Arte & Cultura

ALDO CAPITINI E I CENTRI DI ORIENTAMENTO SOCIALE

di Pancrazio Caponetto – ” Perchè se uno Stato, piccolo o grande che sia che non fa nessuna diferenza, è tutto animato e decentrato in queste libere assemblee di popolo che discute i problemi della propria amministrazione e quelli dell’orientamento politico, assemblee in ogni rione, in ogni villaggio, aperte a tutti, al popolo anonimo e quindi soprattutto ai “minori ” ( nome del partito del popolo assunto da San Francesco ), si svolge una specie di pacifica mobilitazione permanente sul piano del ragionamento e della persuasione, che educa al piacere dell’ascoltare, del comprendere, dell’amare; poichè per le persone la cosa peggiore è non incontrarsi, non ascoltarsi reciprocamente. “

Con queste parole, contenute nel suo Nuova socialità e riforma religiosa, Aldo Capitini riassumeva lo spirito e la funzione dei C.O.S., i Centri di Orientamento Sociale. Il primo C.O.S. venne fondato a Perugia il 17 luglio 1944 con l’intento di riprendere e sviluppare l’esperienza antifascista dei Comitati di Liberaziona Nazionale considerati da Capitini scuola di autentica democrazia.Egli veniva da una lunga militanza antifascista. Nato a Perugia nel 1899, formatosi da autodidatta, fu segretario della Scuola Normale superiore di Pisa fino al 1933, quando fu costretto a lasciare il posto per aver rifiutato l’iscrizione al Partito fascista. Nel 1937 pubblicò per la Casa editrice Laterza, su interessamento di Benedetto Croce, Elementi di un’esperienza religosa, un testo animato da uno spirito che era l’opposto di quello dominante nel regime fascista. Al totalitarismo si opponeva, come ricordava Capitini, nella seconda edizione del volumetto ( 1947 ) ” lo Stato fluido…la libera ricerca, il libero contributo, l’ascoltare e il parlare ” e soprattutto, aggiungiamo noi, la nonviolenza, elemento che egli derivava da San Francesco e Gandhi, suoi maestri. Capitini fu anche fra gli attivisti del movimento liberalsocialista, gruppo di opposizione al fascismo in cui militavano intellettuali come Guido Calogero, Tristano Codignola, Guido De Ruggiero, tra gli altri. Per Capitini liberalismo come senso della ricerca interiore e socialismo come organizzazione della giustizia sociale su base comune per abolire la schiavitù dell’uomo dall’uomo, erano una sola cosa.

