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LUIGI MOLINARI PIONIERE INTREPIDO DI OGNI LIBERTA’

di Pancrazio Caponetto – “ Due cose sono dannose: la religione che conduce gli uomini alla superstizione e le leggi che intralciano l’andamento della evoluzione naturale .”
Queste parole, tratte da un passo della prefazione del libro I lavoratori del mare di Victor Hugo, erano il tema di una conferenza tenuta a Carrara nel dicembre 1893, dall’avvocato anarchico Luigi Molinari.Dopo lo scoppio dei moti popolari della Lunigiana, nel gennaio 1894, Molinari sulla base degli indizi costituiti dalla conferenza da lui tenuta, venne arrestato, accusato di essere il principale promotore della rivolta e condannato dal Tribunale militare a 23 anni di reclusione. La condanna di Molinari, come si vedrà, farà scalpore e diventerà un caso anche nell’opinione pubblica moderata. Ma chi era Luigi Molinari, “ pioniere intrepido di ogni libertà,lavoratore generoso per il grande ideale di giustizia”, così come venne definito, dopo la morte, sulla rivista “ Università popolare” ?
Luigi Molinari era nato a Crema nel dicembre 1866. Si formò negli studi giuridici all’Università di Pisa, dove si laureò nel 1889 e dove ebbe come compagno Pietro Gori, futuro esponente di spicco dell’anarchismo italiano. Dopo la laurea si trasferì a Mantova per esercitare la professione di avvocato. A Mantova si avvicinò al socialismo anarchico diventando direttore del giornale “La favilla”, fondato nel 1866 dal patriota Paride Suzzara Verdi, come organo di stampa della sinistra democratica di orientamento repubblicano e spostatosi nel tempo sulle posizioni dell’anarchismo di Bakunin.
Fra i contadini del mantovano iniziò il suo impegno nella lotta politica affiancato da un’intensa attività come avvocato, studioso, conferenziere e animatore di pubblici dibattiti.
Dopo il congresso di Genova del 1892, in cui si consumò la rottura fra socialisti ed anarchici, Molinari si schierò con questi ultimi criticando le posizioni di socialisti italiani come Filippo Turati e Camillo Prampolini.
Nel 1893 difese in un processo, insieme a Pietro Gori, l’anarchico Paolo Schicchi che aveva fatto esplodere una bomba al consolato spagnolo di Genova. In quell’occasione fu condannato a tre giorni di reclusione per ingiurie ai giudici della corte.
Molto più pesante la condanna a 23 anni subita nel1894, dopo lo scoppio dei moti della Lunigiana. Qui, il 13 gennaio, gli anarchici diedero vita a un tentativo di insurrezione armata che fu stroncato dal Presidente del Consiglio Francesco Crispi con la proclamazione dello stato di assedio.
Molinari giunse a Carrara nel dicembre del 1893 e tenne una serie di conferenze fra i lavoratori delle cave di marmo. Tornato a Mantova alla fine dell’anno, venne arrestato il 16 gennaio 1894 e consegnato al Tribunale straordinario di guerra di Massa. Le autorità alla ricerca di un capro espiatorio da condannare con pena esemplare, videro in Molinari il principale promotore dei moti della Lunigiana e individuarono nella conferenza di cui si è detto all’inizio, una delle prove della sua attività sovversiva. A suo carico vi era anche un canto ,“ L’inno alla rivolta “ ,diffuso, tra gli agitatori della Lunigiana e di cui Molinari era l’autore. Egli però aveva lasciato la Lunigiana quindici giorni prima che scoppiassero i moti e pertanto era estraneo al loro svolgersi.
La pesante condanna di Molinari divenne un vero e proprio “caso”. Sulla stampa, in Parlamento, nell’opinione pubblica ci si mobilitò per la sua liberazione. Venne presentato un ricorso contro la condanna, al quale aderì anche l’ex Ministro della giustizia Luigi Zanardelli. Decisiva fu poi una lettera inviata al Re e sottoscritta da 35000 cittadini milanesi che chiedevano la liberazione di Molinari. Dopo una riduzione della pena, l’avvocato anarchico verrà così scarcerato grazie al condono del settembre 1895.
Dopo la liberazione Molinari si ritirò per qualche anno a vita privata, per rimettersi in salute e per accudire il padre anziano. Con l’inizio del nuovo secolo ritornò all’attività politico – culturale fondando a Mantova, nel febbraio 1901, la rivista “Università popolare”,collaborando a numerosi periodici anarchici e ponendosi sempre in prima fila nelle occasioni in cui vi era da difendere la libertà di pensiero e di espressione. A questo proposito scriverà nel 1902, su “Università popolare”, dopo aver invano tentato di prendere la parola senza autorizzazione al congresso socialista: “ La tribuna dell’oratore pubblico deve essere libera; nessuna autorità regia o socialista ha il diritto di impedire la manifestazione del pensiero. Questo deve volere il popolo nell’interesse suo, della giustizia e della verità.”
