Virus gli ‘brucia’ i polmoni a 18 anni, trapianto record a Milano
Covid-19 gli ha ‘bruciato’ i polmoni a soli 18 anni. E lui, da ragazzo sano e forte, si è ritrovato nel giro di 4 giorni gravissimo in rianimazione. Erano i primi giorni di marzo. Un incubo durato fino a poche settimane fa quando Francesco diventa protagonista di un trapianto record, eseguito al Policlinico di Milano. Si tenta l’ultima risorsa, quella di donargli dei polmoni nuovi. Dopo oltre 2 mesi in cui il ragazzo è stato tenuto in vita in circolazione extracorporea dall’équipe di Terapia intensiva cardiochirurgica dell’ospedale San Raffaele nella tensostruttura provvista di macchina Ecmo, nata per fronteggiare l’ondata di malati Covid dei giorni clou dell’emergenza.
Il trapianto è riuscito. Oggi, informa il Policlinico, Francesco è sveglio, collaborante, segue la fisioterapia e viene lentamente svezzato dal respiratore. “E’ la prima volta in Europa per un’operazione di questo tipo”, spiegano dall’Irccs di via Sforza. Negli stessi giorni si è svolto un intervento analogo anche in Austria (a Vienna, la scorsa settimana). Ma era una strada praticamente inesplorata, se non in pochi rari casi in Cina. Gli stessi medici lo definiscono “un salto nel vuoto”.
Francesco ha compiuto 18 anni giusto 2 settimane prima che in Italia esplodesse la pandemia di coronavirus Sars-CoV-2. E’ un ragazzo alto e perfettamente sano, senza alcuna malattia pregressa. Ma il virus non lo risparmia. Francesco si infetta e Sars-Cov-2 gli danneggia irrimediabilmente i polmoni, ‘bruciando’ ogni capacità di respirare normalmente. Tutto comincia il 2 marzo, con una febbre alta. Dopo 4 giorni, il 6 marzo, Francesco si ritrova in terapia intensiva al San Raffaele. Le sue condizioni continuano ad aggravarsi. Solo 2 giorni dopo ha bisogno di essere intubato.
Intanto il virus non smette di fare danni, e compromette i polmoni così tanto che il 23 marzo i medici dell’Unità di terapia intensiva cardiochirurgica dell’Irccs di via Olgettina lo devono collegare alla macchina salvavita Ecmo. Ma anche questo non basta più, e il virus colpisce ancora più duramente: ormai i polmoni del ragazzo si sono compromessi irrimediabilmente, non si torna più indietro. E’ in fin di vita Francesco quando, a metà aprile, arriva il primo barlume di speranza: in un confronto con gli esperti della Chirurgia toracica e trapianti di polmone del Policlinico, diretti da Mario Nosotti, si decide di tentare la via del trapianto. I medici sono consapevoli del fatto questo percorso fino ad allora era stato tentato solo in Cina, dove la diffusione del coronavirus ha avuto inizio.
“Qui, oltre alle competenze tecniche – racconta Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica all’università degli Studi di Milano – devo sottolineare la caparbietà e il coraggio dei colleghi del San Raffaele che, invece di arrendersi, ci hanno coinvolto in una soluzione mai tentata prima nel mondo occidentale. La nostra esperienza prende spunto da quella del professor Jing-Yu Chen dell’ospedale di Wuxi in Cina, che conosciamo personalmente e con quale abbiamo discusso alcuni aspetti tecnici, dal momento che per ovvi motivi si è trovato a fronteggiare il problema prima di noi”. Francesco diventa quindi anche lui un paziente pioniere sotto molti punti di vista, se si pensa che, fra le altre cose, nella delicata gestione post-operatoria è stato utilizzato anche il plasma iperimmune.
Tornando al trapianto, la strada da percorrere per Francesco non è semplice: gli ospedali sono impegnati con la pandemia e ogni procedura, anche la più banale, ha bisogno di attenzioni e cautele finora impensabili. Intanto al Policlinico i chirurghi toracici, insieme ai pneumologi, agli infettivologi, ai rianimatori, agli esperti del Centro trasfusionale pianificano tutto nei minimi dettagli. Si mette in moto anche la macchina del Centro nazionale trapianti: l’intervento e le condizioni del paziente passano al vaglio della task force infettivologica che in questo momento ha il delicato compito di ‘proteggere’ il sistema trapianti da Covid-19.