Il movimento liberalsocialista aderì nel 1942 al Partito d’Azione. Capitini prese le distanze, dichiarandosi indipendente di sinistra, in quanto temeva che la trasformazione in Partito circoscrivesse il Movimento alla dipendenza di una direzione soverchiamente politica e di un democraticismo che gli pareva insufficiente rispetto all’esigenza del socialismo.
Dopo la Liberazione Capitini volle mantenere vivo lo spirito della lotta antifascista creando un’esperienza che fosse l’antitesi della monarchia e dello Stato totalitario. Nacquero così a Perugia i C.O.S. , uno centrale e otto C.O.S. rionali. I C.O.S erano “libere assemblee decentrate ” dove tutti potevano intervenire e parlare ( “ascoltare e parlare” ne era il motto ) di problemi amministrativi cittadini e nazionali e di problemi sociali, politici, ideologici, culturali, tecnici, religiosi . Alle riunioni dei C. O. S. venivano invitate le autorità, i capi degli enti che si confrontavano con i cittadini presenti, realizzando così una “democratica trasparenza delle amministrazioni pubbliche “. Naturalmente il C.O.S. non aveva poteri deliberativi ma il suo fine era quello di stimolare il popolo alla partecipazione democratica alla vita politica e sociale e migliorare l’amministrazione, l’educazione, la consapevolezza della realtà ( i C.O.S. erano talvolta dotati di una biblioteca di libri e periodici ). Per Capitini i C.O.S. richiamavano l’esperienza degli “arenghi “, i “parlamenti” dei liberi comuni italiani, salvo il fatto che non erano organi deliberanti. In un opuscolo pubblicato dal C.O. S. di Perugia in occasione delle elezioni amministrative, si legge . ” Con questa iniziativa si costituirà il nuovo, grande Comune. Mentre il Comune del Duecento non estendeva il controllo a tutte le classi e alle donne, questo Comune come viene ideato a Perugia ( e in parte attuato, perchè vi sono già oltre il C.O.S. centrale, otto C.O.S. rionali ), sarà il Comune in cui tutti gli abitanti operano e sono presenti, superando l’eccessivo distacco tra amministratori e amministrati, tra impiegati e pubblico, tra città e campagna . ”
Quanto alle figure che ispirarono Capitini nella creazione dei C.O.S. egli indica San Francecso, Giuseppe Mazzini e Giacomo Matteotti. San Francesco radunava gli uomini per ” celebrare la fraternità della lode di Dio ” , il C.O.S. , scrive Capitini,” ritrova e celebra il proprio spirito collettivo, quello che è Uno in tutti”. Da Mazzini viene ripreso il principio dell’educazione del popolo , ” popolo vivo, autentico, puro, nel ritrovare in sè la legge della propria formazione, del proprio sviluppo, l’imperativo morale dell’incessante cooperazione . ” Matteotti ” instancabile controllatore di bilanci e di statistiche ” viene considerato esempio di profonda esperienza nella buona amministrazione e mirabile figura che seppe unire lo spirito di controllo democratico con l’ideale del socialismo.
Quale fu l’atteggiamento dei partiti politici nei confronti dei C.O.S. ? Capitini ne fa un’analisi nel suo Nuova socialità e riforma religiosa. Innanzitutto egli scrive : ” Il C.O.S. deve poggiare sulla sinistra ma deve essere aperto all’intervento e alla parola di tutti.” La sinistra, aggiunge l’intellettuale perugino, significa “trasformazione sociale, superamento del fascismo…. Non lo stupido andare verso il popolo ma essere popolo. ” E in effetti i C.O.S. ebbero il sostegno iniziale di dirigenti e membri di partiti di sinistra ( repubblicani, azionisti, socialisti, comunisti, libertari, cristiano – sociali ). Con i comunisti vi fu qualche momento di dissenso, ricorda Capitini, in quanto qualche dirigente del Partito voleva fare dei C. O. S. un centro di studi marxisti. Ma ” io – aggiunge l’intellettuale umbro – sostenni che il marxismo non poteva presentarsi che come una teoria, anche se di grande importanza . ”
Ostile ai C.O.S. fu invece la Democrazia Cristiana. Più di una volta Capitini nelle riunioni dei C.O.S. ricordò le forze che avevano consolidato il Regime fascista e non potè fare a meno di menzionare il sostegno del Vaticano soprattutto con il Concordato del ’29. ” Si sarebbe dovuto semplicemente controbattere – scrive Capitini – invece di scomunicare”. Al contrario la DC attaccò l’esperienza del C.O.S. sul proprio giornale definendolo “scolo della città ” e invitò le autorità a chiuderlo.
I C.O.S. si diffusero nella provincia di Perugia e nella provincia di Teramo, ma ne sorsero anche a Ferrara, Firenze, Arezzo, Ancona, Bologna, Nervi e Napoli.
Nel 1948, dopo quattro anni di attività dei C.O.S., Capitini non nascondeva difficoltà e delusione. ” L’Italia – scriveva – sta tornando alle consuetudini del regime imperfettamente democratico e del regime fascista, che sono : distacco delle autorità dal pubblico, democrazia ristretta al Parlamento e ai consigli comunali; conformismo, impotenza di riforme radicali , e al C.O.S. viene tolta perciò la considerazione di un organo necessario. ”
Egli aveva operato due tentativi di mantenere viva l’esperienza dei C.O.S. . Il primo era stato un invito ai partiti di sinstra a formare dei C.O.S. valendosi delle loro strutture. Ma nessun partito aveva seguito questa strada.
Il secondo era stato quello di inserire i C. O. S. nella struttura dei novemila Comuni italiani. ” Periodiche assemblee popolari” nei rioni e nelle parrocchie “con potere consultivo, ma utilissime al controllo e allo sviluppo democratico “, dovevano, nel progetto di Capitini, ampliare la struttura del Comune. Sarebbe nato così il “grande Comune democratico ” in cui tutti i cittadini sono attivi e collaborano superando il distacco tra governanti e governati, tra città e campagna. Anche questa proposta cadde nel vuoto.
Pertanto l’esperienza dei C.O.S. si esaurì tra ostilità e indifferenza dei partiti. Una sorte inevitabile visto il clima politico del secondo dopoguerra, dove al Regime fascista si andava sostituendo, come Capitini vedeva lucidamente, un Regime partitocratico.
Più o meno negli stessi anni in cui Capitini dava vita ai C. O. S. e svolgeva le sue riflessioni sui limiti della democrazia rappresentativa, la filosofa Hannah Arendt, intellettuale di spicco del Novecento, analizzava il sistema dei partiti moderni. Per la Arendt essi erano caratterizzati da una struttura oligarchica, autocratica e da mancanza di democrazia interna. Ciò aveva causato una crisi della democrazia con i cittadini degradati a semplici elettori, lontanti da una partecipazione attiva alla vita della polis. Per superare questo stato di crisi la Arendt proponeva il recupero della democrazia consiliare. I consigli sono forme di democrazia diretta, esperienze di autogoverno in cui i cittadini partecipano attivamente, discutono, si confrontano con la possibilità di determinare le scelte politiche del proprio paese. La democrazia consiliare si era affermata in diversi momenti della storia: nella Rivoluzione americana, quando Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori della nazione, aveva parlato di “repubbliche elementari ” , nella rivoluzione francese quando erano nate le “sezioni” ; ancora in Francia durante la Comune di Parigi del 1871 ; nella prima ( 1905 ) e nella seconda rivoluzione russa ( 1917 ) , quando si erano costituiti i Soviet.
Questa lunga parentesi sulla filosofia politica della Arendt, ci serve per mettere in evidenza l’importanza della posizione di Capitini. I suoi C.O.S., pur non essendo organi deliberanti, ricordano da vicino la democrazia consiliare della Arendt e l’analisi del sistema democratico proposta dai due intellettuali coincide in molti aspetti. Si tratta di un problema emerso anche in tempi più recenti.” E più che mai oggi – scriveva Paolo Flores D’Arcais nel suo Etica senza fede ( 1992 ) – questo è il compito: inventare istituzioni di democrazia rappresentativa, poichè quelle esistenti mostrano non tanto dei limiti ma l’effetto perverso di produrre nomenklatura, sottrazione di sovranità, disaffezione dei cittadini che si sentono sudditi impotenti. ”
I C.O.S. ebbero vita breve, la loro esperienza si esaurì tra l’ostilità e l’indifferenza dei partiti, ma forse quando riemerge nel dibattito politico – culturale il tema della crisi della democrazia, della degenerazione dei partiti, sarà bene andare a rivivere quell’esperienza e rileggere le pagine di Aldo Capitini, questo mite intellettuale umbro


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