Udienza Civile. L’obbligo della presenza del giudice al vaglio della Consulta
Il Tribunale di Mantova, con ordinanza del 19 maggio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della Legge di conversione del DL 28/2020, nella parte in cui prevede l’obbligo, per il giudice civile, della presenza nel suo ufficio presso la sede giudiziaria.
Secondo il remittente, il giudice se obbligato ad essere fisicamente presente, espone sè stesso e gli altri, nel caso sia asintomatico positivo, al rischio di contagio.
La norma, poi, non tiene conto del flusso di dati che verrebbe generato se tutti i magistrati dell’ufficio utilizzassero contemporaneamente la banda internet per svolgere udienza in in videocollegamento da remoto.
E’ irragionevole, si legge nell’ordinanza, che il giudice civile si rechi nel proprio ufficio sebbene egli debba utilizzare una “stanza virtuale”, a mezzo del software all’uopo utilizzato Micorosft Teams per lo svolgimento delle udienze da remoto, over si consideri che avvocati, le parti e gli altri soggetti legittimati si collegano da luoghi diversi dall’ufficio giudiziario, per poi spostarsi, al termine dell’udienza, in un luogo diverso e meno soggetto all’afflusso di pubblico, per collegarsi poi di nuovo a Teams con i componenti del collegio per prendere la decisione successiva alla celebrazione dell’udienza svolta in ufficio, ma da remoto.
Nondimeno, tale previsione normativa si pone in contrasto con i principi di buon andamento della pubblica amministrazione, ed, in particolare, avuto riguardo alla circolare della Presidenza del Consiglio, che sollecita il massimo ricorso a forme di lavoro agile (smart working) che escludano la presenza in ufficio del personale.
Peraltro, anche il Csm ha sottolineato che, dal momento che nessuna delle parti viene a contatto personale con il giudice, la presenza fisica di quest’ultimo nell’ufficio giudiziario non aggiunge nulla quanto alla modalità di espletamento del contraddittorio simultaneo