La Cassazione contro le norme sullo stalking: sbagliato il passo indietro sulla querela irrevocabile
La Cassazione boccia la legge sul femminicidio appena approvata (tra le polemiche) dal Parlamento. A non piacere è soprattutto la possibilità di ritirare la denuncia per stalking quando è relativa ad atti non gravi (a fronte di gravi minacce ripetute, ad esempio con armi, la querela diventa irrevocabile).
Sbagliata la «parziale retromarcia» sull’irrevocabilità della querela
In una relazione firmata dal vice direttore Giorgio Fidelbo e redatta dal consigliere Luca Pistorelli, l’Ufficio del Massimario della Suprema Corte critica vari aspetti del decreto con le misure contro la violenza sulle donne definitivamente convertito in legge a metà ottobre, e in particolare l’irrevocabilità, uno dei punti qualificanti della prima versione del provvedimento. «Scelta che però ha avuto vita breve – fa notare la Cassazione – giacché la legge di conversione è nuovamente tornata sulla disposizione citata, cercando un compromesso tra le opposte esigenze di rispettare la libertà della vittima del reato e di garantirle una tutela effettiva contro il menzionato rischio di essere sottoposta ad indebite pressioni». Si è fatta così «una parziale retromarcia».
Remissione processuale non tutela dal rischio di pressioni indebite
«Il Parlamento ha deciso di ripristinare la revocabilità della querela, salvo nel caso in cui il reato sia stato realizzato “mediante minacce reiterate”, e ha posto dei paletti: la remissione deve essere esclusivamente processuale. L’intenzione del Legislatore era quella di «affidare al giudice il compito di svolgere una verifica effettiva sulla spontaneità remissione della querela». Ma poiché «è remissione processuale della querela anche quella resa alla polizia giudiziaria o mediante procuratore speciale», lo strumento introdotto per delimitare i casi in cui la querela resta revocabile e per «prevenire illeciti condizionamenti, non sembra particolarmente funzionale allo scopo» e presenta dubbi interpretativi.
Bene nuova aggravante comune su “violenza assistita”
Positivo, invece, il giudizio sulla norma relativa alle aggravanti nei casi di “violenza assistita”, quando cioè i minori assistano a episodi di violenza. Nel testo originario erano previste solo per maltrattamenti in famiglia e rapina, e non invece per reati più gravi, suscitando molte perplessità tra i giuristi. «Riserve di cui il Parlamento si è fatto carico», osserva la Cassazione, provvedendo a «configurare una nuova aggravante comune» a tutela dei minori di 18 anni e anche delle donne in gravidanza. Ciò non toglie che, nell’applicazione concreta, possa esserci qualche «interferenza» con altre disposizione del Codice penale.
Atti persecutori, perplessità sulla definizione di “relazione affettiva”
Il giudizio del Massimario promuove anche la ridefinizione del reato di atti persecutori, con una formulazione che supera un limite della legge precedente legge sullo stalking del 2009: quello che delimitava il reato al coniuge legalmente separato o divorziato o all’ex partner della vittima. La legge di conversione, invece, «ha ora definitivamente recepito le osservazioni critiche» dei giuristi sul punto, e ha preso come parametro unicamente la relazione tra due persone, convivenza o vincolo matrimoniale, attuale o pregressa. Un buon risultato, secondo la Cassazione, anche se restano «perplessità» sulla nozione di “relazione affettiva”, che, piuttosto sfuggente, «si presta a incontrollate estensioni interpretative dell’aggravante» stessa.
Fonte: Il Sole 24 Ore