Il ‘filmometro’ prevede il successo delle pellicole via web
Quante volte nel vedere un film non ci siamo trovati d’accordo con la recensione di un critico, o pensavamo che l’Oscar andasse assegnato ad un altro? Ciò accade perchè giudicare la qualità di un lavoro artistico non è semplice. Anche nel caso di premi, dal Nobel all’Oscar fino al Pulitzer, la decisione è presa da un numero ristretto di persone, sulla base di un’opinione. Adesso invece per valutare il valore di un film arriva uno strumento matematico che, tramite algoritmo, misura il successo e il significato di un film, attraverso la rete di citazioni avute su Internet.
Descritto sulla rivista dell’Accademia di scienze americane (Pnas), il ‘filmometro’ è stato messo a punto dal gruppo di ricerca della Northwestern University di Evanston coordinato da Luis Amaral ed è stato collaudato su oltre 15.000 film che fanno parte dell’Internet Movie Database.
I ricercatori sono riusciti a sviluppare questo sistema di misurazione dopo aver messo a confronto i film che risultano più citati su Internet con la lista di film scelti per essere inseriti nel registro dei film della Biblioteca nazionale degli Stati Uniti, ossia nel registro nel quale trovano posto le pellicole di riconosciuto valore storico o culturale. Altri parametri utilizzati sono stati le recensioni di esperti e il giudizio del pubblico.
Si è così visto che il numero di volte in cui un film è citato, in particolare nei 25 anni e oltre che seguono la sua uscita, è un forte indicatore del fatto che sarà inserito o meno nel registro nazionale. E il sistema funziona bene, se non meglio, delle valutazioni e giudizi di critici e pubblico. Un sistema simile a quello usato nel mondo delle ricerca scientifica, dove più uno studio è citato, e più ha un maggiore impatto.
Sembra dunque che ancora una volta, Internet e social media siano un ‘termometro’ efficace nel misurare le cose più disparate, dalla nostra personalità all’umore del pianeta, dalla salute al successo di una campagna pubblicitaria. Ma bisogna stare attenti. Secondo Edoardo Novelli, docente di Sociologia dei media all’università Roma Tre, ”l’uso, ad esempio, di Twitter per la cosiddetta ‘analisi dei sentimenti’, analizzando le associazioni positive o negative ad un argomento, o vedendo i più citati o letti ad esempio su Google o Amazon può portare ad un fenomeno di autocitazione, per cui i primi o più visti sono quelli che escono primi nelle ricerche. I primi in classifica finiscono per rimanere i primi sempre, riducendo una fruizione libera e aperta e la ricerca della diversità. Sono dati validi dal punto di vista quantitativo ma bisogna stare attenti a come li si usa”.