Vita dura in città per gli amici a quattro zampe
Pochi servizi e informazioni ai cittadini, controlli scarsi e politiche troppo disomogenee. Questo il quadro messo a punto dal nuovo rapporto di Legambiente ‘Animali in città’ sulle attività dei Comuni capoluogo e delle Aziende sanitarie locali per gli amici a quattro zampe (dati ottenuti su 85 capoluoghi pari al 77%, e 74 aziende sanitarie locali cioè il 50%) da cui emerge però che per esempio alcuni comuni come Prato e Terni vanno bene, mentre la miglior Asl è quella di Napoli 1 Centro.
Il 90% dei comuni italiani ha un assessorato dedicato agli animali e l’82% delle aziende sanitarie ha il canile sanitario o l’ufficio di igiene urbana veterinaria. Ma il 59% delle città offre ancora servizi e informazioni insufficienti. Soltanto il 35% delle città è sufficiente, il 3,5% (Modena, Ferrara e Verona) arriva a buono, il 2,5% ottimo (Terni e Prato). Tra le aziende sanitarie migliori, 22 su 74 arrivano alla sufficienza (30%); 13 sono buone (17,5%) – tra cui Avezzano-Sulmona-L’Aquila, Firenze, Roma G, Milano, Ausl Umbria 2 – ma Napoli 1 Centro supera tutto. Legambiente però avverte: si deve “fare di più, le politiche diventare patrimonio diffuso”. C’è una “grande” differenza tra città e aziende sanitarie delle regioni: “la spesa pubblica dichiarata dagli 85 comuni è di 27.083.871 di euro nel 2013, con un costo medio di 1,74 euro a persona”; la stima della spesa a carico delle aziende sanitarie locali per il 2013 si aggira intorno ai 151.956.670, in media 2,5 euro a testa.
La gran parte dei costi è dovuta alla gestione dei cani nei canili-rifugio, ritenuti da Legambiente, ”strutture indispensabili ma oggettivamente fallimentari”: i Comuni spendono oltre l’80% del bilancio destinato al settore per i canili (85 milioni di euro per il 2013). Tra le altre categorie nella suddivisione delle strutture autorizzate (77,6%) si contano 58 canili sanitari, 24 gattili sanitari, 87 canili rifugio, 6.988 colonie feline, 51 allevamenti di cani, 61 campi di educazione e addestramento cani. Sono invece 181 i canili sanitari delle Aziende sanitarie; ci sono 45 gattili sanitari, 311 canili rifugio, 17.303 colonie feline, 488 allevamenti di cani. C’è anche il tema, su cui è ”urgente intervenire con controlli e sanzioni”, dell’anagrafe canina di competenza delle Aziende sanitarie locali.
Il costo ”più significativo a carico della collettività” è rappresentato dai cani vaganti, sia padronali che randagi: in media, nei capoluoghi nel 2013, ogni 4 cani catturati 3 hanno trovato felice soluzione (a Catanzaro il caso peggiore, l’eccellenza a Verbania). Nel caso delle Aziende sanitarie locali, ogni 3 cani catturati 2 hanno trovato sistemazione (qui la peggiore è la Asl di Cremona, la migliore la Asur 2 di Ancona). In generale i Comuni che hanno dichiarato di avere cani liberi controllati (in tutto ne vengono dichiarati 7.118) sono nell’87,5% dei casi al sud, nel 12,5% al centro e in zero casi al nord Italia. Quasi tutte le Aziende sanitarie locali dichiarano di intervenire per il rispetto delle regole e il contrasto del maltrattamento degli animali (89%) e praticamente tutte affermano di aver fornito di lettori microchip il proprio personale (97,2%). Ancora basso il livello di conoscenza della biodiversità animale sui territori urbanizzati: meno di 1 Comune su 5 ha una mappa delle specie animali presenti e meno di 1 su 3 mette in atto azioni di prevenzione. Il 50,5% dei Comuni ha dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione: 422 aree dedicate ai cani, cioè un’area ogni 16,88 kmq.