Dopo la valutazione positiva, il giovane viene inserito in lista d’attesa urgente nazionale: è il 30 aprile. Da Roma viene immediatamente attivata la ricerca degli organi e pochi giorni dopo sembra esserci un donatore disponibile, ma risulta quasi subito non idoneo. Il ragazzo continua a peggiorare. “Le sue riserve – commenta Nosotti – sembravano ormai prossime alla fine”. Ma poco meno di 2 settimane fa la svolta: viene individuato un organo idoneo, donato da una persona deceduta in un’altra Regione e negativa al coronavirus, e viene immediatamente predisposto il prelievo e il trasporto dei polmoni a Milano.
“Nel frattempo – continua il chirurgo – i colleghi del San Raffaele affrontavano la delicata fase di trasporto del paziente nella nostra sala operatoria dedicata agli interventi Covid”. Un trapianto è un intervento sempre delicato, ma in tempi di pandemia lo è ancora di più. Il personale della sala operatoria è pesantemente protetto dai dispositivi di protezione contro il virus, tra cui anche dei caschi ventilati, che impacciano i movimenti e affaticano. “Tanto che avevamo programmato un cambio di équipe chirurgica, così come di quella anestesiologica e infermieristica a intervalli regolari in modo da permettere ai colleghi di riprendere fiato”, dice Nosotti.
E’ stato un intervento complesso, spiega il chirurgo, anche per i danni provocati dal coronavirus: “I polmoni apparivano lignei, estremamente pesanti e in alcune aree del tutto distrutti. E’ stato poi confermato all’esame microscopico un diffuso danno degli alveoli polmonari, ormai impossibilitati a svolgere la loro funzione, con note di estesa fibrosi settale”.
L’intervento “si conclude perfettamente”, spiegano dal Policlinico, e dopo circa 12 ore viene scollegata la circolazione extracorporea: “Una cosa non del tutto comune, soprattutto considerando che il paziente era collegato alla Ecmo da 2 mesi”. Oggi Francesco è in ripresa. Ci vorrà ancora del tempo perché possa tornare a una vita il più possibile normale. Il ragazzo dovrà seguire una lunga riabilitazione, non tanto per l’infezione da coronavirus (dalla quale ormai è guarito), quanto per i 58 giorni che ha passato bloccato a letto, intubato e assistito dalle macchine.
“Il nostro ospedale è tra centri più importanti d’Italia per l’attività trapiantologica, sia come volumi sia come capacità di innovazione – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – Nel 2019 abbiamo fatto 34 trapianti di polmone, siamo stati i primi a mettere in campo il ricondizionamento polmonare nel 2011 e il primo prelievo da donatore a cuore non battente nel 2014. Dall’inizio del 2020 abbiamo eseguito già 9 trapianti, di cui 4 durante la pandemia. Crediamo sia importantissimo divulgare la nostra esperienza, sicuri del fatto che possa servire da guida e ispirazione per i tanti casi che la pandemia ha generato. Poter rimediare ai danni polmonari da Covid-19 con il trapianto rappresenta un’opportunità in più per i tanti pazienti che sono stati colpiti duramente da questo coronavirus: è un percorso per nulla semplice, ma abbiamo appena dimostrato che si può portare a termine con successo”.
A Francesco arriva anche l’augurio del governatore della Lombardia Attilio Fontana “di tornare presto in forze”. Con il trapianto record di polmoni, osserva, si è riusciti “a compiere quello che appare quasi un miracolo, in piena pandemia”. La sua storia, sottolinea Fontana, “dimostra ancora una volta l’eccellenza della sanità lombarda. Esprimo a nome della Giunta e di tutti i lombardi le più vive congratulazioni a tutta l’équipe del Policlinico di Milano e al Centro nazionale trapianti, per essere stati pionieri di una pratica che potrà essere replicata in tutto il mondo, ma soprattutto per aver ridato la vita a questo giovane paziente, colpito in modo drammatico dal virus”.
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