“Per la ricerca c’è solo il virus”, il prof italiano da Yale
di Maria Cristina Vicario – Qui a Yale il campus è chiuso, “tutta l’attività di ricerca è stata sospesa tranne quella che riguarda il covid-19, dall’epidemiologia al lato più pratico, come il riutilizzo delle mascherine”. A dirlo all’Adnkronos è Gianfilippo Coppola, ricercatore presso il Dipartimento di Patologia dell’università di Yale. Anche in questo ambiente universitario, ha raccontato, gli italiani sono i stati i primi a proteggersi, perché preoccupati dalle notizie da casa.
Coppola vive a New Haven, la città del Connecticut dove si trova il campus universitario. “Sarà un mesetto – dice – che sono chiusi i corsi, prima ci sono state le vacanze dello spring break, poi hanno detto agli studenti di non tornare, è rimasto solo chi non poteva partire, gli studenti stranieri. Senza studenti, la città è semi vuota”. All’interno della comunità di Yale riceviamo molte informazioni via mail sulle precauzioni da adottare, “ma la svolta c’è stata quando è stato confermato il primo caso in città, circa tre settimane fa. Ho due figli a scuola, ci hanno mandato una mail informandoci che i bambini sarebbero usciti prima e che le lezioni sarebbero state d’ora in poi solo per mezza giornata, perché c’era un caso sospetto in un istituto scolastico e gli insegnanti dovevano prepararsi all’eventuale chiusura. Il giorno dopo hanno chiuso”.
“Poi sono state ridotte le attività in laboratorio all’università, da circa una settimana sono possibili solo quelle strettamente essenziali, quelle per tenere in vita gli animali”, spiega lo scienziato, sottolineando che l’unica ricerca che prosegue è quella relativa al Covid-19. La palestra da pallavolo del campus è stata intanto trasformata in ospedale.
Coppola lavora ora col computer da casa, il suo campo è l’integrazione, a livello di sistema, di dati genomici, di imaging medico e clinici di malattie complesse, con particolare attenzione ai disturbi neuropsichiatrici e cancro. Ma ormai gran parte dell’attività è ferma e c’è anche da seguire a casa l’attività scolastica dei figli alle elementari. La moglie, che lavora in progetti per i rifugiati, ha intanto praticamente interrotto la sua attività.
Nel suo racconto, il ricercatore spiega quanto abbia fatto la differenza essere più informati, sia come italiani che accademici. “Come gli altri italiani – racconta – noi ci siamo subito protetti, eravamo preoccupati, noi italiani siamo stati i primi ad auto isolarci. Anche a scuola, dove ci sono molti figli della comunità di Yale, buona parte dei genitori ha capito il messaggio e ha gestito molto più velocemente la social distance”. Ma non tutti lo hanno capito, “qui si fa la spesa nei grandi centri commerciali, alcuni ormai gli evito” perché, a differenza di altri, non si sono bene organizzati per far rispettare le distanze. “Molti ordinano online, ma questo ha saturato il sistema”. Parchi cittadini e aree giochi sono chiusi, ma ci sono grandi parchi naturali, foreste dove si può passeggiare senza vedere nessuno. “Il governatore – aggiunge Coppola – minaccia però di chiuderli perché ci sono persone che non rispettano le regole, ci vanno in gruppo”.
Normalmente la famiglia Coppola torna sempre l’estate in Italia per portare i bambini dai nonni. Ma quest’anno “non possiamo certo pianificare nulla, sarà complicato”, nota il ricercatore. Secondo gli ultimi dati in Connecticut sono stati registrati oltre 270 morti e 7.700 contagi, con un importante focolaio a sud, vicino al confine con lo stato di New York, dove abitano molti banchieri della city che andavano al lavoro in treno.
Fonte: Adnkronos