FRANCESCO SAVERIO MERLINO DALL’ ANARCHISMO ALLA DEMOCRAZIA LIBERALE
di Pancrazio Caponetto – ” La democrazia, tal è, tal è sempre stata e tale sarà anche in avvenire, è l’unica alternativa possibile al dispotismo. Che se nalla pratica odierna il regime democratico rappresentativo non risponde all’ideale qui prospettato, non per questo dobbiamo fare macchina indietro, far gettito di tutte le libertà conquistate e tornare al dispotismo. Ma dobbiamo perfezionare i nostri ordinamenti politici, avvicinandoci sempre più al governo diretto ( che è il contenuto essenziale della democrazia ) e rimovendo la causa precipua di tutti i vizi e difetti del sistema politico vigente che è l’ineguaglianza delle condizioni economiche, che si riflette sinistramente sull’ eguaglianza e sulla libertà politica. ”
Queste riflessioni di Francesco Savero Merlino, contenute nell’articolo Crisi politica e democrazia, apparso il 25 ottobre 1922, sulla rivista repubblicana e antifascista Critica politica, ci aiutano a individuare il punto di approdo ( la democrazia liberale ) del lungo itinerario politico dell’intellettuale napoletano.
Ma andiamo con ordine. Francesco Saverio Merlino era nato a Napoli il 15 settembre 1856. Compì gli studi giuridici presso la Facoltà di Legge dell’Università di Napoli dove si laureò giovanissimo. A ventuno anni fece il suo esordio nella lotta politica assumendo, dinanzi alla Corte d’Assise di Benevento, la difesa degli internazionalisti anarchici Errico Malatesta, Carlo Cafiero e Pietro Cesare Ceccarelli protagonisti del tentativo insurrezionale avvenuto nella primavera del 1877 nella zona del Matese. Il giovanile anarchismo di Merlino prese forma anche sul piano teorico con un saggio introduttivo all’opera di S. Englander, L’abolizione dello Stato e con alcuni opuscoli pubblicati sul giornale La plebe : uno dedicato all’illuminista napoletano Vincenzio Russo, l’altro a una figura centrale del Risorgimento italiano, Carlo Pisacane e il terzo intitolato Il popolo aspetta.Nei primi due riprende, come ha notato lo storico Enzo Santarelli, la tradizione democratica e rivoluzionaria della sua Napoli, nel terzo chiarisce gli elementi essenziali del suo socialismo anarchico : lotta contro i privilegi sociali, contro lo sfruttamento, contro lo Stato centralizzato, sostegno ad organi di autogoverno locale ( associazioni operaie, comuni, Regioni ) .
A partire dal 1880 partecipa attivamente al dibattito politico che si accende all’interno del movimento anarchico. Sostiene la necessità di un accordo tra le varie forze della sinistra, anarchici, socialisti, repubblicani; critica, insieme a Cafiero e Malatesta, la svolta di Andrea Costa, uno dei massimi esponenti dell’anarchismo, che si spostava in quel periodo su posizioni vicine alla democrazia parlamentare. Su quest’ultimo punto Merlino chiarì le sue idee in un opuscolo del 1887, La fine del parlamentarismo, in cui scriveva : ” Stolti quelli che ripongono in esso le loro speranze, i Parlamenti trascinano la loro esistenza in lotte infeconde di partito, in uno sterile cicaleccio di vanitosi e ambiziosi ma sono incapaci di iniziare grandi o piccole riforme. ” In sostanza “capitalismo e parlamentarismo – ha notato lo storico Nicola Tranfaglia – gli appaiono come un mostro a due teste che opprime le masse popolari. ”
Tre anni prima l’anarchico napoletano era stato arrestato con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato e rinchiuso nelle carceri romane. Fu condannato a quattro anni di reclusione, ma prima dell’esecuzione della sentenza riuscì a fuggire riparando a Londra.
