Coronavirus e stranieri, l’attivista bengalese: “Anche di fame si può morire”
- Redazione
- 10/04/2020
- Mondo
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ROMA – “L’emergenza Covid-19 rappresenta un problema per tutti e forse per i cittadini stranieri ancora di più. La maggior parte di noi, nei momenti difficili, non ha genitori pronti a dare una mano o soldi da parte, fa fede sul sostegno degli amici. E quando tutti gli amici sono in difficoltà, è un problema serio”.
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L’ASSOCIAZIONE “DHUUMCATU”
A parlare è Nure Alam Siddique, conosciuto da tutti come Bachcu. Bengalese, si è trasferito in Italia nel 1989 e due anni più tardi ha dato vita a Dhuumcatu, un’associazione di base nel quartiere di Tor Pignattara che sostiene e aiuta sul versante amministrativo e legale i cittadini stranieri residenti a Roma. Mai come adesso un supporto necessario.
Tanti sono i migranti che si trovano ad affrontare la crisi provocata dal Covid-19. A preoccupare sono poi le possibili ricadute delle misure restrittive imposte dal governo.
“La questione più delicata adesso è quella economica – dice Bachcu – perché sono tante le persone che si guadagnavano da vivere giorno per giorno, come gli ambulanti o chi lavorava in modo saltuario nei ristoranti, che adesso sono fermi”.
Il presidente di Dhuumcatu dice di molti lavoratori stranieri, tornati per un breve periodo nei loro Paesi di origine dopo mesi o anni per incontrare le loro famiglie, che sono rientrati in Italia appena prima dello scoppio della crisi. “In questi viaggi hanno speso i loro ultimi risparmi – denuncia Bachcu – e adesso non possono lavorare”.
FAME E BUROCRAZIA
Secondo il presidente dell’associazione, “anche di fame si può morire” e finora la risposta dell’amministrazione capitolina non è stata all’altezza. Un caso emblematico sarebbe quello dei buoni spesa: “A causa di una lettera del nome diversa tra il documento italiano e quello del Paese di origine o per altre simili amenità burocratiche persone in gravi difficoltà si vedono rifiutare la domanda. Anche quelli che non hanno la residenza se la vedono negata”.
Secondo il presidente di Dhuumcatu, questo costituisce un problema grave anche perché “è noto che non in tutti Paesi la burocrazia funziona bene o allo stesso modo e situazioni di questo tipo si presentano di continuo”.
POCHE LE INFORMAZIONI
Anche rispetto alle informazioni per la prevenzione non sarebbe stato fatto abbastanza: “Non abbiamo visto grande aiuto anche in questo senso. Per questo ho fatto dei video, che ho postato su Facebook, nei quali davo informazioni in lingua bangla di tutti i tipi, da quelle amministrative a quelle sulle mascherine. Non a caso ognuno di questi filmati è stato visto da tantissime persone”.
L’associazione si è anche occupata di diffondere le comunicazioni relative al blocco delle attività tra le moschee, punti di ritrovo per i cittadini musulmani residenti a Roma. “Abbiamo fatto circolare una comunicazione a tutti i centri religiosi nel giorno in cui hanno deciso di chiudere le scuole” dice .
ITALIANI SOLIDALI
Bachcu continua: “Tanti amici italiani ci hanno dato una mano, da Tor Pignattara solidale ai residenti del quartiere di Centocelle. Insieme abbiamo fatto diverse volte la spesa per comprare beni di prima necessità da distribuire”.
Tra le cose che hanno colpito il presidente di Dhuumcatu c’è anche la risposta del personale sanitario italiano. “Il lavoro che stanno facendo è incredibile” dice. “C’è un senso morale e spirituale unico nel loro sacrificio in questo momento”.
TRE VOLTE LA POPOLAZIONE ITALIANA
Rispetto alle notizie che arrivano invece dal Bangladesh, Bachcu è lapidario: “Per adesso il Covid-19 non si sta diffondendo molto. Il Bangladesh ha un estensione pari a metà di quella italiana e il triplo degli abitanti, oltre al fatto che il 22% del territorio è coperto d’acqua: stiamo pregando tanto, affinché il coronavirus non si diffonda”.
di Brando Ricci
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