VIDEO | Camorra, 59 arresti a Sant’Antimo: in manette anche i tre fratelli del senatore Cesaro (Fi)
di Nadia Cozzolino -I reati contestati sono l’associazione mafiosa, il concorso esterno, la corruzione elettorale e estorsione e turbata libertà degli incanti
NAPOLI – Esisteva un consolidato e datato rapporto tra la famiglia Cesaro e il clan Puca di Sant’Antimo (Napoli) fatto di interessi della cosca nel centro polidiagnostico “Igea” e nella galleria commerciale “Il Molino”. È quanto hanno appurato le indagini svolte dall’ottobre 2016 al gennaio 2019 dal reparto anticrimine di Napoli e che hanno portato questa mattina all’esecuzione, da parte dei carabinieri del Ros, di un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 59 persone (38 finite in carcere e 18 ai domiciliari). Tra gli indagati ci sono gli esponenti dei clan Puca, Verde e Ranucci, operanti nel Comune di Sant’Antimo, e i tre fratelli del senatore Luigi Cesaro, Antimo, titolare dell’Igea finito in carcere, e gli imprenditori Aniello e Raffaele, entrambi ai domiciliari. Le due societa’ Igea e Il Molino, secondo gli esiti investigativi, risultavano essere societa’ di fatto tra i Cesaro, formali titolari, e il capoclan Pasquale Puca, detto Pasqualino ‘o minorenne. Esponenti del clan, al venir meno dei pregressi accordi, hanno reagito compiendo un attentato dinamitardo al centro il centro diagnostico Igea il 7 giugno 2014, ed esplodendo cinque colpi di pistola all’indirizzo dell’auto di Aniello Cesaro, in sosta in un autolavaggio il 10 ottobre 2015. La madre del capoclan Pasquale Puca, raggiunta da obbligo di presentazione alla Pg, e’ chiamata a rispondere del reato di ricettazione aggravata dalla finalita’ mafiosa per aver nel tempo ricevuto danaro proveniente dai fratelli Cesaro, frutto delle societa’ di fatto esistenti tra gli imprenditori e il figlio.
CONDIZIONATE ELEZIONI SANT’ANTIMO, UNA PREFERENZA PER 50 EURO
Accertato il condizionamento delle elezioni comunali svolte nel giugno 2017 nel Comune di Sant’Antimo (Napoli), sciolto il 20 marzo scorso per infiltrazioni mafiose. Anche questo è emerso dall’inchiesta che ha portato stamattina all’esecuzione, delle misure cautelari nei confronti di 59 persone, a vario titolo ritenute gravemente indiziate dei reati di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione elettorale, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco e di esplosivo, danneggiamento, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, minaccia, turbata liberta’ degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, favoreggiamento personale, rivelazione di segreti d’ufficio, tutti reati commessi al fine di agevolare le attivita’ dei clan camorristici Puca, Verde e Ranucci operanti nel Comune di Sant’Antimo e limitrofi. Dalle indagini e’ emersa una “capillare campagna di voto di scambio” e una “incalzante opera di compravendita di preferenze” con una tariffa di 50 euro per ogni voto “a favore di candidati del centrodestra”. Alle elezioni del 2017 vinse il centrosinistra al ballottaggio, dopo un primo turno favorevole per il centrodestra. Il controllo del Comune di Sant’Antimo da parte della criminalita’ organizzata locale risulta proseguito anche dopo le elezioni, come documentato dallo sviluppo delle investigazioni. Infatti, a seguito della mancata affermazione elettorale, la strategia criminosa e’ stata finalizzata da un lato a far decadere quanto prima la maggioranza consiliare e dall’altro a mantenere, malgrado un’amministrazione di diverso schieramento politico, il controllo sull’ufficio tecnico del Comune.
MISURE CAUTELARI ANCHE PER 2 CARABINIERI DI SANT’ANTIMO
Le indagini della procura di Napoli nei confronti di tre clan camorristici (Puca, Verde e Ranucci) operanti a Sant’Antimo e in centri limitrofi hanno consentito di raccogliere indizi anche su “illeciti rapporti” tra due marescialli, effettivi alla tenenza dei carabinieri di Sant’Antimo, e alcuni indagati. Il Gip del tribunale di Napoli ha disposto per un militare, gia’ sospeso dal servizio all’esito di un’altra recente indagine, la misura della custodia in carcere e per l’altro, ora in servizio fuori provincia, la misura dell’interdizione dal pubblico ufficio. Il primo risponde dei reati di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento, mentre il secondo del reato di favoreggiamento, aggravati dall’aver agevolato le attivita’ illecite dei clan Puca e Verde.
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