Elena Ceste uccisa in casa, arrestato il marito
Elena Ceste è stata uccisa nel letto coniugale, “sorpresa e assassinata dal marito” dopo essersi occupata “della propria igiene personale” e prima ancora di potersi rivestire. Lo scrive il gip Giacomo Marson nell’ordinanza di custodia cautelare per Michele Buoninconti. Il giudice ritiene che l’omicidio sia “ragionevolmente avvenuto per asfissia”.
Marito tradito dalle menzogne. Tutti gli errori – Michele Buoninconti, l’uomo arrestato con l’accusa di avere ucciso la moglie Elena Ceste, è stato tradito dalle “menzogne” e dalle “numerose e significative contraddizioni” in cui è incappato durante le indagini, e persino “dagli elementi che ha creduto di portare a proprio favore”. Lo scrive il gip Giacomo Marson, del tribunale di Asti, nell’ordinanza di custodia cautelare. “La denuncia di scomparsa – annota il giudice – conteneva una prima descrizione, i chiarimenti forniti a proposito delle ragioni della sparizione della moglie ne conteneva altre”. Gli interrogatori, le parole pronunciate “nel corso di incontri occasionali con le forze dell’ordine talvolta da lui stesso sollecitati” e pure le dichiarazioni rilasciate durante le interviste televisive differiscono – è l’opinione del gip – in maniera significativa. Buoninconti disse che la moglie, il giorno e la notte prima di scomparire, era stata colta da una specie di “crisi psicotica” con “mal di testa” e “deliri”, ma il malore, secondo le indagini e le testimonianze, risaliva ai mesi precedenti. C’è poi la questione delle telefonate di Buoninconti al cellulare della moglie: ne risultano cinque fra le 9:01 e le 9:13. Eppure, nel corso degli interrogatori, una volta disse di non aver chiamato perché non c’era ancora ragione di farlo, e una seconda che non gli venne in mente, nel rientrare a casa, perché “io quel telefono ce l’ho da subito in mano, mi fa proprio stupido, chiamare un telefono che tengo in mano!”. Secondo gli accertamenti tecnici, Buoninconti chiamò per tentare di capire dove fosse finito l’apparecchio della moglie
“Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini” indicano “Michele Boninconti come l’autore delle gravissime condotte che gli vengono attribuite”. Lo scrive il Gip Giacomo Marson nell‘ordinanza di arresto nei confronti del marito di Elena Ceste sottolineando che ciò emerge “in maniera dirompente”. “Ciò che in particolare connota il caso di specie – prosegue il giudice che ha firmato il provvedimento – è, infatti l’assoluta impossibilità di formulare ipotesi alternative rispetto all’ipotesi accusatoria”, così come non è “logicamente possibile formulare differenti teorie ricostruttive dotate di una seppur minima plausibilità”. Ma non solo: gli indizi nei confronti di Michele Boninconti, dice infatti il Gip “non sono soltanto numerosi, ma anche particolarmente pregnanti”. Dunque, quello che “emerge in maniera dirompente – ribadisce – è che tutti gli indizi sono univocamente indirizzati nel dimostrare come unica soluzione possibile quella posta alla base della richiesta” del pubblico ministero.
