Se c’è “clemenza”, non c’è deroga: le rate vanno pagate tutte in tempo
Il carattere “buonista” e le finalità di tale forma di condono subordinano il perfezionamento all’integrale versamento di quanto dovuto, senza ulteriori indulgenze
Nessun rilievo assumono, ai fini della sanatoria fiscale, i comportamenti colposi o dolosi di terzi. Ciò a prescindere dalla buona fede del contribuente.
È quanto si desume dall’ordinanza 17153/2014 della Corte suprema.
La vicenda processuale
La controversia in esame nasce dall’impugnazione del diniego di condono Irpef e Ilor relativo al periodo d’imposta 1993. Con detto provvedimento, l’ufficio informava il contribuente dell’inefficacia del condono, dato il mancato versamento dell’intero dovuto.
I giudici di primo grado accoglievano il ricorso, individuando il momento perfezionativo della sanatoria nel versamento della sola prima rata, sull’assunto che il mancato pagamento della seconda rata era addebitabile esclusivamente al professionista incaricato, stante la buona fede del contribuente.
La decisione di primo grado veniva confermata dalla Ctr.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione con un unico motivo di impugnazione, lamentando la violazione dell’articolo 12 della legge 289/2002, laddove la Ctr aveva ritenuto ai fini del perfezionamento del condono l’efficacia del versamento della sola prima rata, considerato l’inadempimento del professionista incaricato al versamento della seconda.
La pronuncia della Cassazione
I giudici di legittimità, nell’accogliere il ricorso del Fisco, hanno ribadito il principio di diritto in base al quale “l’efficacia della sanatoria prevista dall’articolo 12 della Legge 289/2002 è condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’omesso o anche soltanto ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente, non potendo avere rilievo, nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, il comportamento colposo o doloso di terzi (nella specie, il commercialista di fiducia)“.
Ne è derivata la decisione della causa nel merito, in mancanza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, con conseguente rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
Osservazioni
Il condono, di cui all’articolo 12 della legge 289/2002, considerato quanto chiarito dalla Corte suprema in diversi pronunciamenti (cfr Cassazione, sentenze 2410/2006, 14440/2005 e 18353/2007), ha una sua peculiare struttura e funzione, che lo diversificano dalle altre forme di sanatoria previste dalla stessa legge.
L’articolo in questione, infatti, applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative a Irpef e Ilor, disciplina una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle eventuali spese sostenute dal concessionario. Tale disposizione, laddove consente la definizione di una cartella esattoriale in misura ridotta rispetto all’importo iscritto a ruolo, comporta una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già definitivamente accertato a fronte di un introito immediato.
Trattasi, dunque, di una particolare forma di sanatoria (“condono clemenziale”) di natura diversa rispetto a quelle previste dagli articoli 7, 8, 9, 15 e 16 della legge 289/2002 (“condoni premiali”), le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi secondo regole peculiari e differenti da quelle ordinarie, del proprio rapporto tributario.
Ne consegue che il condono (ex articolo 12) non comporta alcuna incertezza in ordine al quantumnormativamente indicato da versarsi da parte del contribuente, per definire favorevolmente la vicenda fiscale, per cui l’efficacia della sanatoria deve considerarsi condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto. L’omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima, regolarmente pagata, pertanto, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente (cfr Cassazione, sentenza 20746/2010).
Nel momento in cui, infatti, l’interesse finanziario di “cassa immediata” per l’Amministrazione non si realizza, in difetto dei tempestivi versamenti, viene meno la ratio dell’istituto.
È evidente che in dette ipotesi, doppiamente patologiche (primo mancato versamento delle imposte originarie comportante l’emissione della cartella; secondo mancato versamento delle rate dovute in adesione al condono), il legislatore non avrebbe potuto individuare il momento perfezionativo della sanatoria nel versamento della sola prima rata.
L’ordinanza in esame, oltre a rafforzare l’orientamento di legittimità, conferma altresì quanto espresso dall’Amministrazione finanziaria in diversi documenti di prassi, in particolare nella circolare n. 28/2003, dove viene espressamente evidenziato come “il versamento soltanto parziale degli importi dovuti al 16.05.2003 o al 16.04.2004 (con riferimento alla sanatoria dei carichi di ruolo pregressi di cui all’art. 12 della L. 289/2002) comporti per il contribuente la decadenza dai benefici della sanatoria in questione. Ciò in quanto manca nell’art. 12 una disposizione analoga a quelle contemplate negli artt. 7, comma 5; 8, comma 3; 9, comma 12; 15, comma 5; 16, comma 2, che pur in presenza di pagamento parziale, faccia salvi gli effetti della sanatoria“.
Di analogo tenore la risoluzione n. 125/2005, la quale ribadisce la decadenza dal beneficio per il mancato perfezionamento della definizione “ … che avviene solo quando siano versate integralmente le somme dovute e sia rispettata la scadenza prevista dalla legge“.
In tale prospettiva, i giudici di legittimità evidenziano l’irrilevanza dell’eventuale comportamento colposo o doloso di terzi, quale, ad esempio, come nel caso concreto, quello del commercialista che materialmente ha omesso il versamento della seconda rata.