Bonus prima casa: il preliminare non vale l’acquisto e addio sconto
Per evitare la decadenza dell’agevolazione occorre stipulare un contratto con il quale si acquisisce il diritto di proprietà su un altro alloggio adibito ad abitazione principale
La Corte di cassazione torna a occuparsi dell’agevolazione “prima casa” e, con l’ordinanza 17151 del 29 luglio, precisa che, in caso di vendita infraquinquennale di un immobile acquistato usufruendo del beneficio, la stipula del solo contratto preliminare non è sufficiente a interrompere il termine di un anno entro il quale il contribuente è tenuto a riacquistare la nuova abitazione.
La nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con il Dpr 131/1986, riconosce, a fronte di determinati requisiti, la possibilità di richiedere, per l’acquisto di un bene immobile, la cosiddetta agevolazione “prima casa”.
Il comma 4 della stessa nota II-bis), al primo periodo, stabilisce che “In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonchè una soprattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte”.
L’ultimo periodo del medesimo articolo precisa che “Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
Dunque, condizione essenziale per non incorrere nella decadenza di cui al comma 4 è che, entro l’anno dalla vendita, si proceda alla stipulazione di un atto con effetti reali (quale il contratto di compravendita), per effetto del quale si acquisti la proprietà di un nuovo immobile.
Sull’argomento, l’Amministrazione finanziaria, già con risoluzione 66/2004, richiamando la pronuncia della Corte suprema 12749/2000, aveva chiarito che “Il contratto preliminare stipulato dall’assegnatario di un alloggio costruito da una cooperativa edilizia (…), con il quale si obbliga a concludere il contratto con il quale il promissario acquirente ne acquisterà la proprietà (…) non ha efficacia reale, ma meramente obbligatoria. Il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce l’effetto reale del trasferimento del bene, ma soltanto quello obbligatorio di concludere il contratto definitivo; soltanto alla stipula di quest’ultimo si produce l’effetto traslativo del bene”.
Questa interpretazione trova oggi ulteriore conferma nell’ordinanza 17151 del 29 luglio, con la quale la Corte di cassazione – partendo dalla considerazione preliminare che “dal punto di vista civilistico il contratto preliminare di compravendita non produce che effetti obbligatori, mentre l’effetto traslativo della proprietà ex art. 1376 c.c. discende dal contratto definitivo o dalla sentenza costitutiva che di esso tiene luogo ai sensi dell’art. 2932 c.c.” – chiarisce che “Il significato letterale dell’espressione «acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale», quale elemento previsto ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta, rimanda univocamente alla necessità di porre in essere un negozio traslativo del diritto di proprietà di un immobile”.
Nello specifico, la controversia oggetto dell’ordinanza in commento attiene al caso in cui il contribuente entro un anno dalla vendita della “prima casa” non aveva ancora stipulato l’atto di acquisto avente a oggetto il nuovo alloggio da adibire ad abitazione principale, ma aveva formalizzato un contratto preliminare, nel quale si impegnava ad acquistarlo
In sostanza, l’Agenzia riteneva il contribuente decaduto dall’agevolazione, giudicando la firma del preliminare non sufficiente al mantenimento del regime di favore.
Presentato ricorso, le Commissioni tributarie provinciale e regionale, in contrasto con l’interpretazione del fisco, reputavano il preliminare idoneo a impedire la decadenza dello sconto.
La tesi accolta dalle commissioni di merito non è, invece, condivisa dalla Corte suprema secondo la quale, il contratto preliminare, ha meri effetti obbligatori e non è, quindi, in grado, di impedire la perdita dell’agevolazione.
Di più, la Corte precisa che “l’acquisto rilevante ai fini dell’ultima parte del quarto comma della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al T.U. Registro può anche essere a titolo gratuito (sent. n. 16077/13 o può anche riguardare una quota indivisa di un immobile (purché di entità tale da garantire la concreta possibilità di disporre del medesimo per adibirlo a propria abitazione, sent. n. 13291/11); ma non è dubitabile che per “acquisto” si deve intendere l’acquisizione del diritto di proprietà, e non la mera insorgenza del diritto di concludere un contratto di compravendita”.
Filomena Scarano, Nunziata Masiello, Nuovofiscooggi.it