I Processi dei Tribunali Militari Italiani nella Prima Guerra Mondiale
Articolo del Prof. Pancrazio Caponetto.
Nel 1968, lo storico Alberto Monticone e il giornalista Enzo Forcella, pubblicarono un libro, PLOTONE DI ESECUZIONE I PROCESSI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE.
Il libro è il frutto di una ricerca di archivio. Monticone e Forcella studiarono un materiale di circa 100.000 sentenze contenute in buste trovate in due fondi dell’Archivio centrale di Stato di Roma. Pubblicarono 166 sentenze, con una prefazione di Forcella e una introduzione di Monticone sul regime penale nell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale.
Le sentenze condannano soldati protagonisti di diserzioni, ammutinamenti, corrispondenze disfattiste, casi di autolesionismo, atti di codardia in faccia o in presenza del nemico, diffusione nelle trincee di idee antimilitariste. Secondo Forcella un “immenso cimitero di drammi umani.”
Per anni non è stato facile in Italia parlare di questi episodi. Infatti i documenti studiati da Forcella e Monticone nel 1968, giacevano da cinquant’anni nei sotterranei dell’Archivio di stato di Roma ammucchiati in grosse cartelle. Due anni dopo la pubblicazione di questo libro, il regista Francesco Rosi, girò un film sulla Prima guerra Mondiale, UOMINI CONTRO. Un film con chiaro messaggio pacifista e antimilitarista che raccontava alcuni degli episodi di ribellione accaduti nell’esercito italiano durante la guerra. Per quel film Rosi fu denunciato per vilipendio alle Forze Armate. Questa è la conferma del fatto che in Italia, ha dominato un’idea della Prima Guerra Mondiale, di tipo patriottico-risorgimentale. La guerra veniva vista come la Quarta guerra di Indipendernza, il conflitto che aveva completato il processo di unità nazionale, con la conquista di Trento e Trieste. Per questo nobile ideale patriottico si erano battuti tutti i soldati, appoggiati dal sostegno unanime della Nazione. Questa idea della guerra patriottica era incompatibile con la storia del conflitto che noi possiamo ricostruire attraverso le sentenze pubblicate da Forcella e Monticone; sentenze che ci aiutano a capire la tragica realtà della Guerra del ’15-’18.
Tra le sentenze pubblicate da Monticone spiccano quelle sull’ammutinamento della Brigata Catanzaro e sul Processo di Pradamano.
Il primo caso fu uno degli episodi più gravi di rivolta di tutta la guerra. Ci fu uno scontro a fuoco tra i soldati rivoltosi e le truppe intervenute per sedare la ribellione. Nella sparatoria furono uccisi due ufficiali e nove soldati, altri rimasero feriti. Placata la rivolta furono fucilati sedici soldati arrestati con le armi cariche e le canne di fucile calde per gli spari. La Sesta Compagnia del142° reggimento, ammutinatasi in massa fu decimata. Venne fucilato un soldato ogni dieci per dare l’esempio a tutta la truppa.
Il Processo di Pradamano fu celebrato davanti al Tribunale speciale di guerra del XXIV corpo d’Armata, nel 1917. E’ il più importante atto della Giustizia militare nella repressione della propaganda socialista nell’Esercito. Il processo fu istituito a carico di diciannove imputati militari e civili, che avevano diffuso idee e principi deliberati nelle Conferenze socialiste di Zimmerwald e Kienthal, città dove si riunirono rappresentanti di partiti socialisti contrari alla guerra. Il processo si concluse con la degradazione di alcuni ufficiali e con condanne a pene detentive.
A distanza di tanti anni da questi episodi e dal lavoro di Forcella e Monticone, segnaliamo alcune recenti prese di posizione che vanno nella direzione contraria a quella seguita per decenni in Italia. Un articolo comparso sul quotidiano LA REPUBBLICA il 18 novembre di quest’anno riporta le parole di Santo Marcianò vescovo Ordinario militare. Egli ha invitato a comprendere le ragioni che hanno sostenuto le scelte di quei soldati e ha chiesto di riabilitare i militari disertori, come caduti di guerra, perché giustiziarli fu un atto di violenza, gratuito, da condannare.
Non conosciamo il numero esatto dei soldati italiani fucilati per diserzione. Pare che siano stati circa mille su quattro milioni e duecentomila soldati combattenti al fronte. Luci su questo fenomeno possono venire da due recenti studi: I DISOBBEDIENTI NELL’ESERCITO ITALIANO DURANTE LA GRANDE GUERRA, di Bruna Bianchi, pubblicato nel 2001 e GLI AMMUTINATI DELLE TRINCEE. DALLA GUERRA DI LIBIA ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1991-1918, di Marco Rossi.
Lo studio di Rossi vuole dare voce a uomini “prigionieri delle trincee”, che “ combatterono una loro guerra dentro la guerra, ammutinandosi agli ordini criminosi dei generali, disertando, dandosi alla macchia, animando rivolte per difendersi da una Patria che li mandava al massacro e li voleva assassini di altri sfruttati.”