Nel 1904 pubblicò la sua opera più importante Il tramonto del diritto penale. Nell’introduzione al suo lavoro egli denunciò gli orrori e le ingiustizie che hanno accompagnato la storia della civiltà:
“ Scrivo senza rancore. – leggiamo nel libro di Molinari – Il rancore genera l’odio e la vendetta, ed è appunto contro l’odio e la vendetta, brutalmente esercitata dalla collettività in nome di una pretesa civiltà, di una pretesa giustizia, che mi accingo a scrivere. La via del progresso è segnata nella sua spira ascendentale da terribili errori, da croci enormi, da roghi spaventosi.La persecuzione degli eretici, gli auto-da fe, la tortura e la berlina, pene inflitte dalla ignoranza alla infelicità, il trattamento feroce usato fino a pochi lustri or sono verso i poveri dementi, sono altrettante macchie sociali, vergogna del passato, monito al presente.”
Trasferitosi a Milano nel 1906, per alcuni anni si dedicò con gli scritti, con le conferenze, con i dibattiti, a far conoscere l’opera del pedagogista anarchico Francisco Ferrer e i metodi di insegnamento della sua scuola moderna. Dopo la condanna a morte di Ferrer, Molinari si considerò il continuatore del suo lavoro, tentando di dar vita a scuole ispirate agli ideali dell’educatore spagnolo. Si interessò,infatti, attivamente all’attività della società cooperativa “ La scuola moderna di Francisco Ferrer”, nata nel 1913, che aveva acquistato alla periferia di Milano un terreno dove erano iniziati i lavori di un piccolo edificio. A sostegno dell’iniziativa e alla ricerca di fondi, Molinari scrisse un “Appello ai liberi pensatori”.
La sua opera nel campo della cultura fu strettamente congiunta con l’attività politica, in questi anni, infatti, Molinari divenne esponente di primo piano dell’anarchismo e strinse contatti epistolari con altri leaders anarchici come Errico Malatesta e Petr A. Kropotkin.
Negli anni che precedono lo scoppio della Prima guerra mondiale, egli si impegnò a fondo nella propaganda antimilitarista e fu tra i primi ad aderire all’appello lanciato dal Comitato che era nato in difesa di Augusto Masetti, un soldato anarchico, rinchiuso in manicomio dopo aver ferito un colonnello con un colpo di fucile e diventato simbolo della lotta antimilitarista.
Vivaci furono anche le polemiche con esponenti dell’interventismo che sostenevano che gli anarchici fossero favorevoli alla guerra.
Negli anni della guerra continuò le sue attività culturali e politiche ma con crescenti difficoltà : la scuola Ferrer di Milano fu costretta alla chiusura; per il suo impegno antimilitarista fu sottoposto a continua sorveglianza della polizia.
Il suo ultimo sforzo fu costituito da una serie di conferenze sulla Comune di Parigi tenute nel 1917. Morì a Milano il 12 luglio 1918. Al suo funerale furono presenti numerosi anarchici, socialisti, liberi pensatori. La rivista “Università popolare”, da lui fondata e diretta, gli dedicò un ultimo numero, dove lo ricordò con queste parole. “ Luigi Molinari non è più. L’uomo buono, l’austero intelletto, l’educatore, il maestro è scomparso il 12 luglio di quest’anno. Il pioniere intrepido di ogni libertà, il lavoratore generoso per il grande ideale della giustizia è caduto anzitempo…Chi colmerà ora il grande vuoto che egli lascia dietro a sé e continuerà degnamente l’opera incominciata? Il fuoco – simbolo di sua vita – ne consumò bensì le sembianze, ma non ne strusse lo spirito animatore che agita noi pure… A noi dunque tutti, sollevare in alto, sempre più in alto, la fiamma purificatrice che deve rinnovare il mondo. Avremo così ben meritato dell’Uomo che ricordiamo e glorifi­chiamo”.

“L’inno alla rivolta”, detto anche “Inno del Molinari “ si può ascoltare sul sito
www.ildeposito.org Disponibile anche il testo del canto, di cui riportiamo le strofe finali:
“ E noi cadrem in un fulgor di gloria,
schiudendo all’avvenir novella via:
dal sangue spunterà la nuova istoria
de l’Anarchia. “


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