Impronta dell’archivio informatico: non c’è più obbligo di comunicazione
L’adempimento è completamente abrogato, anche in relazione ai documenti fiscali conservati prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale del 17 giugno 2014
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Non è più necessario procedere all’invio dell’impronta dell’archivio informatico per estendere la validità dei documenti informatici conservati prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale 17 giugno 2014 (“Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto – articolo 21, comma 5, del decreto legislativo n. 82/2005”).
Questa la conclusione cui giunge l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 4/E del 19 gennaio 2015, in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 7, comma 3, del Dm.
Fino all’entrata in vigore di quel provvedimento, coloro che provvedevano alla digitalizzazione documentale e alla conservazione sostitutiva dei documenti informatici rilevanti ai fini fiscali avevano l’obbligo di inviare l’impronta dell’archivio informatico con le modalità previste dall’articolo 5 del Dm 23 gennaio 2004. Lo scopo, datare con certezza l’esistenza dei documenti e delle firme apposte, eliminando il problema legato alla scadenza dei certificati di firma digitale.
Il Dm 17 giugno 2014 ha stabilito, con il comma 2, che, con la sua entrata in vigore, è abrogato il Dm 23 gennaio 2004, e, con il comma 3, che “Le disposizioni di cui al decreto 23 gennaio 2004 continuano ad applicarsi ai documenti già conservati al momento dell’entrata in vigore del presente decreto”.
Sembrerebbe, pertanto, che, per i documenti conservati prima dell’entrata in vigore del Dm 17 giugno 2014, continua a sussistere l’obbligo di trasmettere alle competenti Agenzie fiscali l’impronta dell’archivio informatico oggetto della conservazione, la relativa sottoscrizione elettronica e la marca temporale (articolo 5, comma 1, Dm 23 gennaio 2004).
Tale obbligo, però, aveva la finalità di “estendere la validità dei documenti informatici”, esigenza poi superata dai Dpcm 30 marzo 2009 e 22 febbraio 2013, in base ai quali “tutte le marche temporali emesse da un sistema di validazione sono conservate in un apposito archivio digitale non modificabile per un periodo non inferiore a venti anni ovvero, su richiesta dell’interessato, per un periodo maggiore”.
Ecco perché non occorre più inviare l’impronta dell’archivio informatico per estendere la validità dei documenti informatici conservati prima dell’entrata in vigore del Dm 17 giugno 2014.
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