MARIO PANNUNZIO, L’INTELLETTUALE ANTITOTALITARIO
di Pancrazio Caponetto – ” Intransigentemente anticomunista in nome della libertà, intransigentemente antifascista in nome dell’intelligenza, e intransigentemente anticlericale in nome della ragione. ”
Con queste parole il giornalista Vittorio Gorresio definiva, all’atto della scomparsa nel 1968, il suo amico Mario Pannunzio.
Pannunzio era nato a Lucca il 5 marzo 1910. Il padre Guglielmo era un avvocato esponente di spicco del socialismo lucchese, divenuto intorno al 1920 sostenitore acceso della rivoluzione bolscevica.Erano gli anni dell’ascesa del fascismo e la fede comunista del padre di Mario esponeva la famiglia a rischi e pericoli.Pertanto i Pannunzio, nel 1922, si trasferirono a Roma dove Mario frequentò il Liceo classico Terenzio Mamiani.Nel 1927, al termine del percorso liceale, Pannunzio si iscrisse al Partito Nazionale Fascista, ma non partecipò mai attivamente alla vita del regime, tanto che nel secondo dopoguerra, egli definì il suo atteggiamento e quello di molti altri giovani vissuti nel ventennio ” a – fascismo”.
Terminati gli studi liceali, Pannunzio che coltivava interessi artistici ( dall’età di sedici anni si dedicava alla pittura ), storici e letterari, avrebbe voluto iscriversi alla facoltà di architettura, ma il padre lo convinse a frequentare giurisprudenza, dove si laureò nel 1931.
Nello stesso anno partecipò alla Prima Quadriennale di Arte nazionale, espose al pubblico un ritratto della sorella e venne incluso nella lista dei giovani pittori promettenti, stilata dal quotidiano ” Il Popolo d’Italia “. Quel successo – come ha notato Massimo Teodori, biografo e studioso di Pannunzio – fu decisivo per l’evoluzione culturale di Mario che da quel momento venne riconosciuto come giovane intellettuale di spicco negli ambienti artstici e letterari di Roma. L’anno prima egli aveva iniziato la sua collaborazione con la rivista “Il saggiatore ” pubblicando saggi di critica letteraria e artistica, spaziando dal cinema alla letteratura, dalla psicoanalisi alla pittura.
Nel 1933 Pannunzio si lanciò in una nuova inizativa, la pubblicazione di un giornale “Oggi. Settimanale di lettere ed arti. ” Egli ne era proprietario, garante e direttore responsabile coadiuvato da un comitato direttivo di cui facevano parte Antonio Delfini, Eurialo De Michelis, Ugo Betti, Guglielmo Serafini, Elio Talarico e Bonaventura Tecchi. Si trattò di una tappa importante nel percorso culturale ed esistenziale di Pannunzio. In passato aveva curato articoli per riviste non sue, ora da direttore doveva svolgere il compito di organizzatore di cultura e scegliere la linea del giornale, i suoi collaboratori, gli articoli da pubblicare. Ben presto “Oggi ” si affermò tra le più interessanti riviste del panorama culturale italiano, grazie anche alla collaborazione di scrittori e intellettuali come Alberto Moravia, Nicola Chiaromonte, Mario Tobino, Ennio Flaiano. La rivista ebbe però vita breve, in quanto i dissidi tra Pannunzio e De Michelis causarono la cessazione delle pubblicazioni nel 1934.
