Il rinnovo del permesso di soggiorno secondo la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato: una valutazione complessa
Nota a Cons. Stato, Sez. III, Sentenza n. 2694 del 26.05.2014 di Daniele Tramutoli
Attraverso questa recentissima sentenza la Sez. III del Consiglio di Stato puntualizza l’ambito operativo – e i relativi presupposti di applicazione – della normativa in materia di immigrazione di cui al D.lgs. n. 286/1998 (c.d. “T.U. Immigrazione”), con specifico riferimento alla tematica dell’istanza di rilascio e/o rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
I giudici amministrativi, infatti – riformando integralmente il pronunciamento del T.A.R. Liguria-Genova, Sez. II, n. 1172/2013 – hanno accolto il ricorso in appello di un cittadino extracomunitario (da numerosi anni soggiornante in Italia) che si era visto negare dalla competente Questura il rinnovo del sopracitato permesso. Ciò sulla base del fatto che a carico del medesimo cittadino risultava una sentenza di condanna (inflittagli nel 2011 dal Tribunale di Chiavari) alla pena di due anni e di due mesi di reclusione ed Euro 400,00 di multa per i reati di cui agli artt. 628, comma 2, e 337 c.p. (1), e che detta condanna risultava, altresì, essere circostanza ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
I giudici di primo grado, tuttavia – ad avviso del Consiglio di Stato – avevano trascurato la (decisiva) circostanza che l’appellante fosse giunto in Italia da minorenne, al seguito del padre (regolarmente soggiornante) e aveva, quindi, usufruito di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare con il proprio genitore, salvo poi rinnovare tale titolo al compimento della maggiore età.
Il Collegio ha precisato, infatti, che la disposizione di cui all’art. 5, comma 5, del T.U. Immigrazione (2) (così come novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2007) si applica anche ad un caso – come quello in esame – nel quale “lo straniero, ormai maggiorenne, abbia esercitato il ricongiungimento familiare, in quanto tale ricongiungimento, nel quale il giudice delle leggi ha individuato uno degli elementi che l’Autorità competente deve valutare allorché esamina l’istanza di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dall’extracomunitario, deve intendersi riferito anche ai casi nei quali manca la convivenza fra i familiari e i figli non sono più minorenni” (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, sentenza n. 1 del 3.1.2014).
Il provvedimento di diniego della Questura – emesso sic et simpliciter sulla base della condanna penale – viola dunque, la sopracitata normativa nella parte in cui prevede, anche in ipotesi di condanna, “la valutazione della situazione familiare e dell’inserimento sociale dello straniero che abbia esercitato il ricongiungimento familiare e che abbia, comunque, legami familiari con il territorio nazionale”, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 202 del 18.7.2013.
La descritta valutazione, infatti, manca del tutto nel provvedimento della Questura, che ha invece adottato “un illegittimo automatismo espulsivo, sicché esso deve essere annullato, con conseguente obbligo, da parte dell’Autorità, di rideterminarsi tenendo conto della effettiva pericolosità sociale dello straniero, anche alla luce dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale ordinario . . . (omissis) . . ., del suo inserimento sociale, desumibile anzitutto dallo svolgimento di regolare attività lavorativa, dall’effettività dei suoi legami familiari, della durata del suo soggiorno nel Paese, e da ogni circostanza utile a valutarne il reale e armonico radicamento al territorio nazionale” (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, sentenza n. 3912 del 18.7.2013).
Avv. Daniele Tramutoli
Note:
1) Per rapina semplice e resistenza a pubblico ufficiale, in quanto sottraeva Euro 120,00 alla vittima, che si accingeva a pagare il parcheggio, e usava violenza alla persona addetta al controllo, intervenuta in soccorso della vittima, cercando di impossessarsi dell’arma di ordinanza di quest’ultima.
2) “ . . . nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
Cons. Stato, Sez. III, Sentenza n. 2694 del 26.05.2014
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. E.A, nato in Marocco il 1.1.1986 e da numerosi anni soggiornante in Italia in forza di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in data 28.7.2011 ne chiedeva il rinnovo alla Questura di Genova.
2. La Questura di Genova, con provvedimento n. 104/Cat.A.12/Imm.2 sez/sogg/2012 dell’8.3.2012, decretava il rigetto della richiesta, rilevando che a carico del medesimo straniero risultava sentenza di condanna alla pena di due anni e di due mesi di reclusione ed € 400,00 di multa, emessa dal Tribunale di Chiavari, per i reati di cui agli artt. 628, comma secondo, e 337 c.p. e che tale condanna risultava essere circostanza ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
3. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso avanti al T.A.R. Liguria l’interessato, deducendo i vizi di sviamento di potere, connesso a violazione di legge in relazione all’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, e nonché di sviamento di potere, connesso a violazione di legge in relazione all’art. 4 dell’ordinamento penitenziario e all’art. 47 della l. 354/1975, e ne chiedeva, previa sospensione, l’annullamento.
