Vietata per l’avvocato la spendita suggestiva della qualità di ex magistrato
Lo afferma il Consiglio nazionale forense, nella sentenza n. 213/2013
È vietata, per l’avvocato, la spendita suggestiva della qualità di ex magistrato. L’uso del titolo già posseduto, infatti, non può che essere volto ad esaltare l’autorevolezza del professionista nei confronti di clienti e colleghi. O, sotto processo, a condizionare psicologicamente i giudici. Va quindi censurato sul piano della correttezza e della lealtà. Lo afferma il Consiglio nazionale forense, nella sentenza n. 213/2013
Per il Cnf, l’utilizzo, da parte di un avvocato, nel concreto esercizio dell’attività professionale, della qualità di ex magistrato è funzionale, a prescindere dal conseguimento dell’intento voluto, ad esaltare «subdolamente la propria autorevolezza e il proprio prestigio, nonché la propria competenza, tanto agli occhi dei colleghi che della clientela, quanto degli stessi giudici, nei cui confronti anzi l’uso del titolo già posseduto può assumere valore anche di una sorta di tentativo di condizionamento psicologico».
Nel caso di specie l’avvocato, soggetto a diversi capi di incolpazione, era solito presentare se stesso, come «già magistrato di Cassazione a riposo». «Si evidenzia, peraltro», conclude il Cnf, «come nel ricorso proposto a questo Consiglio, la declaratoria di colpevolezza in ordine al capo di incolpazione in esame non ha formato oggetto di alcuna specifica censura, essendo stata omessa qualsiasi confutazione al riguardo ed essendo i motivi di ricorso diretti a contestare altri e diversi profili della decisione impugnata. Talché pare legittimo ritenere, assumendo il punto carattere assorbente rispetto al rilievo di merito sopra proposto, che su tale capo di condanna si è formato il giudicato».
Fonte: Italia Oggi