Esclusione dalla gara per precedente risoluzione contrattuale quale grave illecito professionale
Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Forniture pubbliche – Pregressa risoluzione anticipata di un precedente contratto – Per significative carenze nell’esecuzione – Art. 80, comma 5, lett. c, d.l. n. 135 del 2018 – Non ricorre.
Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Forniture pubbliche – Pregressa risoluzione anticipata di un precedente contratto – Per significative carenze nell’esecuzione – Accertamento incidentale in sede di impugnazione degli atti di gara – Possibilità.
Contratti della Pubblica amministrazione – Appalto fornitura – Equivalenze – Art. 68, d.lgs. n. 50 del 2016 – Ammissibilità.
Contratti della Pubblica amministrazione – Esclusione dalla gara – Esclusione illegittima – Impugnazione – Annullamento in sede giurisdizionale – Conseguenza – Inefficacia del contratto ex art. 122 c.p.a..
Il nuovo testo dell’art. 80, comma 5 lett. c) del codice dei contratti, nella sostituzione operata già con il d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 e confermata dalla legge di conversione 11 febbraio 2019, n. 12, non contempla più, quale specifica ipotesi di grave illecito professionale tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità dei concorrenti alle gare d’appalto di lavori, di servizi o alle gare per forniture pubbliche, la pregressa risoluzione anticipata di un precedente contratto determinata da significative carenze nell’esecuzione che abbiano potuto determinare, in alternativa, anche una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni (1).
In sede di impugnazione degli atti di una gara pubblica è consentito al Giudice amministrativo procedere, ai sensi dall’art. 8, comma 1, c.p.a. ai fini della valutazione di illegittimità anche sostanziale della disposta esclusione, all’accertamento incidentale della illegittimità della pregressa risoluzione contrattuale assunta a base dell’esclusione dalla gara quale grave illecito professionale, ancorché tale risoluzione non sia stata impugnata.
L’avere la stazione appaltante specificamente richiesto un prodotto (nella specie, anticongelante anticorrosivo) prodotto dalla una specifica azienda, confligge con la disposizione di cui all’art. 68, comma 6, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 che con lessico puntuale e categorico fa divieto alle stazioni appaltanti di predisporre negli atti di gara delle specifiche che menzionino una fabbricazione o una provenienza determinata dei prodotti o un procedimento caratteristico degli stessi ovvero servizi, forniti da un operatore economico specifico, né – con specifica aderenza al caso all’esame – “far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica”, elementi tutti che, con espressione ancor più perentoria, “avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti” (2).
A seguito di annullamento di aggiudicazione derivante da illegittima esclusione dell’impresa posizionatasi prima in graduatoria, il contratto stipulato con la controinteressata, va dichiarato inefficace ai sensi dell’art. 122 c.p.a., considerata, ai sensi di detta norma, l’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati (essedo stata invero, come precisato, la ricorrente stessa già individuata come migliore offerente e “aggiudicataria provvisoria”) con la precisazione (art. 121, comma 1, c.p.a.) che l’inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire, e ai sensi dell’art. 122 c.p.a. – secondo il quale il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza.
(1) Ha chiarito il Tar che l’espunzione dal testo dall’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 di pregressa risoluzione contrattuale o di condanna al risarcimento o ad altre sanzioni, determinate da “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”, contemplata dall’originaria versione del codice, fa tabula rasa di ogni questione, concernente la pregressa risoluzione, togliendo così rilievo alla necessità che essa, per poter essere addotta dall’amministrazione non debba essere stata impugnata dal concorrente ovvero, se impugnata, debba essere stata confermata all’esito di un giudizio, come disponeva l’originario testo dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice.
Ai fini della partecipazione ad una gara, pertanto, l’impugnazione dell’annotazione nel Casellario informatico attualmente gestito dall’ANAC, in precedenza Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, non è necessaria stante, come noto, la non derivazione da essa dell’automatica esclusione.
Ha aggiunto la Sezione che nel vigore del nuovo testo della lett. c) del comma 5 dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici è pertanto rimessa all’apprezzamento della stazione appaltante l’individuazione in concreto delle fattispecie riconducili a “gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia” l’integrità o l’affidabilità dei concorrenti, casi nella sussistenza dei quali in ossequio all’art. 80, comma 5, primo periodo, “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’art. 105, coma 6”.
Soppressa quindi ogni fattispecie positivizzata di grave di grave illecito professionale atto ad insinuare il dubbio sull’affidabilità dei concorrenti, l’apprezzamento che è commesso all’amministrazione, per quanto ed anzi proprio perché discrezionale, soggiace all’onere di adeguata, ponderata e congrua motivazione, quale contrappeso della accentuazione dell’obbligo di motivazione onde scongiurare arbìtri applicativi e dequotazione delle garanzie sottese ai principi generali del procedimento amministrativo, promananti dall’art. 97 Cost., declinati all’art. 1, comma 1, l. n. 241 del 1990, e specificamente enunciati in materia di affidamento dei appalti pubblici e concessioni all’art. 30, comma 1, secondo periodo del d.lgs. 18 aprile 2019, n. 50 che li individua, in aggiunta a quelli di “economicità, efficacia, tempestività e correttezza” di cui al primo periodo, altresì nei “principi di libera concorrenza, non discriminazione trasparenza, proporzionalità.”
Né il procedimento potrà essere ripristinando emendandolo ora per allora dei riscontrati profili di eccesso di potere per carenza di presupposti e carenza di motivazione e di violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, ostandovi i principi generali dell’attività amministrativa di economicità, efficacia e concentrazione procedimentale e di non aggravamento recati dall’art. 1, commi 1 e 2, l. 7 agosto 1990, n. 241 nonché i già ricordati principi specificamente eretti a canoni (dal greco Kànon, regola) per l’affidamento e l’esecuzione di appalti e concessioni, dall’art. 30, comma 1, primo periodo del codice dei contratti pubblici, profilandosi maggiormente ostativi ad un’ipotetica riedizione del potere amministrativo nel caso di esclusione disposta successivamente alla formazione della graduatoria e della proposta di aggiudicazione, i principi di efficacia, tempestività e correttezza.
L’amministrazione ha infatti consumato il potere di esclusione, intervenuto invero non nei prodromi della procedura concorsuale in guisa da configurare la tradizionale esclusione dalla partecipazione e dall’ulteriore corso della gara, bensì all’epilogo della procedura stessa, a valle dell’avvenuto esame della documentazione, dell’offerta tecnica e dell’offerta economica.
(2) Ha aggiunto la Sezione che ove anche le specifiche tecniche particolari siano consentite (ossia “in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando il comma 5”), l’art. 68 in disamina stabilisce che comunque “in tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall’espressione <<o equivalente>>”.
Quale clausola di salvaguardia dell’ammissibilità delle offerte e sanzionatoria dell’agere difforme delle amministrazioni appaltanti, l’art. 68, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce il significativo divieto di declaratoria di inammissibilità dell’offerta se il concorrente dimostra con qualsiasi mezzo di prova l’equivalenza della soluzione proposta o del prodotto o servizio da essa fornito.
Tar Lazio, sez. III, 12 giugno 2020, n. 6498 – Pres. Daniele, Est. Graziano