Contabilità presso terzi non allunga il termine per versare l’Iva periodica
Questo il principio di diritto ribadito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 28165 del 17 dicembre 2013, con la quale è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
I fatti di causa
L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di appello che aveva annullato una cartella di pagamento emessa nei confronti di una società, relativamente all’Irpeg e all’Iva dalla stessa dovute per il 2003, confermando così la pronuncia di primo grado.
Nello specifico, il giudice di appello aveva ritenuto che il ritardo con il quale la società aveva provveduto a versare l’Iva periodica – addebitabile alla circostanza dell’opzione per la contabilità presso terzi – costituiva una mera irregolarità formale, sanata mediante la presentazione della dichiarazione integrativa.
Nel ricorso di legittimità, l’Agenzia ha lamentato la violazione di legge, in quanto non era stata contestata la tenuta della contabilità presso terzi, ma il ritardo nel versamento dell’imposta che doveva essere eseguito entro il 18 (oggi, 16) di ogni mese successivo a quello di competenza sulla base dell’imposta relativa al secondo mese precedente.
Con un altro motivo, inoltre, l’Amministrazione ha denunciato la contraddittoria motivazione della sentenza appellata, atteso che la dichiarazione integrativa presentata dalla società – peraltro fuori tempo massimo – non assumeva alcuna rilevanza, visto che la questione riguardava il ritardo dei versamenti e non errori dichiarativi, emendabili con l’integrativa.
L’ordinanza della Corte suprema
La Corte di piazza Cavour ha accolto il ricorso nella considerazione che i termini – previsti dalla disciplina dell’Iva in materia di liquidazione periodica del tributo e versamento dell’eccedenza a debito – non sono suscettibili di differimento neppure nell’ipotesi di tenuta delle scritture contabili presso terzi.
Infatti, per i giudici di legittimità, posto “…che lo stesso articolo 27, comma secondo, citato prevede espressamente che la liquidazione Iva, e quindi il suo versamento, debba essere effettuata entro il termine previsto dal comma primo, entro il giorno 18 di ciascun mese seguente, anche nell’ipotesi in cui la società abbia optato per il regime di contabilità presso terzi, allora non vi è ragione di ritenere che al diverso calcolo dell’imposta da versare (determinato dalla non pronta disponibilità della documentazione contabile quando la contabilità viene eseguita non nell’ambito della stessa azienda) corrisponda anche un diverso termine per effettuare il versamento dell’imposta stessa. La disciplina opera ad identico modo anche per il contribuente che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del Dpr 23 marzo 1998, n. 100, come modificato dall’articolo 2 del Dpr 14 ottobre 1999, n. 542, abbia affidato a terzi la tenuta della contabilità, come nella specie (cfr anche Cassazione ordinanza n. 8814 del 10/04/2013, sentenza n. 9558 del 19/04/2013)”.
Anche il secondo motivo è risultato fondato.
Al riguardo, la Corte ha precisato che il giudice di appello ha errato nel ritenere che la dichiarazione integrativa presentata nel 2005, per l’anno di imposta 2003, rappresentasse soltanto un errore formale, atteso che “…a parte l’enorme tardività di essa, comunque non si trattava di emendarne una precedente, ma piuttosto erano i pagamenti invece che erano stati eseguiti con ritardo e pertanto non poteva emendarsi alcunché…”.
Osservazioni
A oggi, l’articolo 1, comma 1, del Dpr 100/1998, nel disciplinare i versamenti periodici Iva, dispone che, entro il giorno 16 di ogni mese, il contribuente “…determina la differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell’imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso…” e per i quali esercita il diritto alla detrazione d’imposta ai sensi dell’articolo 19 del Dpr 633/1972.
In altre parole, secondo quanto previsto dalla riferita disposizione normativa, i contribuenti con liquidazione mensile determinano l’Iva a debito o a credito di ogni mese, entro il giorno 16 del mese successivo, facendo riferimento all’imposta esigibile e all’imposta detratta (previa registrazione nel registro degli acquisti) nel mese cui si riferisce la liquidazione.
Invece, con riferimento alla tenuta della contabilità presso terzi, il successivo comma 3, nel prevedere un diverso sistema di effettuazione delle liquidazioni Iva, dispone che il contribuente “… che affida a terzi la tenuta della contabilità…, può fare riferimento, ai fini del calcolo della differenza di imposta relativa al mese precedente, all’imposta divenuta esigibile nel secondo mese precedente. Per coloro che iniziano l’attività, l’opzione ha effetto dalla seconda liquidazione periodica”.
Dall’esame della richiamata normativa, si evince che, per quanto concerne la determinazione dell’imposta, l’applicazione della norma citata non comporta un differimento dei termini di registrazione delle fatture, né, tantomeno, dell’esigibilità dell’imposta, ma soltanto una diversa base di calcolo del tributo (a debito o a credito) relativo a ciascuna liquidazione periodica (cfr Cassazione, 21192/2008 e 18676/2008).
Infatti, come base di riferimento, deve essere considerata l’Iva divenuta esigibile nel secondo mese precedente a quello in cui si effettua la liquidazione, con un’eccezione nel solo primo anno di applicazione. Allo stesso modo, occorre tener conto degli acquisti registrati nel medesimo periodo.
Pertanto, la sentenza in commento giunge a conclusioni, per un verso, in linea con l’attuale orientamento giurisprudenziale e, per un altro, anche con la prassi amministrativa (cfr risoluzione 6/E dell’11 gennaio 2011).