Valido il matrimonio anche se il marito cambia sesso
Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza 8097 del 21/04/2015.
Rimane valido a tutti gli effetti il matrimonio di una coppia eterosessuale anche nel caso in cui uno dei due coniugi cambi la sua identità sessuale. Lo ha stabilito la Cassazione in attesa che il Parlamento affronti questi casi. Il verdetto però non determina “l’estensione del modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive”.
La vicenda è quella di una coppia emiliana, sposata con nozze concordatarie, nei confronti della quale su reclamo del Viminale era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio in seguito alla “domanda di rettificazione e attribuzione di sesso femminile” avanzata dal marito al quale il “prenome” era stato modificato in Alessandra. La coppia si è battuta contro il “divorzio imposto”, andando anche alla Consulta, la Cassazione le ha dato la massima tutela.
Ad avviso degli ermellini – sentenza 8097 depositata il 21 Aprile 2015 – la pronuncia n.170 del 2014 della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità del divorzio ‘forzato’ in casi come questo, non è stata solo un “monito” ma una decisione “autoapplicativa e non meramente dichiarativa” pertanto l’adeguamento alle indicazioni della Consulta – scrive la Cassazione – “non può che comportare la rimozione degli effetti della caducazione automatica del vincolo matrimoniale sul regime giuridico di protezione dell’unione, fino a che il legislatore non intervenga a riempire il vuoto normativo, ritenuto costituzionalmente intollerabile, costituito dalla mancanza di un modello di relazione tra persone dello stesso sesso all’interno del quale far confluire le unioni matrimoniali contratte originariamente da persone di sesso diverso e divenute, mediante la rettificazione del sesso di uno dei componenti, del medesimo sesso”.
La Cassazione prosegue affermando che “tale opzione ermeneutica è costituzionalmente obbligata e non determina l’estensione del modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive, svolgendo esclusivamente la funzione temporalmente definita, e non eludibile, di non creare quella condizione di massima indeterminatezza stigmatizzata dalla Corte Costituzionale in relazione ad un nucleo affettivo e familiare che, avendo goduto legittimamente dello statuto matrimoniale, si trova invece in una condizione di assenza radicale di tutela”. Così la Suprema corte ha ritenuto “necessario” accogliere il ricorso delle due ‘Alessandre’ e “conservare” loro “il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al vincolo matrimoniale legittimamente contratto fino a quando il legislatore non consenta ad esse di mantenere invita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi”.
“E’ stata una grande soddisfazione, ci abbiamo sempre creduto. E’ una gioia che ci ricompensa di tante sofferenze”, fatica a nascondere l’entusiasmo Alessandra Bernaroli, dopo la decisione della Cassazione secondo cui “rimane valido il matrimonio di una coppia eterosessuale anche nel caso in cui uno dei due coniugi cambi la sua identità sessuale”. Esattamente quello che era accaduto a lei. Nata uomo, Alessandro, nel 1971, aveva sposato una donna nel 2005. Poi il suo percorso di graduale presa di coscienza della propria identità sessuale l’aveva portato a cambiare sesso, sempre in accordo con la moglie. Conseguenza inaspettata di questa scelta personale era stato un “reclamo” del Viminale che dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio.Ma la coppia non si è mai arresa e ha cominciato una dura lotta fatta di carte bollate contro il divorzio imposto.
“Questa sentenza è molto importante – spiega Bernaroli – perché di fronte alla politica che in questo Paese spesso non decide, sceglie solo di rimandare, dimostra invece il coraggio dei giudici di affermare la dignità e i diritti di tutte le persone. Mi ha fatto piacere – sottolinea – che la notizia sia arrivata proprio il 21 aprile, una data molto importante qua a Bologna: la ricorrenza della ‘liberazione’. Non ci ricordiamo più di quelle leggi del 1938 che discriminavano alcune persone per il credo o la razza? Ancora oggi, dopo settant’anni, stiamo qui a chiederci se alcune persone vanno considerate di serie B perché sono nate con un orientamento sessuale diverso?”. Bernaroli la risposta ce l’ha: “Qualsiasi legge che consideri diverse le persone dimostrerebbe solo che dalla Storia non abbiamo imparto niente”.
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Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza 8097 del 21/04/2015
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