Nel Luglio1889 Merlino fece parte della delegazione italiana che si recò ai due congressi operai internazionali che si tennero a Parigi : il congresso “marxista ” cui parteciparono i maggiori esponenti del socialismo internazionale ( fra gli altri Liebknecht, Bebel, Guesde, Bernstein ) e il congresso cosiddetto “possibilista” che vide la partecipazione di grandi organizzazioni operaie e socialiste come le Trade Unions inglesi.In entrambi egli presentò un ordine del giorno in cui ritornano i temi dell’antiparlamentarismo, ma la novità rispetto alle posizioni precedenti è costituita da un attacco al socialismo autoritario dei marxisti . In una lettera scritta per rendere conto della sua partecipazione ai congressi operai, Merlino osservava : ” Se la rivoluzione sociale dovesse essere fatta secondo i criteri dei socialisti autoritari e riuscisse alla fondazione prima di una dittatura rivoluzionaria e poi di un governo detto popolare, noi ricadremmo dal dispotismo attuale in uno peggiore.La classe operaia vittoriosa si dividerebbe subito in due schiere: il gran numero, la massa operaia si dedicherebbe al lavoro quotidiano, mentre la minoranza ambiziosa, intransigente e faccendiera accaparrerebbe il potere e la ricchezza e stabilirebbe a proprio profitto una nuova denominazione, una nuova specie di tirannide, la tirannide burocratica e politicante… ”
Nel 1890 Merlino pubblicò a Parigi L’Italie telle qu’elle est, ” pamphlet politico prima e più che libro di storia, appassionata requisitoria contro la classe dominante…” ( Nicola Tranfaglia, L’Italia liberale di Francesco Saverio Merlino ). L’analisi dell’anarchico napoletano muove da un giudizio negativo sul processo di unificazione guidato dalla monarchia sabauada : ” La rivoluzione del 1860 fu compiuta dalla borghesia contro il popolo, dal capitale contro la terra, dall’industria contro l’agricoltura, dal Nord contro il Mezzogiorno. ” Inoltre i partiti protagonisti di quel processo, moderati e democratici, non furono realmente alternativi gli uni agli altri: ” Fra le due fazioni del partito liberale – scrive Merlino – c’era piuttosto competizione che lotta, piuttosto emulazione che antagonismo; le intimazioni, i rimproveri, le minacce che si lanciavano a gara non erano che grida di all’erta lanciate fra sentinelle. ”
Ancora Tranfaglia ci aiuta ad individuare gli stimoli e gli spunti eterogenei da cui muove l’analisi di Merlino: dalla tradizione democratica meridionale ( Piscane ) al meridionalismo conservatore ( Pasquale Villari, Pasquale Turiello, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, Stefano Jacini ) fino all’anarchismo di Bakunin. Tuttavia ” in nessuno degli scrittori cui il Merlino si rifà troviamo enunciate con chiarezza, e dal punto di vista delle classi soggette, le conclusioni che abbiamo riportato sopra: l’aver egli individuato l’inesistenza di una reale alternativa tra moderati e democratici e avere anzi insistito sulla loro oggettiva alleanza, l’aver sottolinetato con forza la prevalenza del Nord industriale dietro la monarchia piemontese costituiscono acquisizioni originali e tali da consentire all’autore una serie di ulteriori, particolari giudizi sull’Italia nel trentennio postunitario. “( Nicola Tranfaglia, L’Italia liberale di Francesco Saverio Merlino ). Tra questi ricordiamo il giudizio sul trasformismo, sulla corruzione della classe borghese al governo del Paese, sull’amminstrazione della giustizia e sul rapporto politica – magistratura nell’Italia liberale. Quanto al primo punto Merlino scrive : ” Il crispismo di oggi, ieri depretismo è l’essenza stessa del trasformismo. Il Governo non è più fondato su dei principi ma su individui le cui ambizioni, anzichè apririsi faticosamente una strada attraverso la battaglia delle idee, si trascinano a forza di servizi resi al potere, e salgono lentamente le scale che ad esso conducono. ”
Sulla borghesia italiana il giudizio è altrettanto duro. Essa si distingue per essere una classe avida, corrotta, che fonda il suo potere sullo sfruttamento del popolo. Infine sul rapporto politica – magistratura, Merlino raggiunge, secondo Tranfaglia, “risultati davvero nuovi ed originali. ” In Italia, osserva l’intellettuale napoletano, i diritti di riunione, di associazione, il diritto di scegliersi un domicilio, persino la libertà fisica di movimento dipendono dall’arbitrio della polizia e magistratura e sistema politico sono difatto a sostegno di questa realtà. Merlino critica ancora l’onnipotenza del pubblico Ministero strettamente dipendente dal potere escutivo, i criteri di scelta dei giudici popolari, il sistema delle carceri, il malcostume dei ” magistrati – deputati”, i processi arbitrari contro il movimento operaio, la repressione del brigantaggio. E conclude : “…la borghesia italiana, abusando della vittoria, ha trasformato tutti i poteri e le funzioni dello Stato in suoi esclusivi strumenti di dominio. ”
Nel decennio 1890 – 1900 il pensiero di Francesco Savero Merlino entra in una nuova fase caratterizzata da una critica globale al pensiero di Marx. ” Egli si pone – ha scritto Tranfaglia – di fronte a Marx e ai suoi interpreti in una posizione non di revisone ma di critica aperta, nell’intento palese e più volte sottolineato, di spezzare il binomio socialismo – marxismo e di repingere il secondo termine del binomio nel momento stesso in cui intende riaffermare la validtà del primo. ” In una serie di articoli e saggi Merlino critica l’unilateralità del marxismo ( la questione economica sopprime tutte le altre ) ; la sua deriva autoritaria ( come l’economia politica mette capo al liberalismo, cioè alla dittatura borghese così Marx giunge alla dittatura del proletariato ) ; l’estraneità ai problemi sociali del mondo contadino; la mancata lotta alle illusioni del parlamentarismo, allo Stato che esprime la dittatura della borghesia: Marx rinvia l’abolizione dello Stato all’indomani del capitalismo, come i preti collocano il paradiso dopo la morte.
