VIDEO | Coronavirus in Centrafrica, il missionario: “Che silenzio dove prima c’era la guerra”
- Vincenzo Giardina
- 15/04/2020
- Mondo
- v.giardina@agenziadire.com
ROMA – “C’è un silenzio al quale non eravamo abituati, una situazione differente rispetto a quando durante la guerra eravamo sì chiusi in casa per paura delle bombe, ma con diecimila profughi con noi“. Padre Federico Trinchero, missionario carmelitano, piemontese, parla con l’agenzia Dire dei rischi del Covid-19 nella Repubblica Centrafricana.
I PROFUGHI SEI ANNI FA
L’intervista, in collegamento via Skype dal convento di Notre Dame du Mont Carmel, alle porte della capitale Bangui, si tiene dopo la decisione del governo di chiudere scuole, bar e luoghi di culto. “Per fortuna sono comunque possibili le celebrazioni con un numero massimo di 15 persone” annota padre Trinchero, prima di ricordare la folla dei profughi accolti dai suoi confratelli al culmine del conflitto tra il 2013 e il 2014, quando gli agguati delle milizie Seleka e Anti-Balaka erano all’ordine del giorno.
“Ci mancano ovviamente i nostri fedeli e i bambini e i ragazzi che costantemente scorrazzano attorno al convento” dice il missionario, riprendendo una sua lettera inviata nei giorni di Pasqua: “Ci auguriamo che questo digiuno non duri troppo a lungo”.
MA PER FORTUNA ABBIAMO 3 RESPIRATORI
Secondo padre Trinchero, nella Repubblica Centrafricana la pandemia rappresenta una minaccia particolare. “Il Paese è grande due volte l’Italia e ha una popolazione di circa cinque milioni di abitanti ma dispone di soli tre respiratori” dice il missionario. “Quando l’ho saputo, confesso che è stata per me una bella notizia: pensavo che non ce ne fossero affatto”.
Anche il distanziamento sociale rischia di essere un problema. “Si tratta della misura più difficile da rispettare” dice padre Trinchero. “Le aule scolastiche possono spesso contenere anche più di cento allievi, le celebrazioni domenicali nelle chiese sono affollatissime, i colorati e frequentatissimi mercati nei quartieri sono luoghi dove il contatto fisico è inevitabile e i passeggeri in sovrannumero su moto, taxi, piccoli bus e camion sono purtroppo la pittoresca normalità di quasi ogni città africana”.
NON UCCIDE SOLO IL COVID
Secondo il missionario, d’altra parte, nel valutare i rischi del Covid-19 e nel restituire la dimensione dell’emergenza bisogna dar prova di equilibrio. “In Africa ogni anno muoiono di malaria quasi 400.000 persone” sottolinea padre Trinchero. “Migliaia sono poi i morti causati da altre malattie come la tubercolosi e il morbillo, mentre i bambini sono le principali vittime di questa silenziosa ecatombe che non trova molto spazio tra i notiziari che abitualmente ci raggiungono”.
Secondo il missionario, “forse queste cifre, ora che restiamo quotidianamente impressionati dal numero crescente delle vittime del Covid-19, dovrebbero interrogarci di più e ridimensionare pretese e reazioni rispetto ai fatti che stiamo tutti vivendo”.
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