Serie A 9^ GIORNATA. Il Milan resta senza… Parolo – di Angelo Abbruzzese
Il 9° turno del campionato di Serie A si apre con l’anticipo delle 18 tra Sampdoria e Atalanta. Samp alla ricerca della prima vittoria in casa, Atalanta vogliosa di ottenere il suo quarto successo consecutivo. Rossi propone Eder e Gabbiadini di punta, mentre Colantuono deve fare a meno di Bonaventura e schiera Brienza e Raimondi sulle fasce, con Moralez alle spalle di Denis. È proprio il Tanque il protagonista della prima azione degna di nota del match, con il tiro dell’attaccante nerazzurro che termina alto sopra la traversa. L’occasione più limpida, però, capita sulla testa di Raimondi che, da ottima posizione, colpisce il legno superiore della porta di Da Costa.
La musica cambia nella ripresa, con i blucerchiati che spingono alla ricerca del gol vittoria. Gabbiadini sfiora il gran gol al volo, Obiang si lascia ipnotizzare da Consigli, così la rete decisiva la trova Mustafi, al 57’, con un colpo di testa mandato in fondo al sacco dal braccio di Cigarini. Dopo sei minuti Nica commette un fallo da dietro su Eder e Irrati lo espelle. Le speranze della Dea, di fatto, finiscono qui. Infatti è proprio questo il risultato finale: la Doria vince la sua seconda gara di fila, mentre si ferma il filotto di risultati utili consecutivi dei bergamaschi.
Sfida dal sapore d’Europa a San Siro tra Inter e Verona. Gli scaligeri arrivano alla Scala del Calcio (e permettetemi il gioco di parole) da quarti in classifica e sulle ali di un entusiasmo impossibile da pronosticare alla vigilia dell’inizio del campionato. La partita si mette subito bene per i nerazzurri, che passano dopo appena 9’ con un destro al volo di Jonathan deviato nella propria porta da Moras. Dopo tre minuti Palacio raddoppia, ma il suo gol entra di diritto a far parte della top ten delle reti più fortunose della storia. E il Verona? Non sta a guardare, ma vive soltanto di folate di Toni e Martinho. Il primo va vicino al bersaglio grosso con un colpo di testa, mentre il secondo accorcia le distanze dopo una bella combinazione con il centravanti campione del mondo. Il gol del numero 6 è soltanto un’illusione per i veneti, perché al 38’ Cambiasso serve il tris dopo un rimpallo su Palacio. La ripresa è la fotocopia sputata della prima frazione. Guarin dimostra tutta la sua potenza con un coast to coast che porta solo a tanti applausi, ma al 56’ arriva il poker di Rolando, da zero metri, manco a dirlo sugli sviluppi di un corner. La formazione di Mandorlini prova a tornare un’altra volta in partita (stavolta con la rete di Romulo), ma il match si chiude sul risultato di 4-2. Fortunato, sì, ma indubbiamente meritato.
