Per l’ammissione al passivo non va notificata la cartella
È quanto si desume dall’ordinanza della Cassazione n. 25863 del 9 dicembre 2014.La vicenda
Il tribunale di Bari accoglieva parzialmente l’opposizione allo stato passivo di un fallimento presentata da Equitalia Sud, ammettendo solamente i crediti iscritti a ruolo per i quali l’agente aveva dato prova dell’avvenuta notifica della cartella di pagamento.
Secondo i giudici di merito, la predetta notifica costituisce presupposto indefettibile per l’ammissione al passivo del credito tributario, in quanto idonea a consentire al debitore o al curatore di proporre ricorso al giudice tributario, ai fini dell’ammissione con riserva.
La decisione veniva impugnata per cassazione sia dal Fallimento sia, in via incidentale, da Equitalia, che si doleva della violazione degli articoli 87 e 88 del Dpr 602/1973, ritenendo che, ai fini dell’ammissione al passivo dei crediti tributari, l’agente alla riscossione fosse tenuto a produrre unicamente il ruolo e non anche a notificare preventivamente al debitore o al curatore la cartella esattoriale, trattandosi di adempimento non necessario in caso di fallimento del debitore, il cui diritto di difesa è garantito dalla possibilità di impugnare il ruolo, ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs 546/1992.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha accolto il ricorso dell’agente della riscossione, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
I giudici hanno sottolineato la superfluità della notifica della cartella esattoriale nell’ambito di una procedura concorsuale, la cui pendenza comporta il divieto di promovimento o di prosecuzione di azioni esecutive individuali.
Il ruolo, infatti, benché atto interno dell’Amministrazione, costituisce lo strumento fondamentale della riscossione, poiché contiene l’indicazione del periodo di imposta cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie eventualmente irrogabili.
Se ne ricava che “in un sistema, quale quello di verificazione del passivo in sede concorsuale, in cui l’agente alla riscossione può far accertare il credito mediante produzione dell’estratto del ruolo, il curatore che intenda contestare la pretesa tributaria sia legittimato all’autonoma impugnazione del ruolo medesimo, secondo quanto previsto dal Dlgs n. 465 [recte 546] del 1992, articolo 19, lettera d), e non abbia alcuna necessità di attendere la previa notifica della cartella esattoriale” (cfrCassazione 6126/2014, 6520/2013 e 6646/2013).
Ulteriori osservazioni
L’articolo 87, comma 2, del Dpr 602/1973, prevede che, a seguito del fallimento del debitore, “il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle Entrate l’ammissione al passivo della procedura“.
L’articolo 88, comma 1, aggiunge che, “se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva“. La previa notifica della cartella, dunque, non è prevista, e, del resto, il diritto di difesa della curatela non è violato, posto che il curatore ha conoscenza della pretesa tributaria grazie al deposito del ruolo in sede di insinuazione al passivo.
In altri termini, secondo la ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, “il titolo in base al quale il concessionario è legittimato all’insinuazione è costituito dal solo ruolo, mentre nessun accenno è fatto alla necessità che l’insinuazione debba essere preceduta dalla notifica della cartella di pagamento e tanto meno che quest’ultima debba essere divenuta definitiva, cosicché deve ritenersi che anche i crediti iscritti al ruolo e azionati da società concessionarie per la riscossione devono seguire, nel caso di avvenuta dichiarazione di fallimento del debitore, l’iter procedurale prescritto dalla legge fallimentare, legittimandosi la domanda di ammissione al passivo (se del caso con riserva ove sorgano contestazioni) sulla base del solo ruolo” (cfr Cassazione 6520 e 6126 del 2013, 12019/2011 e 5063/2008).
Del resto, il ruolo, come ben specificato dall’ordinanza in commento, benché atto interno dell’Amministrazione finanziaria, “costituisce lo strumento fondamentale della riscossione, poiché contiene l’indicazione del periodo di imposta cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie“. Già in passato, la Cassazione si è occupata dell’insinuazione al passivo di un fallimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
A tal proposito, si ricorda la sentenza a sezioni unite 4126/2012, con cui è stato precisato che:
- anche l’Agenzia delle Entrate, in qualità di titolare del credito azionato, è legittimata a far valere il credito tributario nella procedura fallimentare. A tal proposito, la pronuncia ha ricordato che “il potere rappresentativo dell’Amministrazione finanziaria allo stesso riconosciuto (ovvero all’agente della riscossione) non vale a escludere la titolarità del credito da parte di quest’ultima e, per l’effetto, il diritto di farlo valere nell’ambito della procedura fallimentare, come d’altro canto specificamente già affermato da questa Corte in precedente decisione (C. 10/24963)“
- a questo scopo non è necessario che il credito vantato sia stato previamente iscritto a ruolo. In base al diritto vigente, infatti, per l’insinuazione al passivo è richiesta la semplice esposizione dei fatti ed elementi di diritto costitutivi della pretesa creditoria e non altresì l’allegazione del ruolo (si veda l’articolo 93 del regio decreto 267/1942).
Se ne desume che la previa formazione del ruolo è necessaria solo quando a procedere sia l’agente della riscossione: si tratta infatti di fattispecie che presuppongono, fisiologicamente, la preventiva formazione del ruolo e la conseguente allegazione all’istanza di ammissione al passivo.