4. Si costituiva nel giudizio di prime cure il Ministero, resistendo al ricorso.
5. Con sentenza n. 1172 del 19.9.2013 il T.A.R. Liguria respingeva il ricorso, condannando l’interessato alla rifusione delle spese giudiziali.
6. Avverso tale sentenza ha proposto appello il sig. E.A., lamentandone l’erroneità e riproponendo i motivi di primo grado, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente annullamento del decreto di diniego impugnato.
7. Si è costituito con mera memoria di stile il Ministero appellato.
8. Con ordinanza n. 812 del 20.2.2014 veniva accolta l’istanza cautelare, proposta dall’appellante, e veniva quindi sospesa l’esecutività della sentenza impugnata.
9. Nella pubblica udienza del 15.5.2014 il Collegio, udita la sola difesa erariale comparsa, ha trattenuto la causa in decisione.
10. L’appello deve essere accolto.
11. La sentenza impugnata ha ritenuto automaticamente ostativa al rilascio del permesso la condanna dell’appellante alla pena di due anni e due mesi di reclusione e di € 400,00 di multa, inflittagli dal Tribunale di Chiavari in data 25.6.2011, per rapina semplice e resistenza a pubblico ufficiale, commessi nel 2011, quando sottraeva € 120,00 euro alla vittima, che si accingeva a pagare il parcheggio, e usava violenza alla persona addetta al controllo, intervenuta in soccorso della vittima, cercando di impossessarsi dell’arma di ordinanza di quest’ultima.
11.1. Il giudice di prime cure ha tuttavia trascurato che l’odierno appellante era giunto in Italia, da minorenne, al seguito del padre, regolarmente soggiornante, e aveva quindi usufruito di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare con il proprio genitore, salvo poi rinnovare tale titolo al compimento della maggiore età.
11.2. Questo Consiglio, anche sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla sentenza n. 202 del 18.7.2013 della Corte costituzionale, ha di recente precisato che l’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, siccome novellato dal d. lgs. 5/2007, si applica anche ad un caso, come quello presente, nel quale lo straniero, ormai maggiorenne, abbia esercitato il ricongiungimento familiare, in quanto tale ricongiungimento, nel quale il giudice delle leggi ha individuato uno degli elementi che l’Autorità competente deve valutare allorché esamina l’istanza di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dall’extracomunitario, deve intendersi riferito anche ai casi nei quali manca la convivenza fra i familiari e i figli non sono più minorenni (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 3.1.2014, n. 1).
11.3. Ne discende che, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, il provvedimento della Questura, nel giustificare il provvedimento di diniego solo sulla base della condanna penale, ha violato la disposizione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 286/1998, applicabile anche al caso di specie, nella parte in cui tale disposizione prevede, anche in ipotesi di condanna, la valutazione della situazione familiare e dell’inserimento sociale dello straniero che abbia esercitato il ricongiungimento familiare e che abbia, comunque, legami familiari con il territorio nazionale, come ha chiarito la Corte costituzionale nella citata sentenza n. 202/2013 e come ha ribadito questo stesso Consiglio nella sua più recente giurisprudenza.
11.4. Tale valutazione manca del tutto nel provvedimento della Questura, che ha invece fatto applicazione di un illegittimo automatismo espulsivo, sicché esso deve essere annullato, con conseguente obbligo, da parte dell’Autorità, di rideterminarsi tenendo conto della effettiva pericolosità sociale dello straniero, anche alla luce dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale ordinario, fruito dal 10.12.2012 al 7.5.2013, del suo inserimento sociale, desumibile anzitutto dallo svolgimento di regolare attività lavorativa, dall’effettività dei suoi legami familiari, della durata del suo soggiorno nel Paese, e da ogni circostanza utile a valutarne il reale e armonico radicamento al territorio nazionale (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 18.7.2013, n. 3912).
12. L’appello, in conclusione, va accolto e pertanto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado, per le esposte assorbenti ragioni, deve essere anch’esso accolto, con conseguente annullamento del decreto gravato in prime cure, salvi gli ulteriori provvedimenti adottati dall’Autorità amministrativa all’esito della valutazione sopra precisata.
13. Ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., le spese del doppio grado di giudizio, attesa la novità e la complessità dell’orientamento interpretativo definitosi con chiarezza solo successivamente al deposito della sentenza impugnata, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti con esso gravati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2014