Vince anche il Napoli, che dimentica la brutta pagina dell’Olimpico con un bel 2-0 sul Toro di Ventura. Benitez lascia in panchina Callejon ma ritrova Higuain dall’inizio. Il Pipita è definitivamente guarito dall’infortunio alla coscia destra e lo dimostra sin da subito. Il Napoli spinge, Insigne manca una nitida occasione in area di rigore, Mertens è un furetto che può cambiare la partita da un momento all’altro. E questo accade al 14’, quando, dopo uno slalom nell’area di rigore granata, il belga cerca il contatto con Bellomo spingendo De Marco ad indicare il dischetto. Dal dischetto non va Hamsik, bensì Higuain. L’ex centravanti del Real Madrid lascia partire una fucilata che si insacca sotto la traversa per l’1-0 azzurro. Tanto possesso per i partenopei, tanta voglia di fare e di attaccare. Higuain sfiora due volte il raddoppio, che poi viene trovato dallo stesso numero 9 al minuto 32, ancora una volta su calcio di rigore (inesistente, il braccio di Glik è attaccato al corpo). Il Pipita cambia angolo e modo di calciare, ma il risultato è lo stesso. 2-0 e pratica Torino archiviata. Insigne si mangia un altro gol, stavolta tentando un improbabile pallonetto a porta sguarnita. L’unico sussulto dei piemontesi porta la firma di Cerci, che su punizione prova ad impensierire Reina. Il vice capocannoniere del campionato viene sostituito all’intervallo da Meggiorini, ma le cose non cambiano. La ripresa è accademia per il Napoli, che cerca la rete della definitiva sicurezza senza mai trovarla, soprattutto per via delle parate di Padelli. Nel finale il Toro resta anche in 10 per l’espulsione (dubbia anche questa) di Basha per un fallo su Pandev. La partita finisce 2-0: il Napoli sale a 22 punti, mentre per il Torino è un passo indietro dopo il pareggio contro l’Inter.
Conte voleva una risposta dopo le due sconfitte contro Fiorentina e Real Madrid e la risposta è arrivata, puntuale. 2-0 ad un Genoa inesistente, messo alle corde sin dal 1’ dall’impeto furibondo della Juventus. Llorente affianca Tevez, Marchisio va in panchina, ancora indisponibili Vucinic, Quagliarella e Lichtsteiner; dall’altra parte Gasperini schiera un 4-5-1 con Gilardino unica punta e Antonelli che torna titolare a sinistra. Pogba ha subito una buona occasione per segnare, ma Perin gli chiude lo specchio. Fernando Llorente si muove molto, fa sponde per i compagni ma, soprattutto, va vicino al gol, trovando ancora una volta la parata di Perin. Vidal, dopo una settimana difficile, prova a salire nuovamente in cattedra, come quando colpisce una traversa da fermo con un gran destro da fuori. Anche Chiellini sfiora il gol, ma il suo colpo di testa termina alto. È solo il preludio alla rete del vantaggio, che arriva al 22’ con il calcio di rigore di Arturo Vidal (assegnato per un fallo leggermente fuori area su Asamoah). La Juve, dopo il gol dell’1-0, non si ferma affatto, anzi cerca ripetutamente la seconda marcatura. Pirlo, su servizio di Tevez, scherza con i difensori del Genoa, ma Perin arriva anche sul suo piatto destro. Al 35’ l’Apache raddoppia, dopo un gran numero in area di rigore concluso con un tocco di sinistro. Nel secondo tempo i bianconeri abbassano il ritmo, ma mantengono comunque il pallino del gioco. Tevez e Llorente scaldano ancora i guanti di Perin (sempre attentissimo), che stavolta può essere un po’ più soddisfatto rispetto alla gara dello scorso anno dell’Adriatico. La gara dello Stadium finisce con un 2-0 strameritato per la Juventus: Fiorentina e Real sono già alle spalle.
