesione della famiglia, distogliendole dai loro compiti ? Condorcet risponde che una donna membro di un’assemblea nazionale sarebbe più adatta ad educare i figli, a formare futuri cittadini.
In un altro scritto Cinq Mémoires sur l’instruction publique, Condorcet afferma che l’istruzione deve essere comune a uomini e donne. Quest’uguale istruzione della donna è dettata da motivi di utilità pubblica. La donna istruita potrà curare l’istruzione dei suoi figli e accrescere la felicità della famiglia. ” E soprattutto – come ha scritto Michèle Crampe – Casnabet in Storia delle donne – se l’ineguaglianza fosse mantenuta per le donne, sarebbe impossibile abolirla negli uomini. Il che significa che gli uomini non possono essere liberi ed eguali se la metà del genere umano non si è liberata dalle sue secolari catene. L’accesso del sesso maschile ai Lumi non può realizzarsi solo attraverso gli uomini. ”
Tuttavia, come aggiunge la Crampe-Casnabet, questa teoria elaborata da Condorcet “non è così radicale da non lasciar sussistere alcune sopravvivenze”. La donna può avere diritto di eleggere dei rappresentanti e di esser eletta solo se possiede determinati requisiti : essere proprietaria e non essere alle dipendenze nè di un individuo, nè di una categoria di mestiere . Pertanto Condorcet propone di restaurare l’antico diritto feudale che concedeva alle donne proprietarie di feudi di partecipare a certe elezioni.
Questo lungo excursus sull’opera di Condorcet ci aiuta ad apprezzare al meglio lo scritto della cittadina anonima sull’emancipazione della donna. Molti punti del testo del 1797 riecheggiano idee di Condorcet : eguaglianza “per natura” fra uomini e donne ; esempi tratti dalla storia di donne protagoniste nella vita politica ; diritto delle donne ad essere parte di tutti gli affari pubblici dipendenti dallo spirito e dall’intelletto; partecipazione delle donne alla vita politico – sociale che consentirà agli uomini amanti della libertà di distruggere tutti i nemici dell’eguaglianza.
In altri aspetti il testo del 1797 mostra idee più radicali di quelle di Condorcet: superiorità della donna sull’uomo nell’ordine della creazione e per forza di spirito ; assenza di qualsiasi riferimento a requisiti che diano l’accesso all’elezione di rappresentanti e alla possibilità di essere elette.
Idee nuove e rivoluzionarie che fanno di La causa delle donne. Discorso agli italiani della cittadina*** ” l’opera sicuramente più importante per consapevolezza e rigore concettuale pubblicata in quegli anni, una delle più significative dell’intero movimento delle donne italiane, secondo il giudizio delle storiche ” ( Figure, fatti e percorsi di emancipazione femminile, Nadia Maria Filippini, in Enciclopedia Treccani )
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