Alcoltest: anche se lo rifiuta, il conducente deve sapere che può chiamare un avvocato
Cassazione Penale, Sezione Quarta, Sentenza n. 13493 del 30/04/2020
Il sistema di garanzie delineato dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 354 cod. proc. pen. scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento in via strumentale, che ha natura indifferibile e
urgente, del tasso alcolemico, ovvero richieda alla struttura sanitaria di sottoporre il conducente ai prelievi necessari alla verifica dello stato di ebbrezza. La verifica tecnica prende dunque avvio con la richiesta di sottoporsi al test
strumentale ovvero alle analisi cliniche e, in tale scansione, l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della stessa e delle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato.
Solo il conducente ritualmente avvisato della facoltà di avvalersi di un’assistenza difensiva, potrà poi determinarsi al rifiuto dell’accertamento e realizzare così la condotta prevista dalla fattispecie incriminatrice.
La Corte, dunque, non intende discostarsi dall’orientamento secondo il quale l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore va dato anche nel caso in cui l’interessato si rifiuti di sottoporsi all’accertamento (sent. n.34383/2017 cit.), dovendosi ribadire che l’avvertimento deve essere rivolto al conducente del veicolo al momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test.
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Cassazione Penale, Sezione Quarta, Sentenza n. 13493 del 30/04/2020
Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE
Relatore: MENICHETTI CARLA
Data Udienza: 22/01/2020
sul ricorso proposto da:
D.M.
avverso la sentenza del 17/05/2019 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CARLA MENICHETTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA CASELLA
Il Proc. Gen. conclude per annullamento senza rinvio perche’ il fatto non sussiste.
nessun difensore e’ presente.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 17 maggio 2019 la Corte d’Appello di Torino confermava la condanna resa dal Tribunale di Verbania nei confronti di D.M., quale responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 186, commi 7, 8 e 2-bis CdS, per essersi rifiutato di sottoporsi ai controlli volti all’accertamento del tasso alcolemico e dell’assunzione di sostanze stupefacenti, dopo aver provocato un incidente stradale.
2. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando, con un unico articolato motivo, vizio di motivazione, violazione di legge penale e di norme processuali.
Deduce che già in sede di appello aveva eccepito che non poteva ritenersi integrato il reato di rifiuto agli accertamenti irripetibili richiesti dalla polizia giudiziaria, in difetto del preventivo avviso ex artt. 354 cod. proc. pen. e 114 disp.
att. cod. proc. pen, e che la Corte territoriale non si era pronunciata sul punto, limitandosi ad affermare – in maniera del tutto apodittica – che a fronte del convinto rifiuto opposto dal conducente agli accertamenti sanitari “la presenza del difensore non sarebbe servita certo a fargli cambiare idea”, e che comunque l’assistenza dell’avvocato era prevista solo laddove l’interessato avesse accettato di sottoporsi al prelievo e non preventivamente.
Di qui la richiesta di annullamento dell’impugnata sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. La necessità o meno dell’avvertimento di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. in caso di rifiuto dell’imputato di sottoporsi ad alcoltest registra nella giurisprudenza di questa Corte due orientamenti diversi.
Secondo il primo, condiviso dalla Corte territoriale nell’impugnata sentenza, quando si procede per il reato di guida in stato di ebbrezza, l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione
dell'”alcoltest” non ricorre se l’imputato abbia rifiutato di sottoporsi all’accertamento.
Il tema viene in realtà succintamente trattato in due pronunce (Sez. 4, n. 43845 del 26/09/2014, Rv. 260603, confermata da Sei. 4, n. 34470 del 13/05/2016, Rv. 267877), nelle quali si afferma che sostenere che l’imputato, ove edotto della facoltà
di farsi assistere e reperito in tempo reale un legale, su consiglio di questi non avrebbe ricusato l’accertamento, costituisce spio una manifesta congettura, incompatibile con il precetto di legge, che impone l’avvertimento allorquando debba farsi luogo al test.
In un più recente arresto (Sez. 4, n. 4896 del 16/01/2020, Lachhab) si è detto, che “l’avvertimento di cui all’art. 114 disp. att, cod. proc. pen. è previsto nell’ambito del procedimento volto a verificare la presenza dello stato di ebbrezza e l’eventuale presenza del difensore è volta a garantire che il compimento dell’atto in questione, in quanto atto a sorpresa e non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini. Il procedimento, in altri termini è certamente in corso allorquando si registra il rifiuto dell’interessato di sottoporsi all’alcoltest ma a questo punto, e nel momento stesso del rifiuto, viene integrato il fatto reato sanzionato dall’art.186, comma 7, CdS”.
