Liquidatore di società responsabile se c’è certezza legale del tributo
Queste le direttive fornite dai giudici della Suprema corte, contenute nell’ordinanza 179 dell’8 gennaio.
Il fatto
La controversia scaturisce dalla constatazione che, nel bilancio finale di liquidazione di una società di capitali, il liquidatore avesse omesso il pagamento del credito vantato dall’Erario, attestato da un avviso di accertamento ai fini Irpeg-Ilor già notificato alla società al momento del deposito finale di liquidazione, favorendo il pagamento di crediti sociali diversi di rango inferiore.
L’ufficio finanziario, pertanto, provvedeva a notificare nei confronti del liquidatore il medesimo avviso di accertamento, esercitando l’azione di responsabilità ai sensi dell’articolo 36 del Dpr 602/1973.
Il ricorso proposto dal liquidatore avverso l’atto impositivo trovava accoglimento sia in primo sia in secondo grado.
In particolare, i giudici della Commissione tributaria regionale avevano motivato la decisione asserendo che nel caso de qua l’Agenzia delle Entrate non era legittimata a invocare l’azione di responsabilità ex articolo 36 del Dpr 602/1973, ma avrebbe potuto tutt’al più impugnare il bilancio finale di liquidazione in qualità di creditore sociale.
Secondo i giudici dell’appello, infatti, mancava la condizione necessaria per poter esperire detta azione, consistente nella prova dell’esistenza e della definitività del debito tributario in capo alla società sulla base di un “accertamento passato in giudicato” all’atto dell’esercizio dell’azione: da qui l’illegittimità dell’avviso di accertamento.
Avverso la sentenza d’appello, l’Agenzia delle Entrate interponeva ricorso per cassazione eccependo, tra l’altro, violazione ed errata applicazione dell’articolo 36 del Dpr 602/1973.
Con il motivo principale di ricorso, l’Amministrazione finanziaria si doleva del fatto che il giudice del merito avesse sostanzialmente ritenuto che la responsabilità del liquidatore non sussiste quando il credito vantato dall’Erario non è già divenuto definitivo al momento del deposito del bilancio finale di liquidazione.
I giudici della Cassazione, ritenendo fondato il motivo di impugnazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, hanno accolto il relativo ricorso e cassato con rinvio la sentenza di secondo grado.
La decisione
La controversia attiene la corretta interpretazione delle disposizioni previste nell’articolo 36 del Dpr 602/1973, che disciplina la responsabilità “sussidiaria” di amministratori, liquidatori e soci di soggetti Ires.
Relativamente ai liquidatori, la norma dispone la loro responsabilità personale relativamente all’Ires non adempiuta dalla società, nel caso in cui essi soddisfino crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnino beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari: tale responsabilità è “commisurata all’importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
In questo modo, il legislatore tributario ha previsto che i rappresentanti della società rispondono in proprio, nel precipuo caso in cui distraggano i beni e le attività dell’ente che rappresentano per fini diversi dal pagamento dei debiti tributari.
In tal caso, essi, pur rimanendo estranei al debito d’imposta, che resta obbligazione dell’ente quale propria manifestazione di capacità contributiva, ne diventano comunque responsabili in ragione del loro operato e limitatamente alla misura della distrazione, congiuntamente alla graduazione dei crediti.
I giudici di secondo grado avevano motivato la propria decisione stabilendo che, affinché fosse esperibile l’azione a responsabilità nei confronti dei liquidatori, l’avviso di accertamento dovesse essere passato in giudicato “all’atto del deposito finale di liquidazione”: in tal modo, infatti, il credito tributario si sarebbe manifestato “certo e definitivo” al momento in cui il liquidatore avesse provveduto a effettuare il riparto a favore dei creditori sociali.
I giudici di legittimità hanno contestato nel merito tale assunto, avallando sul punto le censure dell’Amministrazione finanziaria.
La Suprema corte ha affermato, infatti, che la legittimità dell’azione di responsabilità nei confronti dei liquidatori (articolo 36 del Dpr 602/1973) è garantita allorquando, al momento in cui è esercitata, sussista “la condizione della certezza legale del tributo”.
In ordine alla verifica della sussistenza di tale condizione, i ruoli dell’Amministrazione finanziaria e del liquidatore accertato sono diversi e speculari: la prima ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condizione della certezza legale del tributo al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità mentre e, di contro, “sul liquidatore incombe l’onere di provare l’insussistenza dei presupposti del debito (quali la mancanza di attività nel patrimonio sociale) ovvero l’incertezza del debito stesso”.
Da qui la cassazione con rinvio della sentenza di secondo grado, avendo i giudici di merito mancato di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’esercizio dell’azione e l’assolvimento dell’onere della prova incombente sulle parti.
La pronuncia in commento si incardina in un solco già tracciato dai giudici della Cassazione che, con sentenza 10508/2008, si erano espressi in ordine alla “funzione sussidiaria” della responsabilità del liquidatore ex articolo 36 del Dpr 602/1973.
In tale occasione, la Suprema corte aveva sancito che l’azione “è esercitabile a condizione che i tributi a carico della società siano stati iscritti a ruolo e che sia acquisita certezza legale che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività di liquidazione medesima”, stabilendo altresì che l’Amministrazione finanziaria, “in costanza di giudizi proposti dalla società in liquidazione avverso gli accertamenti, deve comunque provare di avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali può pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore”.