La sanzione fiscale può convivere con quella penale
Cassazione Penale. Pronuncia dopo la Cedu
Nel nostro ordinamento non vi è sovrapposizione tra le sanzioni tributarie e quelle penali in quanto è pacifico che il processo penale per tali reati “viaggi” in parallelo con l’esistenza del debito tributario da adempiersi. A fornire questa interpretazione è la Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 20266, che, a quanto risulta, è uno dei primi pronunciamenti sulla problematica del «ne bis in idem» recentemente sollevato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 4 marzo 2014 (causa “Grande Stevens e altri contro Italia”).
La pronuncia della Cassazione scaturisce da questa vicenda: una società aveva omesso di versare le ritenute effettuate nei confronti dei dipendenti per asserita mancanza di liquidità e quindi il rappresentante legale era stato indagato (articolo 10 bis del decreto legislativo n. 74/2000). All’assoluzione in primo grado, in cui erano riconosciute le difficoltà finanziarie dell’azienda, era seguito il ricorso immediato per cassazione della Procura generale.
L’imputato si era difeso rilevando che nelle more era intervenuta la sentenza della Cedu (4 marzo 2014). Tale pronuncia ha sancito che, una volta applicate nei confronti di un soggetto sanzioni amministrative, al medesimo non possono essere irrogate anche sanzioni penali, altrimenti si violerebbe il principio che vieta il doppio giudizio e la doppia pena per lo stesso reato. Con la precisazione che possono essere considerate “penali” anche le sanzioni ritenute amministrative dall’ordinamento italiano se particolarmente afflittive. Poiché nella specie il contribuente aveva versato (tardivamente) le ritenute e le relative sanzioni tributarie, invocava tale principio. Secondo i giudici di legittimità, in sintesi, nel processo penale tributario la questione non rileva perché sarebbe pacifico che lo stesso viaggi in parallelo con l’esistenza di un debito tributario da adempiersi.
La pronuncia della Cassazione appare più attenta a escludere, a priori, l’applicazione, con riferimento alle sanzioni tributarie, del «ne bis in idem», che ad approfondire la questione. Innanzitutto è stato ignorato che nella vicenda oggetto della sentenza, l’omesso versamento delle ritenute era stato effettuato da una Srl, e quindi le sanzioni penali erano state irrogate al rappresentante legale, mentre, quelle tributarie riguardavano la società.
Nessuna duplicazione, quindi, che invece si sarebbe potuta verificare in ipotesi di ditte individuali o professionisti. Poi la Cassazione esclude l’applicazione del principio perché ritiene dovuta, accanto alle sanzioni penali, anche l’imposta. Si dimentica, però, che oltre all’imposta ci sono le sanzioni tributarie particolarmente afflittive. Infine, da segnalare che la stessa Cassazione, in una relazione sulla problematica dell’ufficio del Massimario (n. 35/2014), sembra giungere a conclusioni decisamente più prudenti.
Fonte: Articolo di Antonio Iorio per Il Sole 24 Ore