Sequestro preventivo “inattaccabile” quando “analiticamente” motivato
Questo il principio di diritto desumibile dalla sentenza della Cassazione, quinta sezione penale, n. 570, dell’8 gennaio.
I fatti
Al centro della controversia vi era il ricorso di un indagato contro l’ordinanza con la quale il tribunale del riesame di Reggio Calabria aveva confermato il provvedimento del Gip della stessa sede, di rigetto della richiesta di dissequestro di beni del predetto, sottoposti a sequestro preventivo, ex articolo 12-sexies, legge 356/1992.
L’ordinanza era stata emessa in sede di rinvio, in quanto un precedente provvedimento di rigetto dello stesso tribunale era stato annullato dalla Cassazione, sul rilievo che, a fronte di una consulenza di parte in cui si sosteneva la mancanza di sproporzione tra redditi del proposto e beni acquistati, il tribunale reggino aveva, con motivazione apparente, osservato che il contrasto tra l’assunto dell’accusa e quello della difesa sarebbe stato superato attraverso una perizia contabile da espletarsi nel giudizio di merito.
Nel provvedimento impugnato emergeva che, anche a considerare alcuni introiti del nucleo familiare dell’indagato, evidenziati nella consulenza di parte e non presi in considerazione dall’ordinanza – ossia il reddito della madre, insegnante elementare, e il corrispettivo di 9.500 euro percepito dalla stessa madre, nel 2004, dalla vendita di un garage – il giudizio di sproporzione non risultava modificato, non essendo giustificato l’abbattimento del 15%, operato dal perito di parte, dei valori per spesa media mensile, necessaria alle ordinarie esigenze di vita della famiglia dell’indagato, valori ricostruiti nel provvedimento di sequestro sulla base di specifici parametri (anno di riferimento, nucleo familiare di cinque persone, regione geografica – la Calabria – e ruolo di imprenditore del soggetto in questione).
Il ricorso
L’interessato ricorreva, allora, presso la Corte suprema deducendo il vizio di motivazione apparente, non avendo – a suo dire – il tribunale motivato, se non con clausole di stile, né l’ininfluenza degli ulteriori redditi evidenziati sul giudizio di sproporzione tra entrate e acquisti effettuati né il privilegio accordato ai valori per spesa media mensile, necessaria alle ordinarie esigenze di vita della famiglia, ricostruiti dalla polizia giudiziaria, rispetto a quelli indicati dal consulente tecnico di parte.
La pronuncia
I giudici di legittimità riconoscono come, secondo il tribunale, il consulente della parte aveva ritenuto la congruità degli acquisti rispetto alle entrate, sia considerando gli ulteriori redditi della famiglia, in sé peraltro assai modesti, sia, soprattutto, abbattendo del 15% la spesa di mantenimento del nucleo familiare dell’indagato, a fronte di una ricostruzione della spesa da parte della polizia giudiziaria fondata sui richiamati plurimi dati di riferimento.
Quest’ultima ricostruzione è stata legittimamente privilegiata dal tribunale, in quanto ancorata a parametri oggettivi e controllabili, a differenza di quella, comportante un ingiustificato abbattimento del 15%, prospettata dal perito di parte.
Quindi, la reiezione del ricorso, non sostanziandosi la motivazione adottata dal tribunale reggino in mere “clausole di stile”.
Osservazioni
L’articolo 12-sexies della legge 356/1992 prevede una particolare ipotesi di sequestro e di confisca obbligatoria, che colpisce il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato, per determinati gravi reati, non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica.
La Corte di cassazione (pronuncia n. 10549/2009) si è espressa sull’argomento stabilendo che le misure previste dall’articolo 12-sexies non sono subordinate all’accertamento di un “nesso eziologico” tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento e i beni oggetto del sequestro e della seguente confisca, dal momento che vige ex lege una “presunzione di accumulazione”, che prescinde dalla circostanza che tali beni siano o meno derivati dal reato per il quale si procede.
Secondo i commi 2 e 2-ter della norma in esame, in particolare, è necessario attivare un procedimento valutativo che porti alla dimostrazione dell’esistenza di una “evidente sproporzione” tra i beni di cui si ha la disponibilità e le fonti di reddito.
Nella sentenza in esame, detta operazione è stata correttamente attuata da parte dei giudici calabresi, i quali hanno preso effettivamente in considerazione, oltre alle evidenze reddituali, anche tutte le altre circostanze che concernevano la situazione reddituale dell’indagato, così da superare le contestazioni generiche opposte dalla difesa di quest’ultimo.