Due assenze pesantissime per la Roma, che a Udine deve fare a meno di Gervinho ma soprattutto di capitan Totti. Al loro posto Rudi Garcia schiera dal primo minuto Borriello e Ljajic nel tridente d’attacco con Florenzi. Nell’Udinese c’è Muriel alle spalle di Totò Di Natale. Partita difficile per la Roma, che sin da subito deve vedersela con una squadra molto aggressiva: pressing alto e contropiede micidiale le armi degli uomini di Guidolin. E già al 3’ i giallorossi rischiano moltissimo: bella azione di Muriel che dal limite dell’area calcia sul secondo palo colpendolo in pieno. L’attaccante colombiano è indiavolato e quanto parte sono dolori: l’unico modo per fermarlo è il fallo, ne sa qualcosa Maicon, che viene anche ammonito. Stessa sorte per De Rossi, che, però, aveva preso palla piena: errore di Bergonzi e non sarà l’unico. Sempre Muriel fa un gran lavoro sulla sinistra e poi serve a centro area Di Natale, che tira debolmente favorendo la comoda parata dell’ex De Sanctis (beccato dal pubblico). Dal canto suo la Roma sviluppa il gioco soprattutto sulle fasce: manca l’inserimento dei centrocampisti e allora ci pensano Maicon da una parte e Balzaretti dall’altra a dare rifornimento di palloni agli attaccanti. E proprio su un traversone del 42 giallorosso, Borriello sale in cielo e di testa costringe Kelava al salvataggio sulla traversa. Al 38’ la seconda occasionissima dei padroni di casa: gran palla di Pereyra per Gabriel Silva, ma Castan sulla salva la propria porta con un salvataggio in rovesciata sulla linea. Il primo tempo si chiude con i tentativi di Pjanic su punizione e di Maicon e con le proteste dei giallorossi per la seconda ammonizione negata a Muriel. Via alla ripresa con gli stessi 22 e con la Roma che sembra avere piglio diverso: ci provano senza fortuna prima Ljajic e poi Pjanic, il cui tiro viene deviato. Sempre attivissimo Maicon che, però, al 66’ la combina grossa, rimediando il secondo giallo per fallo su Badu. Dopo aver fatto entrare Marquinho al posto di uno spento Florenzi, Rudi Garcia inserisce Torosidis per Pjanic. In 10 contro 11 gli ospiti pensano a questo punto soprattutto a non scoprirsi. Al 69’ altra grossa opportunità per i friulani, con Di Natale che approfitta di un erroraccio difensivo dei giallorossi e spara fuori. Entra anche Bradley per Borriello, ed è proprio il nuovo entrato che mette la firma sul successo giallorosso con un piatto dal limite su servizio di Strootman. Ci prova Basta ma non c’è più tempo: per la Roma è la nona vittoria consecutiva.
Al Milan serve uno strizzacervelli e forse non basterebbe. Perché è inspiegabile, all’interno della stessa partita, andar sotto per due gol fotocopia – a causa delle solite amnesie difensive – rimontare in due minuti, sfiorare il successo e riperdere ancora. Inspiegabile. Eppure è l’ennesima testimonianza di una squadra priva di identità, che stavolta il cuore, indiscutibile, non riesce a tirar fuori dai guai. Era un’altra buona occasione per rinascere dopo la vittoria contro l’Udinese e il pari col Barcellona, ma niente: il Milan è costretto ad arrendersi e vede dilatare il suo ritardo dalla vetta (la Roma addirittura è a +16) e dalla zona Champions, fissata a inizio anno come l’obiettivo primario. Alla fine della fiera, ai rossoneri non resta che mangiarsi le mani. Il Parma è una delle squadre più in forma del campionato: gioco e organizzazione sono i punti di forza di Donadoni, mentre Parolo e Cassano vivono un momento magico, da nazionale per parafrasare in termini calcistici. Il Milan, inizialmente, si aggrappa al palleggio per rimanere in partita e gli riesce persino benino, ma quando l’azione si sposta sul fronte opposto son dolori. Constant, al 10’, perde il primo duello di giornata con Biabiany e ciò è fatale: la palla spiove in mezzo e Parolo approfitta del cattivo posizionamento della