Agli anni compresi tra il 1935 e il 1938 risale l’esperienza di Pannunzio nel mondo del cinema. Dopo aver seguito il corso al centro sperimentale di cinematografia, egli divenne sceneggiatore, regista e critico, convinto che il cinema fosse la nuova arte in grado, più della letteraratura e della pittura, di capire ed analizzzare la realtà. Pertanto Pannunzio scrisse numerose sceneggiature, fu regista di vari film, critico cinematografico per “Omnibus “, il settimanale di Leo Longanesi e ideatore di una società per la produzione di film.Ha scritto Massimo Teodori in Pannunzio. Dal Mondo al Partito Radicale vita di un intellettuale del Novecento : ” La verità è che, alla fine degli anni Trenta, Pannunzio si affermava come uno dei più moderni e dinamici uomini di cultura d’Italia – letterato, regista e giornalista…”
Nel 1937 Pannunzio si iscrisse all’albo dei giornalisti, scegliendo dopo tante esperienze culturali quella che sarebbe stata la sua professione. Per due anni fu collaboratore del settimanale “Omnibus ” di Longanesi ( giornalista che egli ricordò come un esempio di indipendenza, di libera critica e di dissidenza ). Quando il rotocalco fu chiuso dal regime, Pannunzio insieme all’amico d’infanzia Arrigo Benedetti, ridiede vita, nel 1939, alla vecchia testata “Oggi ” con l’intento di trattare temi di “attualità e politica “. Più che l’erede di “Omnibus”, “Oggi” di Pannunzio e Benedetti, edito da Angelo Rizzoli, può essere considerato il precursore di periodici del dopoguerra: “Il Mondo”, “L’Europeo “, “L’Espresso “. Vi collaboravano scrittori come Alberto Moravia, Tommaso landolfi, Vitaliano Brancati, Corrado Alvaro, Elio Vittorini, Ennio Flaiano; storici come Gabriele Pepe, Luigi Salvatorelli; un filosofo come Adriano Tilgher.
” Oggi” ebbe però vita breve. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania nazista, le sue cronache politiche del tutto prive di entusiastica adesione al conflitto, furono malviste dal regime e dall’ alleato tedesco. “Oggi”, come scrisse Pannunzio nel dopoguerra , rievocando quei momenti, ” fu perseguitato, sequestrato, bruciato nelle piazze, e infine soppresso…
Il settimanale, infatti, nel 1942, venne prima sospeso, su richiesta dell’ambasciatore tedesco Mackensen, poi definitivamente chiuso.
Nel 1943, anno della crisi e del crollo del regime fascista, Pannunzio cominciò a frequentare gli ambienti romani dell’antifascismo liberale che si riconosceva nel ricordo e nella lezione di Giovanni Amendola e Benedetto Croce. Nell’agosto dello stesso anno egli scrisse il suo unico saggio storico – politico, Le passioni di Tocqueville che determinò l’uscita dal tunnel dell’ a – fascismo e il passaggio all’impegno politico nel campo del liberalismo. “Il saggio su Tocqueville – ha scritto Massimo Teodori – è utilizzato da Pannunzio per segnare lo spartiacque interiore tra un passato in cui non si poteva che coltivare interessi culturali rinunciando alla politica perchè costretti dall strettoie del fascismo, e un futuro nel quale gli intellettuali dotati di coscienza civile e di responsabilità morale, devono impegnarsi nella rinascita politica del paese. ”
Di Tocqueville Pannunzio apprezza soprattutto l’idea di libertà. “Tocqueville – scriveva Pannunzio – ama la libertà con sempre maggiore trasporto, quanto più la sente sul punto di spegnersi. Che questa passione trovi sfogo in un vero e proprio sistema non fa meraviglia. Perso ogni carattere personale e istintivo, l’amore della libertà diventa un principio di condotta, una legge divina. ”
Accanto alla libertà il valore della democrazia ( ” Tocqueville non cessa di studiare ed esporre i mezzi che abbisognano per contemperare uguaglianza e libertà…” ) e l’antitotalitarismo, la riflessione sulla dittaura come minaccia per la società.
Il saggio su Tocqueville fu pubblicato sul mensile “XX secolo ” che, insieme all rivista radiofonioca “Onda “, furono i nuovi progetti giornalistici a cui Pannunzio diede vita grazie all’editore di Ascoli Piceno Gianni Mazzocchi. Nel frattempo egli continuava il suo impegno di antifascista curando alcuni fogli clandestini di informazione ispirati ai principi del liberalismo. Scoperto dalle milizie fascista fu rinchiuso , nel dicembre 1943, nel carcere di Regina Coeli, dove rimase settanta giorni, maturando con maggior forza la sua scelta di intellettuale militante.
