Google assolta in Cassazione per il video del disabile picchiato dai compagni
Nessuna responsabilità dei manager della piattaforma italiana di Google per un video, lasciato indisturbato in rete per due mesi, nel quale si vedeva un ragazzo minorenne e disabile deriso e oggetto di violenze da parte dei suoi compagni di scuola, con tanto di saluti fascisti e scritte inneggianti alle Ss.
A questa conclusione è giunta la Terza sezione penale della Cassazione che ha deciso di confermare l’assoluzione di tre top manager di Google responsabili per l’Italia nel 2006, quando il video che destò tante proteste andò in rete. La Suprema Corte, infatti, ha respinto il ricorso contro il proscioglimento presentato dalla Procura di Milano che non ha condiviso l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano il 21 dicembre del 2012.
L’accusa, per tutti e tre gli imputati, era quella di violazione delle norme sulla privacy del 2003. In primo grado, il 24 febbraio del 2010, il Tribunale li aveva condannati a sei mesi di reclusione con la condizionale. David Drummond, ex presidente del cda di Google Italia, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italia e Peter Fleischer, responsabile delle strategie della privacy per l’Europa di Google, sono stati difesi dall’ex Guardasigilli Paola Severino e dall’avvocato Mario Siragusa.
Il video incriminato era stato girato alla fine di maggio del 2006 ed era stato caricato in rete l’8 settembre dello stesso anno totalizzando moltissimi contatti. Le immagini mostravano un ragazzino affetto da autismo seduto su una sedia, picchiato da un compagno di classe, mentre un’altra decina di ragazzi lo deridevano e gli tiravano oggetti fino a fargli cadere gli occhiali da vista e costringendolo a cercarli affannosamente.
Dalla diffusione di questa clip aveva preso l’avvio il primo procedimento penale, a livello internazionale, che ha visto imputati manager di Google a causa di una pubblicazione sul web.
Nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Mario Fraticelli aveva chiesto l’annullamento con rinvio dei proscioglimenti, dal momento che “la stessa sentenza della Corte d’Appello scrive che i tre imputati avevano trattato il video e avrebbero avuto la possibilità di prendere visione dei contenuti”. Secondo il pg “non si può pensare che chi offre un servizio su una piattaforma poi non si occupi di quello che viene caricato”. “Questo era uno dei filmini più visionati!”, ha concluso Fraticelli.
In base alla tesi del pg un conto è l’ecommerce di merci e servizi in senso stretto, un’altra cosa è la diffusione di dati sensibili che deve essere più sorvegliata. La Cassazione non ha accolto questa tesi. Quando i tre manager vennero prosciolti, l’ambasciatore americano in Italia espresse soddisfazione. Ora tra un mese circa saranno rese note le motivazioni del verdetto della Suprema Corte e si saprà meglio quali sono gli ambiti di responsabilità, o meno, dei motori di ricerca per i contenuti che offrono. Difficilmente il processo d’appello bis sarebbe arrivato a conclusione: la prescrizione sarebbe comunque intervenuta il prossimo 8 marzo.
“Siamo felici che la Corte di Cassazione abbia confermato l’innocenza dei nostri colleghi”, ha commentato l’azienda di Mountain View. “Di nuovo, il nostro pensiero va al ragazzo e alla famiglia. La decisione di oggi è importante anche perché riconferma un importante principio giuridico”.