difesa per schiodare il punteggio dallo 0-0. I rossoneri pagano a caro prezzo l’assenza di automatismi e si gettano in avanti, ma da quel momento sfondare è difficile. L’unica occasione degna di nota nel primo tempo porta la firma di Poli, che conclude a lato dopo un’azione tutta di prima. Il Milan, per superare la linea gotica (o ducale, fate voi), deve fare i miracoli, e con un Balotelli non pervenuto tutto si complica. L’attaccante, senza cresta e senza orecchino, dà segni di vita al 34’ quando cade in area da solo, beccandosi l’immancabile giallo. Ancora dalla corsia sinistra difensiva, quella di Constant per intenderci, nasce il gol del raddoppio: il pallone stavolta arriva sui piedi di Cassano, che fredda Gabriel sul suo palo. Allegri conferma gli stessi undici dopo l’intervallo ma dopo 7’ si pente: fuori Poli e Balotelli, dentro Kakà e Matri. La gara s’infiamma ma, prima della rimonta, c’è spazio per una clamorosa traversa di Gargano. Matri diventa artefice del suo destino, quando aggancia un pallone vagante e ribadisce in rete con un diagonale da centravanti puro. Kakà comincia a svariare sul fronte d’attacco e si ferma ad un passo dal pari. Che arriva da calcio d’angolo: Zapata sbatte sulla traversa, Silvestre ribadisce con forza alle spalle di Mirante. Il vento è cambiato, ma il Milan non riesce ad approfittare appieno della situazione. Montolivo e Kakà vanno a un passo dal clamoroso ribaltone e il Parma, abbandonato da Cassano (fuori per infortunio) sembra non averne più. Fino al 94’, quando Parolo fa partire un missile – su punizione – che passa in mezzo alla barriera milanista e piega i guantoni a Gabriel. È il sedicesimo gol incassato in nove gare: qualcosa evidentemente non va. E stavolta non serve uno strizzacervelli per capirlo e porvi rimedio.
La Fiorentina coglie la terza vittoria in una settimana e dimostra di essere una squadra matura, pronta a lottare per le posizioni di vertice in attesa dell’esame di laurea, che porta il nome di Napoli e Milan, dei prossimi 7 giorni. Montella alla vigilia aveva avvertito della pericolosità del Chievo e delle insidie che nascondeva la gara. Aveva ragione. La Viola per 45’ soffre terribilmente. Contro la linea Maginot di Sannino i gigliati sembrano la brutta copia del Barcellona di Guardiola: tantissimo possesso palla ma zero occasioni. In più, e su questo aspetto l’ex aeroplanino deve lavorare parecchio, in difesa si sono visti non errori bensì orrori. Tuttavia la Fiorentina, ed è qui che si nota la maturità raggiunta, non si abbatte di fronte alle difficoltà e colpisce le rivali nel momento giusto, approfittando di ogni minima disattenzione altrui. I campioni come Cuadrado fanno il resto. Laddove non arriva il collettivo ci pensano i singoli, e che singoli. Nella ripresa i toscani fanno rivedere, grazie al ritorno al 3-5-2, sprazzi di bel gioco. Venendo al Chievo, si fa difficile la situazione di classifica dopo cinque ko consecutivi. Fino all’1-1 la partita dei veneti è davvero perfetta, studiata alla perfezione dall’allenatore ora sulla graticola. I veronesi avrebbero agguantato il pari se fossero stati assistiti dalla buona sorte. Alla lunga le enormi differenze qualitative fra le compagini sono venute a galla. I numeri sono impietosi per il team del presidente Campedelli, con 7 sconfitte in 9 giornate. Il presidente ha deciso in ogni caso di andare avanti con Sannino. Come è prevedibile è la Fiorentina a condurre il match fin dalle battute iniziali. Joaquin al 3’ conclude alto di sinistro su cross di Pasqual prima che Cuadrado cerchi senza fortuna il gol da lontano. Il Chievo, rintanato nella sua metà campo, passa al primo affondo: cross di Dramé sugli sviluppi di un calcio di punizione e colpo di testa vincente di Cesar. La difesa viola, e in particolare Savic, si fa trovare completamente e colpevolmente