Consiglio di Stato, no pagamento per intero dell’eterologa
Il Consiglio di Stato ha sospeso in via cautelare la delibera della Lombardia che, unica Regione, stabilisce che il cittadino debba pagare interamente il trattamento di fecondazione eterologa, e non solo il ticket. I giudici hanno ritenuta valida la posizione dei ricorrenti, che evidenziavano la disparità di trattamento tra i cittadini.
A presentare i ricorsi sono statil’associazione Sos Infertilità, una società di medici milaneseche lavora nella sanità privata e la onlus Medicinademocratica. La Lombardia è stata l’unica regione in Italia a disporre che il pagamento per i trattamenti di procreazione medicalmente assistita eterologa sia interamente a carico del cittadino, con costi che variano tra i 1.500 ed i 4mila euro.
Il Consiglio di Stato ”ristabilisce pieno rispetto dei diritti delle coppie sterili”, afferma Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
”Il Consiglio di Stato – afferma Gallo – ha emesso l’unica sentenza possibile grazie al lavoro delle associazioni di pazienti e dei colleghi con cui in questi anni abbiamo lavorato per la tutela dei diritti delle persone che vorrebbero avere una famiglia con dei bambini. Già la legge 40 ha per anni discriminato le coppie rispetto all’accesso alle tecniche: perché il Consiglio regionale avrebbe voluto continuare sulla stessa strada prevedendo disparità di trattamento tra chi chiede di accedere ad una fecondazione omologa e chi ad una eterologa?”. Ora, sottolinea Gallo, ”ci attende un appuntamento importante: il prossimo 14 aprile la Corte Costituzionale si pronuncerà su un altro divieto della legge 40 del 2004, quello che vieta l’accesso alla diagnosi pre-impianto alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche. Fino ad ora i tribunali e la Corte sono stati fondamentali.
Spetterebbe ora alla politica agire”. Per questo, conclude, ”abbiamo lanciato insieme ad altre associazioni un appello al Parlamento e Governo , tramite una petizione presente sul nostro sito, in cui chiediamo che questo divieto venga cancellato prima dell’intervento della Consulta”.