Università, cambiano i concorsi
L’abilitazione nazionale, che la legge Gelmini del 2010 ha introdotto per sostituire le vecchie selezioni locali e che tanti ricorsi ha generato, si rinnova: sarà a “sportello” e durerà sei anni e non più quattro. A prevederlo è un emendamento – a prima firma Manuela Ghizzoni (Pd) – al dl Pa che ha ottenuto giovedì notte l’ok della commissione Affari costituzionali della Camera. E che ha potuto contare sull’ok del ministro Stefania Giannini: «Il nuovo sistema – sottolinea la titolare del Miur – rende più snella la selezione e responsabilizza gli atenei. In attesa della conversione in legge In attesa che il decreto diventi legge – aggiunge – il ministero sta già lavorando ai provvedimenti attuativi».
I contenuti rispecchiano quanto anticipato sul Sole 24 Ore dell’11 luglio scorso. Tranne che per lo strumento prescelto: anziché alimentare l’ingorgo parlamentare con un nuovo decreto il governo ha preferito inserire una norma ad hoc nel dl Madia. Il punto focale resta comunque l’eliminazione del meccanismo “bando-domande” applicato nelle ultime due tornate (2012 e 2013). La presentazione dell’istanza per essere abilitati e poter accedere così alle chiamate dei singoli atenei sarà «senza scadenze prefissate». Anche se la selezione degli aspiranti professori sarà di fatto scaglionata dal numero di riunioni delle commissioni esaminatrici (che saranno formate da 5 membri ma senza l’esperto dell’area Ocse, ndr). Che potrebbero tenersi due-tre volte l’anno.
In attesa del regolamento attuativo l’emendamento Ghizzoni fissa al 28 febbraio 2015 il termine per l’avvio della nuova selezione. Niente bando nel 2014 dunque. Con la precisazione ulteriore che l’abilitazione nazionale 2.0 avrà una durata di sei anni invece che quadriennale. Incluse le due tornate che si sono già svolte. Con una buona notizia anche per i “bocciati”: anziché stare fermi al box per due anni chi fallito dovrà aspettare solo un anno per poter ripresentare una domanda «per lo stesso settore e per la stessa fascia o per la fascia superiore». Anche i “non abilitati” delle tornate già fatte negli anni passati avranno la possibilità di ripresentarsi il prossimo anno con le nuove regole. Passando ai criteri di valutazione sono due i cambiamenti degni di nota. Il primo riguarda le pubblicazioni minime da allegare alla richiesta: dieci e non dodici; il secondo interessa in prima persona gli atenei: se faranno cattivo reclutamento saranno penalizzati nella distribuzione della quota premiale del fondo di finanziamento ordinario (Ffo) delle università. Criteri di valutazione che saranno rivisti alla luce dei parametri per singolo settore concorsuale con un nuovo decreto del ministro, sentiti il Consiglio universitario nazionale (Cun) e l’Agenzia per la valutazione (Anvur), e che andranno aggiornati ogni due anni.
«Questa revisione dell’abilitazione riprende la nostra proposta», avverte Andrea Lenzi presidente del Cun. Che promuove le nuove regole perché «finalmente l’abilitazione può diventare così una valutazione dei requisiti minimi necessari per diventare docente e non una selezione che spetta poi agli atenei». Per Lenzi c’è però ancora una carenza: «Si dà troppa importanza alla valutazione della qualità scientifica dei candidati e non anche alla capacità didattica».
Fonte: Mar.B. Eu.B., Il Sole 24 Ore