Lavoro

Il diritto del caregiver al trasferimento in una sede più vicina al domicilio del portatore di handicap ex L. 104/92

Cassazione Lavoro, Ordinanza n. 6150/2019 del 01/03/2019
Articolo dell’Avv. Tatiana Parrella

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, pronunciandosi ancora in tema di agevolazioni per i lavoratori che assistono persone con disabilità, nell’ordinanza n. 6150/2019, riconosce, ai sensi della L. n. 104/1992, il diritto del c.d. caregiver, al trasferimento in una sede più vicina al domicilio dell’assistito.

In base alla suddetta pronuncia, sussisterebbe la possibilità del caregiver, di scegliere di lavorare più vicino al familiare da assistere, non solamente nella fase genetica del rapporto di lavoro, ma anche durante l’intero rapporto di lavoro, concretizzandosi in una di domanda di trasferimento.

Il caso de quo trarrebbe origine, proprio da una domanda di trasferimento, proposta da un dipendente delle Poste che aveva richiesto di poter optare per una sede di lavoro, ubicata in modo tale da consentirgli di prestare assistenza alla sorella disabile. La Corte di Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello che, in riforma di quanto statuito dal giudice di prime cure, aveva accordato al lavoratore questo diritto, ordinando alla società datrice di lavoro, il trasferimento del dipendente presso una sede, tra quelle disponibili, più prossima al Comune di residenza della disabile.

La base normativa della suddetta ordinanza è costituita, in primis, dal dispositivo dell’art. 33, comma 5, L. 104/1992 che riconosce il diritto del familiare lavoratore – che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado in stato di handicap – di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

La Cassazione dà a tale disposizione un’ interpretazione estensiva, ritenendola applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro, mediante la scelta della prima sede lavorativa, ma anche nel corso del rapporto di lavoro, tramite domanda di trasferimento.

Come specificato dai giudici di legittimità, dal punto di vista letterale, la disposizione in esame non contiene un espresso e specifico riferimento alla scelta iniziale della sede di lavoro e risulta, quindi, applicabile anche alla scelta della sede di lavoro fatta nel corso del rapporto, attraverso la domanda di trasferimento; né la dizione letterale adoperata nel citato comma 5 dell’art. 33, implica la preesistenza dell’assistenza in favore del familiare, rispetto alla scelta della sede lavorativa (anche a seguito di trasferimento), in quanto al lavoratore è riconosciuto il diritto di “scegliere la sede di lavoro” più vicina al “domicilio della persona da assistere”, non necessariamente già assistita.

La Suprema Corte ha, altresì, sottolineato come, per effetto della L. n. 183 del 2010, art. 24, non fossero più richiesti i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza in favore del familiare, previsti, invece, dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dalla L. n. 53 del 2000, artt. 19 e 20; ha inoltre rilevato come, in base al testo vigente all’epoca della domanda di trasferimento del L. (16.3.2011), dovesse aversi riguardo al domicilio non del lavoratore bensì della persona necessitante di assistenza.

E’ bene evidenziare che, nel caso di specie, erano già da ritenersi integrati sia il requisito soggettivo, cioè la condizione di handicap grave dell’assistita, sia il requisito oggettivo della disponibilità di posti di lavoro per lo svolgimento delle mansioni spettanti al familiare della portatrice di handicap.

A latere, l’ordinanza Cass. n. 6150/2019 si inquadra in un ambito di tutele molto più ampio ed inerente il diritto alla salute psico-fisica, costituzionalmente garantito ( art. 32 Cost.), comprensivo della assistenza e della socializzazione anche del soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’art. 2 Cost., deve intendersi “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”, ivi compresa appunto la comunità familiare. Tali beni della vita sono altresì tutelati anche dalla Convenzione

Avv. Tatiana Parrella

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Cassazione Lavoro, Ordinanza n. 6150/2019 del 01/03/2019

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