Si è osservato ancora che l’art.354 cod. proc. pen„ riguardante gli accertamenti urgenti demandati alla polizia giudiziaria, laddove adopera la locuzione “nel procedere al compimento degli atti”, indica chiaramente che ci si accinge a compiere l’atto, nella specie di rilevazione dell’alcolemia mediante etilometro, e dunque, “se ci si sta apprestando a compiere l’atto significa che l’interessato vi ha acconsentito. Il rifiuto eventuale – e con esso il reato istantaneo di cui all’art.186, comma 7, CdS – viene prima”.
3. Del tutto diverso l’orientamento espresso da altre pronunce, nelle quali si è statuito che l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l’interessato rifiuti di sottoporsi all’accertamento (Sez. 4, n.34383 del 6/6/2017, Rv.270526).
Ciò perché il sistema di garanzie delineato d& combinato disposto degli artt. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 354 cod. proc. pen. scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento in via strumentale, che ha natura indifferibile e urgente, del tasso alcolemico, ovvero richieda alla struttura sanitaria di sottoporre il conducente ai prelievi necessari alla verifica dello stato di ebbrezza.
La verifica tecnica prende dunque avvio con la richiesta di sottoporsi al test strumentale ovvero alle analisi cliniche e, in tale scansione, l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della stessa e delle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato.
Seguendo tale filone giurisprudenziale, solo il conducente ritualmente avvisato della facoltà di avvalersi di un’assistenza difensiva, potrà poi determinarsi al rifiuto dell’accertamento e realizzare così la condotta prevista dalla fattispecie incriminatrice (in tal senso anche Sez.4, n.14651 del 21/02/2018, Cairoli, non massimata).
4. Tale secondo orientamento va ribadito in questa sede.
5. Occorre prendere le mosse dal dato normativo, che è opportuno richiamare.
I principi generali sono contenuti negli artt. 354 e 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen. Il primo articolo (Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro) dispone che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero (comma 1) e, se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi si alterino, si disperdano o comunque si modifichino prima dell’intervento del pubblico ministero ovvero prima che questi assuma la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose (comma 2) e sulle persone diversi dalla ispezione corporale (comma 3).
L’art. 356 cod. proc. pen. attribuisce poi al difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli artt. 352 (Perquisizioni) e 354.
La disposizione attuativa di cui all’art. 114 prevede che nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
6. Il quadro normativo di riferimento contenuto nel Codice della Strada è il seguente.
L’art. 186, comma 3, dispone che al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 4, gli organi di Polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili (cd. pre-test con uso di precursore etilometrico).
Il successivo comma 4 dà poi facoltà ai medesimi organi di Polizia stradale, in caso di esito positivo degli accertamenti di cui al comma 3, in ogni caso di incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, di effettuare l’accertamento dello stato di ebbrezza con strumenti o procedure determinati dal Regolamento.
Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia Stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate (comma 5).
Il rifiuto di tali accertamenti, ai sensi del comma 7, costituisce reato. Il Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada detta all’art. 379 norme precise di comportamento per l’accertamento dello stato di ebbrezza stabilendo espressamente (comma :3) che “Nel procedere ai predetti accertamenti, ovvero quando si provveda a documentare il rifiuto opposto dall’interessato, resta fermo in ogni caso il compito dei verbalizzanti di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell’art. 347 del codice di procedura penale, le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida”.
7. Tale ricognizione normativa porta a ritenere non corretto il ragionamento sviluppato della Corte di merito, la quale ha aderito, come si è detto, al primo degli orientamenti espressi dalla Corte di legittimità (richiamato al punto 2 di queste considerazioni in diritto), cui questo Collegio intende invece discostarsi per le considerazioni che seguono, che portano a concludere nel senso dell’applicazione al conducente delle garanzie difensive della procedura accertativa sin dal suo avvio, indipendentemente dalla scelta dell’interessato di sottoporsi all’alcoltest ovvero di opporre un rifiuto.
L’alcoltest è un accertamento sulla persona cui è indiscutibilmente applicabile l’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., disposizione prevista a tutela del diritto all’assistenza difensiva, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno ritenuto che il mancato avvertimento in parola integri la nullità di ordine generale contemplata dall’art. 178, lett. c) cod. proc. pen. (S.U. n. 5396 del 29/01/2015, P.G. in proc. Bianchi, Rv. 263023).
