Carceri: Napolitano, degrado civile, urgente porre rimedio
E’ “urgente porre adeguato rimedio” al “degrado civile e di sofferenza umana riscontrabile negli istituti”. Il nuovo richiamo del Capo dello Stato sulla questione carceri arriva in messaggio indirizzato alla Polizia Penitenziaria. Giorgio Napolitano esprime la sua gratitudine per aver “consentito di mantenere l’ordine e la sicurezza”, nonostante la “critica, intollerabile situazione di sovraffollamento delle carceri”. Ma chiede uno sforzo di aggiornamento “anche nell’ottica di un ripensamento del sistema sanzionatorio e di una rimodulazione dell’esecuzione della pena”.
Mancano meno di due settimane al termine del 28 maggio, posto dalla Corte di Strasburgo per invertire la rotta rispetto alla condizione che avevano portato il nostro paese alla violazione dell’articolo 3 della Convenzione. “Un imperativo di civiltà”, l’ha definito oggi il ministro della Giustizia, Andrea Orlando – alla cerimonia per il 197/o anniversario della fondazione della polizia penitenziaria – oltre che un’imposizione da parte della Corte Europea e un obbligo costituzionale, prima di sottolineare che gli interventi normativi adottati dal 2010 “stanno dimostrando la loro efficacia”. I numeri parlano di una riduzione della popolazione carceraria del 15%, rispetto al picco del 2010. I detenuti sono passati dai 68.258 del giugno di quell’anno ai 59.647 del 5 maggio 2014, rafforzando, ha sottolineato Orlando, un andamento che a partire dal 2009 “vede una costante e rilevante diminuzione dei flussi di ingresso nonché dei detenuti in attesa di giudizio”. Questi ultimi sono passati dai 14.367 di fine 2009 a poco più di diecimila dello scorso aprile.
Per il Guardasigilli tuttavia il problema rimane il ricorso alla carcerazione: “Le ragioni del sovraffollamento – ha sottolineato – non dipendono soltanto dal numero di reati e di condanne e dalla insufficienza delle strutture, ma anche dallo sbilanciamento peculiare del nostro Paese, tra sanzioni detentive e misure alternative, che vede le prime prevalere sulle altre anche per i reati di minore impatto sociale”. E “l’inversione di tendenza, pure notevole, registrata negli ultimi anni, che ha visto il numero di detenuti ammessi a misure alternative passare da 12.455 del dicembre 2009 a 29.223 alla fine del 2013 non è ancora sufficiente”. Le aspettative sono quindi sulla delega in materia di pene detentive non carcerarie per favorire l’accesso alla detenzione domiciliare e la cosiddetta ‘probation’.
“La direzione tracciata dal capo dello Stato è quella giusta”, ha detto il Capo del Dap, Giovanni Tamburino, che parla di una “fase due”, per poi aggiungere, “se è vero che abbiamo affrontato il sovraffollamento più severo, quello che lede la dignità, è anche vero che i detenuti dovrebbero ridursi di altre diecimila unità per rientrare in una normale fisiologia”.
Tamburino ha garantito che la situazione per la quale l’Italia è stata condannata, di spazio inferiore ai tre metri per detenuto, è rientrata: “Ora dobbiamo affrontare la situazione di coloro che hanno uno spazio tra i tre e quattro metri: una condizione che non viola la Convenzione ma che è troppo vicina al limite per non essere affrontata”, e che riguarda ad oggi circa 18 mila detenuti. Il capo del Dap ritiene che si possa prevedere una soluzione in 18-24 mesi al massimo, in modo che ogni detenuto possa usufruire di uno spazio tra i quattro e i cinque metri.