Movente è odio verso donna ‘da raddrizzare’ – Il movente dell’omicidio di Elena Ceste da parte del marito “va ricercato nell’odio maturato nel tempo”. Lo scrive il gip Giacomo Marson, del tribunale di Asti, nell’ordinanza di custodia cautelare per Michele Buoninconti. L’uomo, secondo il giudice, riteneva che Elena “fosse una moglie e una madre inadeguata”, nonché “una donna infedele e inaffidabile dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer e, quindi, ‘da raddrizzare'”. Il giudice cita il frammento di una conversazione, intercettata il 17 agosto, fra Buoninconti e i figli, su un’auto di famiglia. “Con mamma – dice l’uomo – c’ero riuscito a farla diventare donna. Solo, vai a capire cosa ha visto! Diciotto anni della mia vita per recuperarla, diciotto anni per raddrizzare mamma!”. Il gip descrive Buoninconti come “un soggetto al quale nulla deve sfuggire, interessato ad avere tutto sotto controllo, a gestire e organizzare la vita del suo nucleo familiare secondo regole non sindacabili”. “In questo contesto – osserva – si inserisce un elemento di rottura dirompente: la scoperta del tradimento della moglie, preceduta da una forte crisi matrimoniale manifestatasi almeno dal mese di ottobre 2013”. “Una moglie che come nel lontano passato del loro fidanzamento – conclude il giudice – si affacciava di nuovo a relazioni extraconiugali, a incontri segreti, a scambio di messaggi, telefonate e amicizie in chat, era diventata per l’indagato ingestibile, pericolosa, dannosa. E per questo doveva essere eliminata”. Subito dopo esser stata uccisa, secondo l’accusa dal marito, Elena Ceste fu “denudata” e gettata nel Rio Mersa. Lo scrive il gip di Torino nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Michele Buoninconti, sottolineando che l’uccisione l’occultamento del cadavere della donna “sono stati pressoché contestuali”. “Il mancato rinvenimento di brandelli di tessuto, bottoni, fibbie – afferma infatti il giudice alla luce delle perizie effettuate – evidenzia che la persona offesa non poteva indossare alcun tipo di abito nel momento in cui il suo corpo è stato immerso nel rigagnolo”. Inoltre, prosegue, al momento dell’allontanamento “la vittima non portava certamente gli occhiali, che sono stati rinvenuti nella medesima abitazione e che pure le erano indispensabili in quanto presentava un rilevante deficit visivo”
Castello di menzogne, figli condizionati dal padre – Michele Boninconti ha messo in piedi un “castello di menzogne” e ha posto in essere “vani tentativi di depistaggio” per allontanare da se il sospetto di aver ucciso la moglie Elena Ceste. Lo scrive il Gip di Torino sottolineando che “la condotta dell’indagato dimostra che la sco mparsa ed il successivo ritrovamento del cadavere…non sono stati il frutto di accadimenti accidentali né di scelte estreme volontariamente intraprese” dalla donna, “ma sono ascrivibili ad un evento del tutto estraneo alla sua sfera di dominio”. Michele Buoninconti – scrive il gip Giacomo Marson – si è comportato in modo da “condizionare i propri figli” per depistare le indagini “offrendo un modello familiare diverso dal reale”. Il giudice parla di “metodo sottilmente intimidatorio”. “Di estrema gravità – scrive il gip – anche nell’ottica di valutare la personalità dell’indagato, è il metodo sottilmente intimidatorio utilizzato per raggiungere lo scopo,suggestionando i propri figli più giovani con la paura tratteggiando uno scenario di allontanamento dalla casa e separazione dagli altri fratelli e dal padre”. Il giudice riporta nell’ordinanza il frammento di una conversazione con i figli intercettata il 5 maggio. Buoninconti: “Loro vogliono sentire solo questo, che tra di voi non andate d’accordo. Così uno va da una parte, uno da un’altra parte … Vi va bene vivere così, separati? E a me, perché mamma è … chissà dove, mi mettono ancora da un’altra parte. A casa nostra sai cosa ci fanno venire? Le zoccole, le straniere, a fottere! Perciò cercate di essere bravi tra di voi. Mi avete visto litigare con mamma?”. Figlio 1: “Sì”. Figlio 2: “E lo chiedi?” Buoninconti: “Ehh, loro questo vogliono sentire. Se glielo dite, state tranquilli che mi mettono da un’altra parte”. L’uomo, nella ricostruzione operata dal giudice, quando ha accompagnato una delle figlie a Palazzo di Giustizia per l’interrogatorio “si è preoccupato di far sì che il suo racconto si uniformasse a quello degli altri figli maggiori”.