“Congiunti” nel bene e nel male, anche se poi arriva la separazione
Presentare insieme la dichiarazione dei redditi non è un obbligo ma una scelta e moglie e marito che optano per tale soluzione devono accettarne tutte le eventuali conseguenze
La responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento delle imposte iscritte a ruolo, a seguito di accertamento, non viene meno laddove, in presenza di dichiarazione congiunta, sia cessata la convivenza matrimoniale per separazione personale.
La dichiarazione congiunta costituisce una facoltà accordata ai coniugi non separati, che una volta esercitata produce tutte le conseguenze, vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge, indipendentemente dalle successive vicende matrimoniali.
È quanto emerge dall’ordinanza 17160 del 29 luglio 2014, della Corte di cassazione.
Vicenda processuale
Il contenzioso origina dall’impugnazione di due cartelle di pagamento, notificate alla ricorrente, in qualità di coobbligata solidale.
In particolare, gli importi dovuti (versamenti omessi) erano stati iscritti a ruolo a seguito della liquidazione, ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, della dichiarazioni dei redditi, presentata congiuntamente al marito.
La ricorrente, adita la competente autorità giudiziaria, chiedeva l’annullamento degli atti impugnati, eccependo la non debenza delle somme iscritte a ruolo per intervenuta separazione legale; nel ricorso si leggeva, altresì, che la dichiarazione in forma congiunta era avvenuta a sua insaputa e con sottoscrizione false.
L’ufficio e il concessionario (chiamato in causa) si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dei ricorsi.
La Ctp di Varese accoglieva il ricorso ritenendo che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare l’avviso bonario anche alla parte obbligata solidalmente, stesso verdetto in appello.
In particolare, il Collegio meneghino ha motivato il rigetto dell’appello, argomentando che, in presenza di coniugi separati legalmente, non è consentito all’Amministrazione finanziaria notificare a uno dei due l’atto impositivo per poi procedere con la cartella esattoriale, per l’esazione del credito nei confronti dell’altro.
Si legge nella sentenza di merito che “in ipotesi di dichiarazione congiunta, la notifica (dell’eventuale atto di accertamento, della reiezione del condono, di quant’altro prodromico alla emissione della cartella) avvenuta nei confronti del marito non ha effetti nei confronti della moglie quando tra i coniugi sia intervenuta una separazione legale”.
L’ufficio ha interposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 17 della legge 114/1977, norma che consente ai coniugi (all’epoca dei fatti non ancora legalmente separati), di presentare su unico modello, la dichiarazione dei redditi di ciascuno di essi.
Decisione – ulteriori osservazioni
Con la pronuncia in rassegna, i giudici di legittimità hanno condiviso la tesi erariale secondo cui la dichiarazione congiunta costituisce una facoltà che, una volta esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze vantaggiose ed eventualmente svantaggiose derivanti dalla legge e che ne connotano il peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio, pertanto, la responsabilità solidale dei coniugi non può dirsi influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale.
In tal senso depone anche il citato articolo 17 secondo cui, in caso di dichiarazione congiunta, gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi e notificati solo nei confronti del marito, anche se la moglie è responsabile in solido per il pagamento delle imposte, sanzioni e interessi.
Nello specifico si tratta di un’ipotesi di solidarietà dipendente (cfr Cassazione, sentenza 19056/2006) non lesiva dei “principi di eguaglianza e capacità contributiva”, in quanto è frutto di una libera scelta dei contribuenti, consapevoli delle conseguenze giuridiche e fiscali sottostanti.
Tale disciplina, di certo, non viola il diritto di difesa della moglie, in quanto la stessa può far valere le sue ragioni nel momento in cui avrà effettiva contezza della pretesa erariale.
La sentenza della Ctr di Milano, di contro, ha annullato le cartelle di pagamento impugnate sull’infondato convincimento che ogni atto prodromico all’emissione della cartella deve essere notificato anche alla coobbligata solidale, che in tal modo ha visto compromesso il proprio diritto di difesa.
L’ufficio, a parere della Corte, ha operato correttamente, in quanto la liquidazione è stata effettuata sulle dichiarazioni presentate dai coniugi congiuntamente, ai sensi dell’articolo17 della legge 114/1977, né, evidenziano i giudici, si profila il rischio di legittimità costituzionale in riferimento all’articolo 24 “essendo da escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dell’avviso di mora a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di mora e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione alla mancata notifica diretta degli atti precedenti”.
La questione di legittimità costituzionale è stata già posta all’attenzione della Corte costituzionale, che, con ordinanza 128/2000, ne ha stabilito l’infondatezza.
Più precisamente, il giudice delle leggi, ha affermato che la dichiarazione congiunta dei redditi rappresenta l’esercizio di una facoltà attribuita ai coniugi, con i conseguenti oneri e vantaggi a essa connessi, la cui disciplina, anche procedimentale, resta riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore, pertanto, l’articolo 17 non può ritenersi lesivo del principio di eguaglianza laddove, nell’evidente intento di semplificazione e snellezza del procedimento tributario, prevede la notificazione degli atti impositivi al solo marito.
La stessa Cassazione, con la sentenza 12371/2002, ha ribadito che la presentazione della dichiarazione congiunta a doppia sottoscrizione è una facoltà e non un obbligo; chi presenta la dichiarazione congiunta assume su di sé anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto. A nulla rileva la successiva separazione, posto che l’accertamento si riferisce, per sua stessa natura, alla situazione in atto nell’anno fiscale che ne è oggetto.
Proprio in riferimento all’ipotesi di separazione personale dei coniugi successiva alla dichiarazione, i giudici di legittimità hanno affermato che la moglie separata può “impugnare, anche per il merito, il primo avviso a lei successivamente notificato (cfr Cassn.19239/2012;Cass.15570/2010)”.
In sostanza la scelta dei coniugi di presentare la dichiarazione congiunta comporta conseguenze inevitabili, in positivo e in negativo, che non possono essere scansate adducendo fatti sopravvenuti, riferibili alla vita coniugale.
La ratio della norma è chiara: agevolare e garantire la riscossione del credito, incluso quello erariale.
Moglie e marito che hanno optato per la dichiarazione congiunta non possono rivedere la propria posizione sottraendosi alla disciplina legale, il rischio è quello di ritenere illegittimi atti che siano il frutto di scelte consapevoli del contribuente, con evidente violazione del principio dell’affidamento, questa volta in favore dell’Amministrazione finanziaria.