Uscito dal carcere Pannunzio riprese i contatti con gli ambienti dell’antifascismo liberale in cui militavano intellettuali che in seguito lo avrebbero affiancato nelle sue iniziative politiche e giornalistiche: Nicolò Carandini, Francesco Libonati, Leone Cattani, Mario Ferrara, Nina Ruffini, Carlo Antoni e Panfilo Gentile. Punto di riferimento del liberalismo di Pannunzio era Benedetto Croce col quale condivideva il progetto di un Partito Liberale di ispirazione liberal – democratica e non liberal – conservatrice. Così scriveva infatti, nell’estate del 1944: ” Il partito liberale non è un partito conservatore…Non è un partito di destra. Non difende interessi e privilegi costituiti. Non spalleggia l’alta borghesia, l’alta industria, l’alta finanza…. ”
Queste idee prenderanno vita nel nuovo progetto giornalistico di Pannunzio, il quotidiano ” Risorgimento liberale “, che egli diresse dal giugno 1944 al novembre 1947. Leo Valiani, esponente di spicco del partito d’Azione, sostenne che, con la sua iniziativa Pannunzio diede un notevole contributo all’antifascismo e alla resistenza perchè ” dotò il giornalismo italiano, al momento della partenza dei nazisti e dei fascisti da Roma, del più bel quotidiano che essa abbia avuto in questo quarto di secolo. ”
Altro terreno di lotta del politico Pannunzio fu l’anticomunismo. ” Non fu difficile – ha scritto Massimo Teodori – per un giornalista dotato di strumenti storici e culturali comprendere che nel post – fascismo la principale sfida ai nuovi liberali sarebbe venuta dai comunisti di Togliatti, intenzionati a presentarsi come conciliatori nazionali. ” Pannunzio denunciava la natura totalitaria del Partito Comunista, derivazione dell’ideologia marxista, e non credeva all’operazione politico – culturale di Togliatti che presentava il suo partito come forza moderata erede della tradizione del liberalismo pre – fascista e sostenitrice di “un fronte unico di forze liberali, democratiche e progressive . ”
Nel campo della sinistra Pannunzio guardava con interesse alle posizioni di Giuseppe Saragat e dei socialisti riformisti che criticarono l’alleanza con il partito Comunista e uscirono per questo dal Partito Socialista nel 1947, dando vita ad una nuova formazione politica: il Partito Socialista dei lavoratori Italiani. In quell’occasione Pannunzio scrisse: ” i veri socialisti avvertono che il vero nemico della emancipazione del proletariato è proprio il comunismo russo, che col suo implacabile autocratismo getta negli animi il sospetto, la paura, la reazione…il dissidio della vita moderna è tutto tra liberalismo e comunismo, tra democrazia e dittatura e…il socialismo o è liberalismo o è comunismo.”
Il pericolo per la giovane democrazia italiana post – fascista non era solo il comunismo. Scriveva infatti Pannunzio, alla vigilia delle elezioni per l’Assemblea Costituente nel 1946: ” Accanto ai comunisti, i democristiani portano in Europa uno spirito settario, dogmatico, conformista: Entrambi odiano, per ragioni diverse, la discussione, la critica, il libero esame, il pensiero…” Egli si batteva per tenere unite le diverse anime del Partito Liberale in vista della costituzione di una “terza forza ” riformatrice, necessaria nel panorama politico italiano per fronteggiare comunisti e democristiani. Il progetto fallì. Al congresso liberale del 1947 la maggioranza andò al gruppo dei monarchici – conservatori che strinsero un’alleanza elettorale col movimento dell’Uomo Qualunque ( che Pannunzio considerava ” fragorosa parodia del liberalismo ” ). Il gruppo della ” sinistra liberale ” in cui Pannunzio si riconosceva e che proponeva invece un’alleanza col Partito repubblicano e con i social – riformisti di Saragat, venne sconfitto, pertanto egli lasciò il partito e la direzione di “Risorgimento liberale “.
