La notifica irrituale non intacca la validità dell’atto tributario – Cassazione 23324/2013
Così si è espressa la Cassazione nella sentenza 23324/2013, ove è stato anche ribadito che la ritualità della notificazione eseguita secondo il rito “degli irreperibili” va verificata con riguardo alle indagini svolte al momento di esecuzione della notifica, anche quando a posteriori risulti che l’interessato non era irreperibile presso il domicilio fiscale, ma si era semplicemente trasferito nell’ambito dello stesso comune.La vicenda di merito e il ricorso per cassazione
Un contribuente impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale un avviso di accertamento notificatogli in relazione a Irpef e Ilor per l’anno di imposta 1996.
Il ricorso veniva accolto parzialmente, con sentenza contro la quale l’ufficio proponeva appello principale.
In secondo grado, la Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello della parte pubblica, rigettando quello incidentale del contribuente; specificamente, per quanto d’interesse in questa sede, venivano rigettati tutti i motivi dell’appello dell’interessato relativi alla notificazione dell’avviso di accertamento e del processo verbale di constatazione.
Avverso la sentenza della Ctr il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a otto motivi (di cui due rilevanti ai fini del presente commento), al quale resisteva con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
In particolare, con il primo motivo, il ricorrente censurava il capo della sentenza con il quale il collegio di secondo grado aveva disatteso la doglianza del suo appello incidentale relativa alla giuridica inesistenza ovvero nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, in quanto asseritamente eseguita da soggetti privi di potere e di legittimazione al compimento di tale attività, evidenziando, al riguardo, di avere contestato in tutti gli scritti difensivi la qualità di messo comunale alla persona che aveva eseguito la notificazione.
Con il secondo motivo, l’istante lamentava che il giudice di secondo grado aveva disatteso la doglianza del suo gravame incidentale relativa alla giuridica inesistenza o, in subordine, nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, in quanto effettuata mediante la sola affissione dell’avviso del deposito nell’albo del Comune anziché nei modi e con le formalità previste dall’articolo 140 del codice di procedura civile.
La pronuncia della Corte suprema
Quanto al primo motivo di ricorso, la Corte di piazza Cavour ha ritenuto non sussistente la dedotta violazione di legge, rilevando la conformità della pronuncia impugnata all’insegnamento già a suo tempo reso con sentenza 16407/2003, secondo la quale la nullità di un atto non dipende dalla illeggibilità della firma di chi si qualifichi come titolare di un pubblico ufficio, ma dall’impossibilità oggettiva di individuare l’identità del firmatario, senza che rilevi la soggettiva ignoranza circa l’identità dell’autore dell’atto.
Pertanto, ribadisce la Cassazione, nel caso di sottoscrizione illeggibile della relata di notificazione di un avviso di accertamento, “spetta al contribuente, superando la presunzione che il sottoscrittore qualificatosi nell’atto come titolare di un pubblico ufficio (nella fattispecie, messo comunale) aveva il potere di apporre la firma, dimostrare la non autenticità di tale sottoscrizione o l’insussistenza della qualità indicata, con la conseguenza che, in assenza di una tale dimostrazione, va escluso il vizio di nullità (o di inesistenza) della notificazione”.
In ordine, invece, alla denunciata violazione di legge circa le modalità di notificazione in caso di irreperibilità del destinatario, la pronuncia ha innanzitutto ricordato che, laddove risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, l’agente notificatore, prima di procedere alla notifica secondo la procedura “degli irreperibili” (disciplinata dall’articolo 60, primo comma, lettera e), del Dpr 600/1973) “deve effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune”.
In ogni caso, si legge nella decisione in esame, la notificazione ai sensi della citata disposizione deve ritenersi valida anche nell’ipotesi in cui “a posteriori” risulti che il trasferimento era intervenuto nel medesimo comune, purché “al momento della notificazione, nonostante le ricerche effettuate nell’ambito dello stesso comune dal messo notificatore… permanessero ignoti il nuovo indirizzo ed il relativo comune per circostanze non addebitabili né opponibili all’Amministrazione, ad esempio, per il decorso di un termine troppo breve tra il trasferimento e la notificazione e/o l’inottemperanza del contribuente agli oneri posti a suo carico dalla disciplina in materia di mutamenti anagrafici”.
Osservazioni
La pronuncia in commento si segnala per aver affrontato due aspetti di rilievo in materia di disciplina delle notificazioni degli atti del procedimento amministrativo tributario.
Sotto un primo profilo, come peraltro chiarito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, va ricordato che le condizioni di validità dell’atto tributario vanno tenute distinte (logicamente e cronologicamente) dalle condizioni di validità della sua notificazione, in quanto l’irritualità di quest’ultima può essere fatta valere dall’interessato “unicamente al fine di eccepire la decadenza dell’amministrazione dalla possibilità di esercitare la pretesa tributaria, o la prescrizione dell’azione, ovvero al fine di dimostrare la tempestività dell’impugnazione dell’atto” mentre “il vizio della notificazione non ridonda – di per sé – in vizio dell’avviso di accertamento” (Cassazione, sentenza 16407/2003).
Date queste premesse, la sentenza 23324/2013 ribadisce che non è idonea a determinare la nullità dell’atto tributario neppure l’illeggibilità della sottoscrizione della relata di notifica dell’atto stesso, salvo che l’interessato opponga e provi la non autenticità delle firma ovvero la carenza, in capo al sottoscrittore, della qualità di pubblico ufficiale indicata.
Sotto altro profilo, invece, l’odierno arresto si ricollega al filone ermeneutico secondo il quale la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’ufficio tributario detto domicilio e di tenere l’ufficio stesso costantemente informato delle eventuali variazioni, con la conseguenza che “il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente ad eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata ai cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. e), (v. Cass. n. 1206 del 2011)” (Cassazione, sentenze 14030/2011 e 1440/2013).
In proposito, il giudice di legittimità ha chiarito le condizioni che giustificano l’utilizzo della modalità “semplificata” di cui alla norma appena richiamata, in base alla quale, “quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, l’avviso del deposito prescritto dall’articolo 140 cpc, in busta chiusa e sigillata, “si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione”.
Specificamente, secondo la Corte suprema, l’agente notificatore è tenuto a effettuare ricerche nel comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che la riscontrata situazione di “irreperibilità” non si sia risolta in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune.
Purtuttavia, come confermato dalla pronuncia in rassegna, è valida la notifica eseguita secondo il rito degli “irreperibili” ancorché, successivamente alla sua esecuzione, risulti che il trasferimento dell’interessato era intervenuto nell’ambito del comune di domicilio fiscale.
In questi casi, peraltro, ai fini della ritualità della notifica è necessario che, al momento della stessa, nonostante le ricerche effettuate presso il comune di domicilio fiscale (la cui sufficienza deve essere valutata dal giudice di merito, con apprezzamento sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale), permanessero ignoti il nuovo indirizzo e il relativo comune per circostanze non addebitabili né opponibili all’Amministrazione, “alla quale non può essere richiesta un’opera di investigazione che vada oltre quanto risultante dai registri pubblici – nella specie i registri anagrafici comunali -, avendo peraltro il legislatore posto a carico del contribuente l’onere di provvedere tempestivamente alle relative variazioni” (Cassazione, sentenza 1440/2013).