Le Canzoni Della Grande Guerra
Articolo del Prof. Pancrazio Caponetto
Si può conoscere la Storia d’Italia anche attraverso le canzoni. Quando alla fine degli anni Novanta del secolo ormai passato, lo storico Mario Isnenghi insieme ad altri specialisti , lavorarono al libro I LUOGHI DELLA MEMORIA, un’opera sul patrimonio di memorie del popolo italiano, scelsero di dedicare un capitolo, curato da Emilio Franzina, agli inni e alle canzoni nella Storia d’Italia.
Franzina comincia la sua ricognizione nella Storia della musica popolare italiana, dal XVIII secolo, quando nacque l’uso dei contrafacta, cioè canzoni che riprendevano l’aria musicale di un brano o di un’opera più famosa, per celebrare feste e cerimonie pubbliche. Successivamente, in età Romantica, si affermerà il melodramma, con Giuseppe Verdi che svolgerà il ruolo di “padre” della Nazione. Alcuni cori delle sue opere ( Nabucco, Lombardi alla Prima Crociata ), diffusero, infatti, le ragioni morali dell’unità nazionale. Princìpi e contadini li impararono a memoria scoprendo nelle note di quelle arie, un’identità spirituale mai conosciuta in Italia. Identità spirituale e nazionale che ricomparirà nei numerosi canti patriottici del Risorgimento, “ primo laboratorio musicale e canoro del nostro immaginario nazionale.”
Dopo l’unità d’Italia, la scena musicale sarà occupata per qualche decennio,da canti politici e sociali di ispirazione socialista e anarchica che raccontavano le dure condizioni di vita delle classi più disagiate e davano loro una speranza di riscatto.
Con la guerra di Libia ( 1911-1912 ) si inaugura una nuova stagione nella storia della canzone italiana, quando anche nei canti patriottici emerge l’influenza della musica leggera e delle canzonette commerciali dilaganti nei caffè concerto e nei teatri grazie alle esibizioni di figure divistiche come la Bella Otero, Lina Cavalieri e Josephine Baker.
Ma ,come ha scritto Franzina, “ il luogo dei luoghi della memoria nazionale in musica, fu la Grande Guerra.” “Vero fuoco, in molti sensi, in cui convergono per un lungo quadriennio di battaglie e di sacrifici materiali al fronte e nel Paese, le tensioni e le propensioni accumulate in cinquant’anni di vita unitaria.
Una delle canzoni più famose scritta negli anni della Grande Guerra, fu O’surdato’nnamurato di Cannio e Califano. Anche questa fu un frutto maturo della musica leggera italiana e con i suoi richiami alla vita e all’amore fu interprete fedele delle emozioni presenti nella società italiana dell’epoca. Ad essa si affiancarono canzoni patriottiche come La leggenda del Piave di E.M.Mario , che fu anche inno nazionale dal1943 al 1946, La Canzone del Grappa di Meneghetti e De Bono ed anche numerosi canti di guerra noti soprattutto nelle versioni degli alpini: Bandiera nera, Bersagliere ha cento penne, Sul ponte di Bassano, Sul cappello. Tutti canti destinati ad avere un’immensa popolarità, utili come fonti per ricostruire un’idea della guerra e dell’ amor di patria, ma non sempre rispettosi delle verità della Storia. Ad esempio il testo de La leggenda del Piave, soprattutto nel suo riferimento ai patrioti irredentisti triestini, Nazario Sauro, Guglielmo Oberdan e Cesare Battisti, esprime un’idea di guerra patriottica, risorgimentale, una quarta guerra di Indipendenza combattuta per il compimento della Unità nazionale. Ma nel momento in cui attribuisce al “tradimento” la sconfitta di Caporetto, nasconde la verità storica che ha svelato le gravi responsabilità degli alti comandi militari italiani.
Meno noti sono alcuni canti raccolti e commentati da Emilio Jona in un libro del 1962, LE CANZONETTE CHE FECERO L’ITALIA.
