OLIMPIA MORATO, UNA DONNA DELLA RIFORMA
di Pancrazio Caponetto – ” Una delle personalità più colte del Cinquecento, donna di grande fede e acuta sensibilità “. Così Salvatore Caponetto ricorda nel suo La riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Olimpia Morato, scomparsa a soli 29 anni ad Heidelberg in Germania, consunta dalla tisi.
Olimpia Morato era nata a Ferrara nel 1526. Il padre Fulvio Pellegrino Morato, precettore di Ercole d’Este futuro duca di Ferrara, fu figura determinante per la sua crescita culturale in quanto educò la figlia nell’amore per la cultura classica. A tredici anni la ragazza recitava a memoria i Paradoxa di Cicerone, autore che, come altri del mondo classico, non le sembrava incompatibile con le verità del cristianesimo.
Uno stralcio di una sua poesia rende bene l’idea dell’entusiamo che la prendeva nel dedicarsi agli studi :
” Io, nata donna, ho abbandonato le cose da donna
la tela, il fuso, i fili e i cestini
e trovo diletto solo nel prato fiorito delle Muse
e nei lieti canti di danza del Parnaso dalla duplice vetta.
Altre donne apprezzano forse altri diletti;
ma questa è la mia occupazione,
questa è la mia felicità. “
La duchessa di Ferrara Renata di Francia, Colpita dalla profonda cultura umanistica di Olimpia la chiamò a corte come compagna della figlia Anna.
Intorno alla duchessa Renata si riuniva un piccolo cenacolo protestante nel quale spiccò, per qualche tempo, Celio Secondo Curione, ” uno dei più grandi umanisti europei del Cinquecento ” ( S. Caponetto, La Riforma protestante nell’Italia del Cinquecento ) che fu amico del padre di Olimpia. Altra presenza significativa fu quella del medico tedesco Johannes Sempf che fu maestro della Morato e che manteneva rapporti epistolari con esponenti della Riforma : Lutero, Melantone, Bucer. Olimpia assimilò, pertanto, gli stimoli culturali e i fermenti religiosi vivi alla corte ferrarese. Determinante fu il rapporto di Olimpia con Curione, come dimostrano le sue traduzioni in latino di due novelle di Boccaccio in cui gli spunti anticlericali sono congiunti alla polemica riformata tratta dal Pasquino in estasi, opera capitale di Curione.
Colpita da accuse calunniose di cui non sappiamo molto, Olimpia fu allontanata dalla corte ferrarese. In una lettera a Curione la Morata ricorda che a corte non aveva più il permesso di leggere le sacre scritture, dunque una delle cause del suo allontanamento deve essere stata di natura religiosa.
Nel 1550 Olimpia sposò il medico tedesco, imbevuto di studi classici, Andreas Grunthler che dopo poco partì per Schweinfurt in Germania, per sfuggire al clima di intolleranza religiosa creatosi a Ferrara e culminato con il rogo del fornaio eretico Fanino Fanini. Al periodo di distacco dal marito risale la composizione di un’opera in latino Lavinia Ruverensis Ursina et Olympia Morata colloquntuur , in cui in dialogo con l’amica Lavinia Della Rovere, Olimpia ci mostra il sorgere di una nuova coscienza in seguito alle esperienze dolorose vissute.
Tra il 1550 e il 1551, la Morato seguì il marito in Germania. L’arrivo in questa terra fu per Olimpia un “momento magico ” ( Susanna Peyronel Rambaldi, Dizionario storico dell’inquisizione ). Ella viveva con entusiasmo la sua condizione di sposa e i suoi studi poetici e biblici e ben presto la sua fama si diffuse tra i letterati tedeschi. Fu anche in rapporti epsitolari con i maggiori teologi protestanti del tempo.
Al marito venne offerta una cattedra di medicina a Linz da parte del cattolicissimo Ferdinando d’Austria. Lui e la moglie rifiutarono e in una lettera di Olimpia possiamo leggere in proposito : ” Noi militiamo sotto la bandiera di Cristo e non possiamo tradire pena la dannazione eterna. ” ” Nella visione eroica – scrive la Peyronel Rambaldi – che Olimpia condivideva con Curione e con molti altri esuli, si trattava di una scelta ineluttabile della coscienza.”
Nel 1553 quest’incanto si ruppe. Schweinfurt presidiata dagli spagnoli fu invasa da truppe protestanti prima, assediata e saccheggiata, poi, da soldati dell’Imperatore Carlo V. Olimpia e il marito riuscirono a salvarsi miracolosamente raggiungendo Heidelberg. Dopo queste drammatiche vicende la Morato maturò l’idea di scrivere una storia dell’assedio di Schweinfurt ispirata alle Lamentazioni del profeta Geremia. Le ambizioni letterarie si congiungevano ai tentativi di ritornare in possesso della propria Biblioteca perduta nell’assedio di Schweinfurt e agli sforzi di ricomporre a memoria le proprie opere.
Olimpia Morato morì ad Heidelberg il 26 ottobre 1555, le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Pietro nella stessa città. Celio Secondo Curione raccolse le sue lettere, e le pubblicò in due edizioni: la prima dedicata a Isabella Bresegna discepola di Juan de valdès, la seconda alla regina Elisabetta. L’epistolario rappresenta un documento di grande valore per ricostruire il percorso culturale e spirituale di Olimpia. Esso tocca temi diversi : la rivendicazione della dignità femminile; l’esilio vissuto per motivi religiosi ; l’esaltazione delle verità del Vangelo ; la condanna dell’Anticristo identificato con il papa; l’elogio della Chiesa riformata. ” Le lettere inviate in Italia ad amici e familiari rappresentano un vero e proprio sermo theologicus, in cui la sapienza stilistica modellata sull’eloquenza ciceroniana si coniuga con la struttura del discorso omiletico secondo lo schema agostiniano (insegnamento dottrinale, edificazione, parenesi). ” ( Lisa Saracco in Dizionario biografico degli italiani ).
Ha scritto Susanna Peyronel Rambaldi, nella prefazione a Donne della riforma, studio dello storico R.H. Bainton, che le donne italiane che aderirono alle Chiese riformate furono interlocutrici attente ed ammirate di alcune grandi figure maschili ( Curione nel caso della Morato ), ma ebbero un ruolo tutto sommato marginale in quanto la Riforma in Italia non prese piede. Tutto questo è vero, ma non cancella il ” nuovo modello femminile di responsabilità, che Morato incarna con orgoglio e profonda convinzione, certa della bontà della propria scelta religiosa e dell’abbandono volontario di una vita di lusso e ricchezza in nome della libertà di coscienza. ” ( Lisa Saracco in Dizionario biografico degli italiani ).
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