La corruzione e la legge 190/2012. Priorità all’azione di prevenzione (2)
l fenomeno può essere classificato in funzione del comportamento del soggetto pubblico coinvolto, con riguardo alla dimensione dell’episodio e da un punto di vista penalistico
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L’eziologia del fenomeno
Un’indagine fondata su un modello della corruzione “causa-effetto” ha portato a individuare più cause del fenomeno:
- socio–culturali: la mancanza di valori etici o la presenza di retaggi culturali e politici può alimentare la convinzione della liceità di comportamenti contrari alle regole
- socio–politiche: una ridotta stabilità politica dei sistemi di governo influenza negativamente la stima dei cittadini nelle istituzioni e li spinge a condotte illecite, comunque ritenute più conformi alle proprie esigenze personali
- economiche: influiscono sul radicamento del fenomeno corruttivo in modo decisamente più rilevante rispetto alle precedenti cause. Tra esse rilevano:
- una limitata libertà di iniziativa economica
- un’eccessiva inflazione, deflazione, recessione
- dazi doganali all’importazione
- una bassa diffusione della ricchezza nel Paese, cui corrisponde un maggior desiderio di migliorare la propria posizione sociale, anche con comportamenti illeciti
- scarsa qualità e inefficienza degli interventi pubblici in settori fondamentali per la collettività, la cui propensione all’illegalità a danno dello Stato di conseguenza cresce
- legislative e amministrative: insufficienza di norme anti-corruzione e loro debole attuazione.
La diffusione della corruzione ha ricadute etico-sociali, come l’allontanamento dalla partecipazione alla politica e lo scarso affidamento verso la Pa, e anche economiche, in particolare sulle piccole e medie imprese, a causa dell’aumento dei costi dalle stesse sostenuti e della conseguente recessione, che tende a contrarre le entrate erariali, incidendo sugli investimenti come una “tassa occulta”.
Altresì, genera inefficienze economiche, diminuisce l’efficacia delle spesa pubblica e impedisce la corretta fruizione dei “beni pubblici puri”, che nascono come “beni non escludibili” (un bene non è escludibile al consumo se non è possibile impedirne il consumo qualora lo si voglia fare) e “non rivali” (il loro consumo da parte di un individuo non ne riduce la disponibilità per gli altri) e dai quali non dovrebbe essere permesso trarre un profitto privato.
Le misure da attuare per contenere ed eliminare il fenomeno, con alla base una precisa individuazione delle sue cause, sono innanzitutto rappresentate da un affinamento, in una logica di deterrenza, del quadro normativo (in Italia, peraltro, notevolmente rafforzato dalla novella del 2012), unitamente a una concreta azione di prevenzione attraverso lo sviluppo del senso civico. A ciò, si dovrebbe aggiungere il coinvolgimento dei destinatari del servizio pubblico, così da far crescere la capacità di rilevazione e di denuncia delle situazioni corruttive, di per sé stesse di non agevole individuazione in quanto attuate con una pluralità di atti, per lo più occulti.
La classificazione della corruzione
La corruzione può essere classificata in funzione del comportamento del soggetto pubblico coinvolto:
- politica: in senso soggettivo, per la qualità dell’autore, o in senso oggettivo, per la natura degli interessi coinvolti. Il corrotto cerca di mantenere lo status ricoperto o di indirizzare a proprio interesse il processo elettorale, ad esempio con comportamenti nepotistici, false promesse, benefici agli elettori per condizionarli nel voto
- burocratica: il suo sostrato fondamentale è nell’apparato e nel funzionamento della pubblica amministrazione. Chi ricopre cariche amministrativo-burocratiche, ad esempio, cerca, pur senza violare apparentemente le norme, di favorire e velocizzare l’esecuzione di servizi pubblici dei quali il cittadino avrebbe comunque dovuto beneficiare, ovvero viola o applica in maniera distorta leggi o regolamenti, ovviamente per un fine illecito (ad esempio, rallentando i tempi di conclusione del procedimento per indebolire la resistenza del privato alla dazione indebita). È qui possibile distinguere tra corruzione burocratica vera e propria (il soggetto pubblico esercita comunque le proprie funzioni, pur se con distorsioni applicative della normativa) e “state capture”, forma di corruzione nella quale le azioni di individui, gruppi o imprese per un interesse privato influenzano significativamente un processo di decision–making (fase di elaborazione) statale
- economica: si manifesta nel mercato e si realizza con il passaggio di beni materiali o monetari, che vanno ad accrescere il patrimonio personale del pubblico dipendente o funzionario (un esempio, è il peculato, con il quale l’intraneus si appropria di un bene dell’amministrazione)
- corruzione sociale: non è rilevante tanto la forma con cui si realizza la malversazione in cambio del compimento di favori, quanto piuttosto il fatto che il flusso di beni materiali e monetari non arricchisce un singolo soggetto, ma l’organizzazione di cui fa parte. È spesso considerata meno riprovevole della corruzione economica, perché il denaro è condiviso dai membri del gruppo di appartenenza, anche se deriva da un grave decadimento della morale collettiva.