Ad esempio l’Inno delle fiamme nere, l’inno, cioè degli Arditi, le truppe d’assalto dell’Esercito Italiano, ci aiuta a capire aspetti della guerra e anche di alcuni movimenti culturali italiani .
Uno stralcio del testo. “ Avanti Arditi/ le Fiamme Nere/ son come il simbolo tra le tue schiere/ scavalca i monti/ divora il piano/ pugnal fra i denti/ la bomba a mano.”
Giustamente osserva Jona che l’inno è una glorificazione della forza, ma non intesa come tensione morale, ma come violenza. Questa idea della guerra e della violenza intese come supreme prove di coraggio e maturità dell’uomo, ebbe una certa diffusione nell’Esercito e nella cultura italiana. Già prima del conflitto il futurismo, movimento letterario ed artistico, aveva definito la guerra, sola “igiene del mondo”, considerandola come un’esperienza che eliminando gli individui deboli, che soccombevano nella prova, e ridimensionando i popoli sconfitti, rendeva in un certo senso il mondo più “sano”, in quanto dominato da uomini coraggiosi usciti vincitori dal conflitto.
Ma non erano solo questi i sentimenti diffusi tra i soldati italiani, come dimostrano altri canti lontani sia dalla retorica delle più famose canzoni alpine che dall’esaltazione della guerra cara agli Arditi e ai futuristi. Si leggano ad esempio alcuni versi di Monte Nero.: “Monte Nero, Monte Nero/ traditor della vita mia/ ho lasciato la mamma mia / per venirti a conquistà/ per venirti a conquistare/ abbiam perduto molti compagni/ tutti giovani sui vent’anni/ la sua vita non torna più/ colonnello che piangeva/ nel veder tanto macello/ fatti coraggio alpino bello/ che l’onore sarà per te.”
E’ un canto che racconta la vita dura del soldato e le immani sofferenze della guerra. Un canto che insieme a Portantina che porti quel morto, Ta-Pum ed altri, non offre consola zione, dimenticanza o evasione, ma, come ha scritto Jona, racconta piuttosto “ un dolente o lucido sprofondare nella sorte del soldato e un colloquio con la morte.”
Temi simili compaiono anche nelle canzoni popolari di protesta, con la differenza che, in questi brani, l’ostilità alla guerra non si accompagna al rassegnato adempimento del dovere militare. Si tratta di un filone di canti per anni censurato e rimosso, riemerso alla luce solo in alcuni studi degli anni Sessanta del secolo scorso.
La più famosa di queste canzoni antimilitariste è Gorizia. Nel testo non c’è la celebrazione patriottica della città conquistata dalle truppe italiane nel 1916. Leggiamo, infatti . “ O Gorizia tu sei maledetta/ tanti cuori son senza coscienza/ dolorosa mi fu la partenza e per tanti ritorno non fu/ o vigliacchi voi che ve ne state/ con le mogli sui letti di lana/ distruttori di carne umana/ questa guerra ci insegna a pugnar/ traditori signori ufficiali/ che la guerra l’avete voluta/ scannatori di carne venduta/ e rovina della gioventù./
In altri casi la protesta antimilitarista si nutre anche di messaggi politici come in una canzone sovversiva, sequestrata al Processo di Pradamano, nel quale vennero condannati militari che avevano diffuso idee socialiste. Nel testo si legge: “ Di mille fandonie/ v’han piena la testa/ per meglio portarvi/ supini a morir/ ai vecchi confini/ voi tutti correste/ gridando a gran voce/ vai fuori o stranier/ ma il vero nemico/ dei vostri interessi/ con riso satanico/ in cuore gioì/ e ancora una volta/ le maglie stringeva/ di quella catena/ che servi vi fa/ il vero nemico del vostro avvenire/ un sol è davvero/ il gran capital…/
Molte di queste canzoni si possono ascoltare, nelle versioni moderne, accedendo al sito di youtube. Alcuni testi, con gli accordi delle canzoni si possono trovare sul sito www.ildeposito.org un archivio che raccoglie brani di protesta politica e sociale, comparsi in Italia dal Settecento fino ai giorni nostri.