L’omesso pagamento di una rata si ripercuote su tutte le successive
Le quote mensili di versamento dell’accisa sul gas metano non costituiscono distinti adempimenti di autonomi debiti, ma modalità di assolvimento di un unico debito annuale
Con la sentenza n. 3100/201, la Cassazione si è pronunciata in merito alla legittimità di taluni avvisi di accertamento concernenti l’omesso pagamento di alcune rate mensili di acconto dell’accisa sul gas metano. Al riguardo, la società contribuente – che aveva provveduto a pagare tempestivamente le rate successive – contestava che l’ufficio aveva erroneamente imputato i versamenti tempestivamente compiuti alle rate di acconto non ancora scadute, in violazione dell’articolo 1193 cc, in quanto le causali dei versamenti esprimevano la scelta, spettante alla debitrice, d’imputare i pagamenti ad alcuni debiti anziché ad altri.
Secondo la Cassazione, tale prospettazione è infondata, dal momento che le rate mensili di versamento dell’accisa non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, ma piuttosto a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate.
Tale orientamento dei giudici dei legittimità trova fondamento nella formulazione dell’articolo26, comma 8, del testo unico delle accise (Tua, emanato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, nel testo utilizzabile ratione temporis), recante disposizioni particolari per il gas metano, a norma del quale, “l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base di dichiarazioni annuali contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta, che devono essere presentate dai soggetti obbligati entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo ci quello cui si riferisce …”.
La Cassazione ritiene, in sostanza, che il debito d’imposta è unico e il suo ammontare è accertato in base alla dichiarazione annuale, ma corrisposto in base ai consumi dell’anno precedente, di guisa che le rate di acconto mensili ne rappresentano frazionamenti.
Ne consegue che, al cospetto di un debito unitario e dei singoli suoi parziali adempimenti, non è applicabile la normativa sull’imputazione dei pagamenti, invocata dalla società ricorrente, bensì trova immediata applicazione alla fattispecie l’articolo 1194 cc: la norma, che vieta al debitore d’imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore (comma 1), stabilendo altresì che il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi, concernendo un solo debito, sebbene in relazione ai suoi accessori (comma 2), attiene, difatti, esclusivamente all’esatto adempimento, di guisa che si applica al pagamento del capitale e dei relativi interessi.
Chiara risulta, secondo la Cassazione, la ratio di questa normativa, in quanto il creditore, qualora fosse costretto ad accettare la diversa imputazione fatta dal debitore al capitale prima che agli interessi, perderebbe il beneficio dell’ulteriore fruttificazione del proprio capitale.
Questa limitazione legale comporta lo scomputo almeno delle quote dei versamenti tempestivamente operati dalla società in relazione alle rate non scadute per importi corrispondenti agli interessi e all’indennità di mora maturati in relazione alle rate scadute e non versate e la loro legale imputazione a questi, in relazione a ciascun debito annuale di accisa; di qui, la parzialità dell’adempimento delle rate non ancora scadute e la conseguente tardività dei pagamenti via via susseguitisi, volta per volta scomputati delle quote da imputare a indennità di mora e interessi nel frattempo maturati, con effetto inevitabilmente a cascata.
I giudici di legittimità concludono che la regola legale in questione risulta puntualmente riprodotta nell’articolo 320 del decreto ministeriale 10 luglio 1969, applicabile ratione temporis, secondo cui, per quanto d’interesse, “… qualora nell’importo versato non siano compresi, in tutto o in parte, gli interessi e l’indennità di mora, il relativo ammontare è prelevato dall’importo di ciascun versamento e imputato ai corrispondenti capitoli di bilancio …”.
In merito alla legittimità dell’applicazione del citato decreto ministeriale del 1969 in ipotesi di omessi e parziali versamenti delle accise sul gas metano, si veda la sentenza 20 novembre 2013, n. 25972.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME