Consenso informato. Non basta la firma su modulo generico prestampato
Cassazione Civile Sentenza n. 28995/2019 del 11/11/2019
Commento dell’Avv. Tatiana Parrella
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La Corte di Cassazione – sezione III – CIVILE nella sentenza n. 23328/2019, ripercorrendo il proprio iter giurisprudenziale ( vedi Cass. 2854/2015; Cass. 24220/2015; Cass. 24074/2017; Cass. 16503/2017) in tema di “consenso informato” in relazione alle pratiche medico-sanitarie, si esprime nuovamente sul tema, delimitando una particolare tipologia di lesione del diritto di autodeterminazione del paziente.
Nella suddetta pronuncia gli Ermellini enunciano, infatti,il principio dell’inadeguatezza del consenso e, prima ancora, dell’ informazione, ove il consenso sia prestato apponendo la firma su un modulo prestampato e generico.
Si tratta di un caso giuridico che trae origine dalle vicissitudini a cui era andata incontro una paziente,la quale, dopo aver subito diversi interventi chirurgici, descritti dal medico che li aveva eseguiti, come non impegnativi, ma ai quali aveva fatto seguito un doloroso decorso post operatorio sia dal punto di vista fisico, che psichico, aveva lamentato in giudizio la lesione del proprio diritto all’autodeterminazione.
Come è noto, il consenso al trattamento medico è validamente espresso dal paziente, soltanto nel caso in cui sia preceduto da un’adeguata informativa. In particolare, deve essere esplicitamente manifestato mediante un comportamento che riveli in maniera precisa e inequivocabile il proposito di sottoporsi a quella determinata terapia o intervento medico e, dal quale, si deduca che il paziente abbia ben capito il motivo, gli effetti e le possibili alternative della terapia stessa, alla quale sta per sottoporsi.
Altresì,il consenso deve essere “personale”, ossia, può essere prestato soltanto dal paziente (ad eccezione dei minorenni o delle persone sottoposte a tutela); “libero”nel senso che deve essere il frutto di un convincimento personale del paziente che ha già ricevuto le informazioni necessarie; “completo” ossia l’informazione fornita deve essere la più completa possibile, nel senso che il medico dovrà fornire una chiara rappresentazione delle modalità e dei rischi del trattamento medico sanitario nonché di tutti gli eventuali interventi o terapie alternative; “revocabile” ossia può essere sempre revocato sin quando non inizi il trattamento; ed infine, “attuale”, ossia, essere preceduto dainformazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, la portata e l’estensione dell’intervento medico-chirurgico, da informazioni sui suoi rischi, sui risultati conseguibili e sulle possibili conseguenze negative, rese in un linguaggio comprensibile, in base al livello culturale del paziente e al grado di conoscenze specifiche di cui dispone.
Il consenso informato trae la propria essenza giuridica, in primis, da fonti di livello costituzionale ( art. 32 della Costituzione che, tutela il diritto all’integrità psicofisica- in base al quale nessuno può essere obbligato a sottoporsi ad un trattamento medico- sanitario , senza il proprio consenso ad eccezione dei casi stabiliti dalla legge; art. 13 Cost. che, garantisce l’inviolabilità della libertà personale, anche in riferimento alle scelte relative ai trattamenti medici per salvaguardare la propria integrità psico-fisica).
Sul gradino immediatamente inferiore, rispetto alle fonti costituzionali, si pone la legge ordinaria, in particolare, l’art. 33 della legge 833/1978, art. 33, in base al quale, è fatto divieto di somministrare trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo, ad eccezione dello stato di necessità, ex art. 54 c.p.
La Suprema Corte, dando seguito all’orientamento, ormai consolidato ( introdotto ed espressamente confermato dalla Cass. 11950/2013), che ha riconosciuto l’autonoma rilevanza, ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria, della mancata prestazione del consenso da parte del paziente, opera un’attenta analisi, distinguendo il danno alla salute, legato alla condotta colposa o dolosa del medico nell’ esecuzione del trattamento sanitario, dalla lesione del diritto all’autodeterminazione, che si configura allorquando il paziente a causa di carenze nell’informazione, subisca un pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale di natura diversa, qualificandoli quali illeciti autonomamente risarcibili.
Dirimente è la differenza in merito all’onere probatorio che, in caso di danno alla salute, incombe sul paziente, il quale deve dimostrare che, se correttamente informato dai sanitari, non avrebbe acconsentito a sottoporsi al trattamento medico eseguito; diversamente, al configurarsi di una lesione al diritto all’autodeterminazione è il medico che deve dimostrare di aver adempiuto all’obbligazione di informare correttamente il paziente, in caso contrario si configura una responsabilità medica per condotta omissiva.
Altresì, i giudici di legittimità si soffermano, discorrendo delle caratteristiche dell’illecito civilmente risarcibile, sulla differenza tra la causalità materiale tra condotta ed evento ( art. 40 e 41 c.p.) la quale, allorquando si configura, sussiste un’ illecito e la causalità giuridica ( art. 1223,1225,1227 c.2. c.c.) che delimita le condotte giuridicamente causative dell’evento, la cui sussistenza genera anche un danno risarcibile.
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Cass. civ. sez.III sentenza 7 novembre 2018 – 19 settembre 2019, n. 23328