Nel 1899 Merlino aderì al Partito Socialista Italiano e fondò la Rivista critica del socialismo che ospitò nel suo anno di vita, esponenti del “revisionismo ” europeo: Sorel, Bernstein, Graziadei e altri. L’intento dell’intellettuale napoletano era quello di colmare il vuoto lasciato dalla rivista Critica sociale che aveva sospeso le pubblicazioni dopo l’arresto del leader socialista Filippo Turati. La militanza di Merlino nel Partito Socialista fu piuttosto travagliata viste le polemiche vissute con esponenti di spicco del socialismo italiano come Turati, Antonio Labriola, Leonida Bissolati. Il punto del contendere era il marxismo ( rigettato dal Merlino ), la proposta di coalizione dei partiti “popolari” ( socialisti, repubblicani e anarchici ) e il sostegno a un programma di riforme ” conseguite per forza di popolo e non per concessione del governo”. ” Era una posizione – ha scritto Tranfaglia – nel complesso, non lontana da quella sostenuta da altri eretici del socialismo italiano, a cominciare da Gaetano Salvemini, ma certo ormai lontana dall’anarchismo dei decenni precedenti. ” Nella sua battaglia Merlino si ritrovò presto isolato e perdente. I socialisti tanto riformisti, quanto intransigenti respingevano la critica al marxismo, la distanza dall’anarchismo era consumata, pertanto egli si ritirò dalla militanza dedicandosi al suo lavoro di avvocato. Difese Gaetano Bresci l’attentatore di Umberto I nel 1900 e partecipò a numerosi processi politici che coinvolgevano anarchici e socialisti.
Tuttavia la sua voce nella cultura italiana non si spense del tutto. Pubblicò nel 1924, poco prima del delitto Matteotti, Fascismo e democrazia e Politica e Magistratura dal 1860 ad oggi in Italia, nel 1925, dopo il discorso del 3 gennaio col quale Mussolini di fatto apriva la stagione della dittatura. Nel primo saggio è contenuta una lucida analisi del fascismo. ” Il fascismo – scrive Merlino – prodotto della guerra mondiale, fu un’esplosione di fanatismo guerriero e patriottico…Suscitato da forze occulte ( Governo e grandi proprietari e industriali ) con lo scopo di combattere il Socialismo e i Sindacati operai…assalì il Governo e lo conquistò; e creò uno Stato accanto allo Stato: il Duce eil presidente del Consiglio, i ras e i Prefetti, la polizia e lo squadrismo, l’esercito e la milizia nazionale, la nazione e l’antinazione. ” L’opera contiene anche un giudizio positivo del sistema democratico inglese fondato sulla separazione dei poteri e sulla sovranità del popolo. L’opuscolo è significativo perchè a giudizio di Nicola Tranfaglia costituisce “l’ultima tappa” dell’itinerario politico di Merlino, “il suo approdo cioè a un ideale di socialismo democratico da cui non sono assenti quelle esigenze di organizzazione della democrazia dal basso, di antiautoritarismo, di educazione politica della collettività che avevano costituito alcuni tra i motivi principali del periodo anarchico e socialista – anarchico.”
Nel saggio Politica e Magistratura Merlino torna su alcuni temi già trattati nell’Italie telle qu’elle est .” La Magistratura italiana – scrive – non è indipendente…perchè crede di appartenere al Governo, di esserne una diramazione. ” Dunque non opera per impedire le illegalità degli altri poteri dello Stato. Essa inoltre ha precise responsbilità nell’ascesa del fascismo non essendosi adoperata per impedirne le violenze e le sopraffazioni che hanno annullato le pubbliche libertà e reso impossibile il funzionamneto del regime costituzionale. Si tratta del resto, secondo Merlino, solo dell’ultima tappa di un processo iniziato nell’Italia liberale, quando i Governi con l’avallo della Magistratura presero tutta una serie di misure illiberali: uso illegale del domicilio coatto, abuso dei decreti legge e dello stato d’assedio, repressione della classe operaia e dei suoi partiti. Anche in quest’opera emerge la difesa della democrazia liberale nella quale la Magistratura può costituirsi come potere autonomo.
Lo scritto di Merlino è, secondo Tranfaglia, ” tra i più interessanti che la pubblicistica politica e la critica storica contino su quest’argomento. ” Tuttavia lo storico nota anche alcuni limiti del saggio come la genericità e ingenuità dei rimedi proposti dall’intellettuale napoletano per sanare la situazione : ” non si suggeriscono riforme e cambiamenti collegati alla realtà politica di cui la magistratura fa parte, ma si conclude con un appello al primato della tecnica sulla politica, alla neutralità dei giudici che pare almeno in contraddizione con l’accusa vigorosa e particolareggiata di tutto quello che ha reso in Itallia l’amministrazione della giustizia sempre parziale e ossequiente al potere. “Dopo che il Governo Mussolini emanò le “leggi fascistissime” ( 1925 – 1926 ), con le quali sopprimeva di fatto le libertà politiche in Italia, Merlino si ritirò a vita privata. Morì a Roma il 30 giugno 1930.
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