Con riguardo alla dimensione dell’episodio, si distingue invece in:
- grand corruption: la corruzione più pericolosa, che si manifesta quando le alte decisioni politiche, le successive fasi di progettazione e realizzazione sono fortemente inquinate da azioni di corruzione, ad esempio, nei processi decisionali relativi a stanziamenti ingenti inquinati da illecite prassi o dazioni per garantire che le gare d’appalto siano aggiudicate a soggetti previamente individuati
- petty corruption: realizzata con azioni di piccola dimensione, è l’uso deviato (abuso) di unofficium pubblico per ottenere un beneficio privato nell’erogazione di un servizio di routine al cittadino o alla piccola impresa. Prevede il pagamento di modeste somme di denaro o utilità, corrisposte, ad esempio, per sveltire le pratiche.
Due studiosi statunitensi (Andrei Shleifer, economista russo americano e professore di Economia dell’Università di Harvard, e Robert Vishny, economista americano, docente di Finanza alla Chicago Booth School of Business) hanno affermato che la corruzione non è sempre il frutto di accadimenti singoli e scollegati fra loro, ma può anche costituire un vero e proprio, ben organizzato, network criminale. Si distingue quindi:
- corruzione caotica: i burocrati agiscono in assoluta indipendenza l’uno dall’altro, con l’eventualità che il cittadino debba pagare tangenti a più funzionari per lo stesso servizio o nell’ambito dello stesso procedimento amministrativo, senza però essere certo che il servizio gli sia poi effettivamente fornito
- corruzione ben organizzata, nella quale la gestione dell’intero sistema della corruzione è monopolistico e centralizzato, nelle mani di un soggetto unico (monarca, dittatore, partito politico, capo della burocrazia), che garantisce quanto e a chi pagare e l’effettività della prestazione (spesso illecita) richiesta.
Un’ulteriore classificazione è quella ritraibile dal codice penale. L’articolo 319 individua la corruzionepropria (“per un atto contrario ai doveri d’ufficio”), mentre l’articolo 318 definisce quella impropria(già “per un atto d’ufficio” e ora “per l’esercizio della funzione”). La differenza risiedeva nell’oggetto dell’accordo (un atto rispettivamente contrario o conforme ai doveri dell’ufficio). Attualmente in Italia, dopo la riforma “Severino” del 2012, l’atto dell’ufficio è presupposto indispensabile della sola corruzione “propria” (articolo 319 cp), mentre quella “impropria” non richiede più un necessario collegamento a uno specifico atto del funzionario.
Sempre dal punto di vista penalistico, la corruzione può essere classificata come antecedente osusseguente (a seconda che la dazione o la promessa precedano il compimento dell’atto di ufficio o, in assenza di un precedente accordo, facciano seguito a esso). Con la riforma dello Statuto penale della Pa del ’90 sono state eliminate dall’articolo 319 le differenze sanzionatorie, mentre nell’articolo 318, dopo la riforma “Severino” del 2012, non c’è più traccia di tale distinzione.
Altresì, la corruzione si distingue in attiva e passiva: nella prima, viene osservata la condotta del privato, che dà o promette l’utilità; viceversa, in quella passiva, rileva l’azione del pubblico agente, che si realizza con la ricezione della dazione o l’accettazione della promessa. Questa differenziazione origina dalla specularità delle condotte del pubblico agente e del privato e, in funzione della tecnica normativa, adottata possono prevedersi due distinti e autonomi reati, oppure uno solo, fondato sull’incontro delle rispettive condotte): in alcuni ordinamenti stranieri (e anche negli atti comunitari e internazionali sulla corruzione), corruzione attiva e corruzione passiva costituiscono autonome incriminazioni.
2 – continua. Nella prima puntata, etimologia e propensione alla corruzione