La polizia giudiziaria è quindi tenuta “nel procedere” al compimento dell’accertamento (quindi prima di procedervi) ad avvertire la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
Si tratta di una facoltà difensiva il cui esercizio deve fronteggiarsi con l’urgenza e indifferibilità dell’alcoltest, dando vita a contemperamenti che si traducono, essenzialmente, nell’esclusione del diritto del difensore nominato di essere previamente avvisato e del dovere della polizia giudiziaria di attendere l’arrivo del difensore eventualmente nominato (in tal senso Sez, 4, n.41178 del 20/07/2017, Rv. 270772; Sez. 6, n.11908 del 23/10/1992, Rv. 192917).
Questo naturalmente non preclude all’indagato, preavvertito della facoltà, di mettersi in contatto con il difensore, di chiedere e ricevere i consigli del caso; né impedisce al difensore di essere presente all’accertamento, se, ad esempio, si trovi nelle vicinanze del luogo in cui si stia procedendo al medesimo e sia in grado di intervenire nello spazio di pochi minuti e di esercitare la difesa, ad esempio richiedendo la verbalizzazione di eventuali osservazioni riguardanti i presupposti e le modalità di esercizio del potere da parte degli organi di polizia, che potrebbero rendere legittimo il rifiuto di sottoporsi all’accertamento.
L’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve, dunque, essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale all’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al
relativo test. In tale momento agli organi di polizia non è stata data ancora la possibilità di attestare se l’interessato si sottoporrà alla prova o rifiuterà di farlo.
L’inosservanza del dovere dell’avvertimento genera – come si è detto – una nullità di ordine generale il cui regime di rilevabilità/deducibilità è quello contemplato dall’art. 180 cod. proc. pen. La nullità determina l’inutilizzabilità dei risultati dell’alcoltest, se effettuato. E determina altresì la nullità della procedura di cui al comma 4 dell’art. 186, con la conseguenza che il consecutivo rifiuto perde il rilievo penale che avrebbe, ai sensi del comma 7, se l’obbligo di agire, cioè di sottoporsi all’accertamento, si fosse ritualmente formato.
La contravvenzione di cui al comma 7 si perfeziona – è vero – con il rifiuto dell’interessato e dunque nel momento in cui l’agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all’accertamento, ma come affermato dalle Sezioni Unite – perché il rifiuto possa integrare detta contravvenzione deve trattarsi di accertamento legittimamente richiesto in presenza di alcuna delle condizioni previste dall’art.186, commi 3, 4 e 5 (così S.U., n. 46625 del 29/10/2015, Zucconi, Rv. 265025).
Si è già visto che l’art. 186 disciplina, ai citati commi 3 e 4, i presupposti e le modalità dell’esercizio del potere conferito agli organi di polizia. In difetto di tali presupposti, l’indagato può legittimamente rifiutarsi di sottoporsi all’accertamento e tale rifiuto non costituirà quindi reato perché quella condotta non potrà considerarsi integrare la fattispecie penalmente sanzionata (Sez. 4, n.21192 del 14/03/2012, Bellencin, Rv.252736).
Laddove invece quei presupposti sussistano, non è previsto dalla norma, né èipotizzabile, un diritto di opporsi all’accertamento idoneo a scriminare il reato che quel rifiuto di per sé integra ex art. 186, comma 7.
La Corte non intende, in conclusione, discostarsi dall’orientamento secondo il quale l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore va dato anche nel caso in cui l’interessato si rifiuti di sottoporsi all’accertamento (sent. n.34383/2017 cit.), dovendosi ribadire che l’avvertimento deve essere rivolto al conducente del veicolo al momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test.
8. La Corte di Torino ha dunque errato laddove ha ritenuto l’avviso necessario solo qualora il conducente avesse accettato di sottoporsi agli accertamenti urgenti e confermato il giudizio di colpevolezza del D.M. nonostante questi non fosse stato
previamente avvisato della facoltà di un’assistenza difensiva, presupposto per ritenere integrata la condotta configurata dalla norma incriminatrice.
Pertanto, poiché l’eccezione riguardante la nullità dell’accertamento in parola era stata tempestivamente dedotta dalla difesa nel corso del giudizio di primo grado, si deve pervenire, in ossequio ai principi sopra richiamati, alla pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il 22 gennaio 2020
Depositata in cancelleria il 30 Aprile 2020