L’uscita dal PLI non significò per Pannunzio l’abbandono del progetto della “terza forza”. Egli riprese i contatti con Gianni Mazzocchi, l’editore col quale aveva già lavorato. Insieme decisero di pubblicare un giornale che fosse punto di riferimento per le forze liberal – democratiche. Essi ripresero la testata che fu di Giovanni Amendola, “Il Mondo “, sulla quale era stato pubblicato nel 1922, Il manifesto degli intellettuali antifascisti scritto da Benedetto Croce. Fu così che dal febbraio1949 comparve nelle edicole, con la direzione di Mario Pannunzio, ” Il Mondo”, quello che sarebbe stato, secondo Massimo Teodori, il più famoso settimanale politico – economico e culturale della Repubblica.
Collaborarono a “Il Mondo” gli esponenti della sinistra liberale Ferrara, Carandini, Cattani, Libonati, Gentile e Carlo Antoni insieme ad azionisti come l’economista Ernesto Rossi, il giurista Mario Boneschi, il filosofo Guido Calogero, gli storici Aldo Garosci e Leo Valiani, lo scrittore Nicola Chiaromonte. Tra le firme de “Il Mondo” esponenti del primo antifascismo come Benedetto Croce, Gaetano Salvemini e don Luigi Sturzo ; politici di spicco come il liberale Lugi Einaudi, il socialdemocratico Giuseppe Saragat, il repubblicano Ugo La Malfa; giovani destinati ad un grande futuro nella politica e nella cultura italiana come Giovanni Spadolini ,Eugenio Scalfari e Alberto Arbasino.
Fu soprattutto Benedetto Croce, finchè visse, ( 1952 ) a rappresentare il filosofo di riferimento degli intellettuali de ” Il Mondo “. In una lettera al ” vecchio maestro “, Pannunzio, presentando il progetto del nuovo giornale, scriveva: ” Ma vorrei, più di ogni altra cosa, che il giornale rispecchiasse quella fede nel liberalismo che mi anima insieme con i miei collaboratori e che unisce più che mai, gli uomini liberi che hanno attinto negli anni tristi del fascismo, il suo insegnamento…”
Tuttavia all’ispirazione principale del settimanale, Pannunzio seppe aggiungere nuova linfa con l’innesto dell’antifascismo azionista di Gaetano Salvemini. ” Nell’affidare a Salvemini un ruolo primario, – ha scritto Massimo Teodori – Pannunzio aggiunse ai profili tradizionali del “Mondo ” – l’antifascismo e l’anticomunismo – anche una dimensione anticlericale che riteneva indispensabile alla difesa della laicità nella temperie degli anni Cinquanta . ”
Salvemini si dichiarava antifascista, anticomunista e anticlericale perchè non accettava alcun totalitarismo ” nè ecclesiastico, nè secolare” ; era favorevole all’abolizione del Concordato ; attaccava la politica del papa e delle gerarchie vaticane in quanto la giudicava inconciliabile con la democrazia.
Pannunzio riuscì nel miracolo di far convivere sul suo giornale lo storico azionista Salvemini, il filosofo Croce, e un economista liberale come Luigi Einaudi.
A metà degli anni Cinquanta Pannunzio sentì il bisogno di affiancare la sua attività di giornalista con un impegno più direttamente politico. Fu così che egli divenne “il tessitore ” che guidò diverse forze poltiche a confluire in un nuovo partito: il partito radicale. Pannunzio definì il nuovo partito “larga formazione politica ” ispirata a una “concezione moderna e civile del liberalismo, a quella concezione che Benedetto Croce ebbe a definire in una parola ‘radicale’. ”
Nel partito, nato nel 1956, confluirono la sinistra liberale, gli ex azionisti, tra cui Ernesto Rossi, Leo Valiani e Mario Boneschi, i giovani dell’Unione Goliardica italiana, organizzazione studentesca che diede al partito Marco Pannella, Gianfranco Spadaccia, Lino Jannuzzi, Franco Roccella, Tullio De Mauro, Mauro Mellini. La linea politica dei radicali aveva come obiettivo la costruzione di una “terza forza”, d’intesa con i partiti laici e i socialisti riformisti, alternativa ai clerico – democristiani e ai comunisti.
