Commuove sul web il dolore di un medico per la morte di paziente
Un medico di Pronto Soccorso,in California che indossa ancora il camice bianco, accovacciato sul ciglio di una strada di notte con il capo reclinato e una mano appoggiata a un muro, quasi a voler ‘sostenere’ così il dolore per qualcosa di troppo difficile da sopportare: la morte di un paziente di soli 19 anni.
Questa la commovente foto pubblicata dai paramedici sul sito di social news Reddit e che in breve ha fatto il giro del web. Chi ha postato la foto scrive: “Anche se questo è un evento comune nel nostro lavoro, i pazienti che perdiamo sono tipicamente anziani, malati, o una combinazione delle due cose. Il paziente che e’ morto aveva 19 anni e per lui era una di quelle chiamate che a volte riceviamo e che per questo ti colpiscono”. Quasi 4300 i commenti ricevuti da parte degli utenti per l’immagine, ripresa subito da molti media. Tra questi quello di un altro medico americano, che scrive: “Io so esattamente come si sente il dottore nella foto. Nonostante l’immagine mostri un momento buio mi fa davvero sentire più felice della mia scelta di carriera”. La foto, rilanciata anche in Italia, ha fatto andare i lettori col pensiero al caso della piccola Nicole, la bimba morta in Sicilia perché mancava un posto di terapia intensiva neonatale. “Tipo gli operatori del 118 quando è morta la neonata per la quale si cercava un posto in rianimazione” e’ infatti il commento di un lettore sui social network, che contrappone il dolore sentito del medico con la reazione che e’ stata definita come meno ‘pronta’, meno emotiva, degli operatori che hanno assistito la piccola. A discutere e commentare la foto anche i medici italiani in prima linea nei Pronto Soccorso.
“Il medico che non piange, che non partecipa nei limiti del possibile al dolore di una famiglia, e’ un medico che di li a poco viene bruciato” spiega Corrado Cecchetti, primario dell’area rossa del Dipartimento di Emergenza del Bambino Gesù, area che e’ un po’ il cuore pulsante nella quale vengono gestiti i casi critici. “L’aspetto emotivo e’ prezioso e non bisogna avere paura di vivere con il paziente, che nel nostro caso e’ un bambino, un ragazzo, momenti di normalità, di gioco, accarezzarlo, anche di la’ dell’emergenza vera e propria. Questo, infatti, non inficia la capacità azione e intervento in caso di emergenza – aggiunge – ma quando dalla terapia intensiva il paziente esce deceduto se si e’ certi di aver fatto il possibile non va vissuta questa cosa come un insuccesso e soprattutto quella porta alla fine va chiusa”. “I momenti di sconforto possono esserci, ma e’ importante pensare con entusiasmo e tenacia al prossimo paziente – conclude il medico – e’ essenziale inoltre proteggere la propria famiglia dal dolore, non portarlo a casa soprattutto se si hanno figli”
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