Il PR, guidato dalle colonne de “Mondo”, da Pannunzio, si presentò alle elezioni politiche del 1958, alleandosi con i repubblicani. L’alleanza repubblicana – radicale prese 400.000 voti circa, meno di quelli ottenuti dal solo PRI nel 1953. Si trattò di un chiaro insuccesso.
Vasta eco ebbero invece, nel panortama politico – culturale italiano i convegni di studio organizzati dal “Mondo ” su proposta di Ernesto Rossi. Furono una dozzina di incontri finalizzati alla discussione dei problemi più urgenti della società italiana. Fra questi la lotta contro i monopoli, la speculazione edilizia, l’organizzazione della scuola pubblica, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, i rapporti Stato – Chiesa. Aderendo al progetto di Rossi, Pannunzio ” maturò l’idea che i radicali, più che un partito organizzato, dovessero configurarsi come un gruppo di pressione dedito alle attività di studio delle riforme liberali e democratiche per l’Italia in rapida trasformazione. ” ( Massimo Teodori, Pannunzio. Dal “Mondo” al Partito radicale: vita di un intellettuale del Novecento ).
il PR di Pannunzio ebbe vita breve, nato nel 1956, si dissolse nei primi anni ’60. Fatale fu la frattura tra quanti, come Piccardi e Scalfari, ritenevano necessaria un’alleanza con il PSI e l’ala filo repubblicana che faceva capo a Pannunzio e alla vecchia sinistra liberale.
Altro motivo di scontro fu costituito dal caso Piccardi. Lo storico Renzo De Felice rese noto nel suo libro Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, che Leopoldo Piccardi, membro della segretria del PR, aveva partecipato durante il ventennio, a due convegni sulla questione razziale. Pannunzio e il gruppo dei liberali di sinistra chiesero che lasciasse la segreteria del PR. Piccardi venne difeso da Ernesto Rossi che non mancò di ricordare le esperienze giornalistiche di Pannunzio all’ombra del fascismo, ma soprattutto affermò che la polemica era scoppiata a causa di un dissenso politico che non si voleva affrontare a viso aperto. Lo scontro all’interno del partito sul caso Piccardi determinò nel 1962, l’abbandono del PR da parte di Pannunzio e dell’ intero gruppo del “Mondo “. Egli insieme a Cattani, Carandini e Libonati diede vita al movimento degli ” Amici del Mondo “, che non riuscì ad avere peso nella politica italiana.
Uscito dal PR Pannunzio mantenne in vita ancora per qualche anno ( fino al 1966 ) la sua cretaura ” Il Mondo “, guardando con crescente delusione all’esperienza politica del centro – sinistra, nella quale aveva riposto speranza. Lo storico del giornalismo Paolo Murialdi ha considerato positivo il bilancio del “Mondo”, per ” l’azione svolta negli anni del centrismo e per la funzione di coscienza critica della sinistra democratica svolta in modo intransigente.”
Negli ultimi due anni di vita ( Pannunzio morì a Roma il 10 febbraio 1968 ), privo di impegni nel giornalismo e nella politica egli pensò a nuove iniziative editoriali, ridare veste e voce alla sua testata “Il Mondo “, come testimonia un ricordo del suo amico Nicolò Carandini.
Leo Valiani, un altro suo fraterno amico, così lo ha ricordato dopo la morte : ” Con Mario Pannunzio, s’è spento uno degli ultimi grandi antifascisti liberali. Il suo nome sarà ricordato accanto a quelli di Giovanni Amnedola e di Luigi Albertini. In tempi di corruzione egli fece del suo giornale un impareggiabile strumento di libero esame, d’intransigente battaglia del vero contro il falso e preferì rinunciarvi piuttosto che adulterare la voce che gli sgorgava spontanea dalla coscienza. “
Nel 2010 la casa editrice Arnoldo Mondadori ha pubblicato il libro dello storico e saggista Massimo Teodori, Pannunzio. Dal “Mondo” al Partito radicale: vita di un intellettuale del Novecento.
Dall’opera sono sate tratte molte notizie e citazioni utili alla stesura di questo articolo.
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