impreparata. Trovato il vantaggio i clivensi si chiudono ancora di più erigendo un vero e proprio muro davanti a Puggioni. Più che un 3-5-2 il modulo scelto da Sannino è un 5-3-2 con le linee molto vicine e il lavoro di pressing che inizia dalle due punte, Paloschi e Thereau. Agli uomini di Montella non resta che provare da fuori o crossare continuamente dalle fasce con scarsi, anzi scarsissimi risultati. Gli inserimenti centrali e le sovrapposizioni degli esterni risultano infatti armi spuntate. Pesa l’assenza in avanti di una torre qual è l’infortunato Gomez. Dietro, poi, continuano le amnesie. Al 28’ Thereau potrebbe siglare il 2-0 su morbido assist ancora di Dramé, ma la sua incornata è imprecisa. I toscani, per pareggiare, avrebbero bisogno, in simili condizioni, dell’invenzione individuale o dell’aiuto degli avversari. Aiuto e invenzione che puntualmente arrivano al 45’: Estigarribia buca un pallone, Cuadrado si invola verso la porta, evita il ritorno dello stesso Estigarribia e batte Puggioni con uno splendido destro che si infila all’angolino. Nella ripresa Montella ridisegna la squadra passando al 3-5-2: Cuadrado si sposta a destra, nella sua posizione naturale, e Joaquin affianca Giuseppe Rossi in attacco. Le modifiche sembrano portare subito i frutti sperati dal tecnico: Pasqual, avanzato a centrocampo, taglia verso il centro sorprendendo i centrali del Chievo ma la sua conclusione finisce alle stelle. Al 50’ Claiton salva i suoi con uno splendido intervento sullo scatenato Cuadrado. Il colombiano, però, è implacabile 15’ più tardi quando, approfittando di un rimpallo favorevole, non sbaglia davanti a Puggioni. I padroni di casa tentano di reagire e danno l’impressione di essere in grado di creare pericoli ogni volta che si presentano dalle parti di Neto. Il brasiliano non deve tuttavia effettuare interventi degni di nota. La Viola tiene e va vicina al 3 a 1 con Vargas e in seguito ancora con l’inesauribile Cuadrado. Ma la gara del Bentegodi finisce 1-2: la Fiorentina agguanta l’Inter al quarto posto.
Noioso 0-0 tra Catania e Sassuolo. Gli etnei mantengono il pallino del gioco per buona parte del match non rendendosi, però, mai pericolosi. Al 18’ Plasil ha la palla giusta per l’1-0, ma spreca tutto con un colpo di testa su cui Pegolo si esalta. Nella ripresa l’occasione migliore è per Zaza, che all’86’ salta Andujar e a porta vuota il pallone sull’esterno della. Alla fine è solo 0-0: Catania e Sassuolo salgono a quota 6 punti.
Un colpo di petto di Jorge Crespo dopo appena 3’ regala al Bologna l’1-0 sul Livorno, che è anche la prima vittoria in campionato per i rossoblù. Tre punti importanti, che permettono agli uomini di Pioli di abbandonare l’ultimo posto in classifica. Partita non bella, con poche emozioni e tanti errori. Gli amaranto di Nicola ci mettono molto impegno ma non riescono a pungere, incassando, così, la quarta sconfitta di fila.
Il posticipo della nona giornata di Serie A è Lazio-Cagliari. Due gol in tre minuti. Due gol per rilanciare una stagione finora decisamente sottotono, spazzare nubi e dubbi e ricominciare a crederci. Lazio-Cagliari è tutta qui, tra il 52’ e il 55’. Quando in campo domina la paura di sbagliare, serve sempre un condottiero che guidi la riscossa. E Petkovic ritrova Klose nella giornata più delicata della sua avventura a Roma e ricompatta il gruppo attorno al tedesco e a Candreva. All’Olimpico l’aria è decisamente pesante, ma Petkovic decide di rischiare e mischiare le carte per dare una scossa alla squadra. Dopo gli stenti in Europa League, alla Lazio del resto servono forze fresche e nuovi stimoli. Sei i cambi rispetto alla gara di Nicosia per i biancocelesti, che non vincono dal 25 settembre e scendono in campo parecchio timorosi. Piglio diverso, invece, per il Cagliari, rinvigorito dalla vittoria al Sant’Elia contro il Catania e a caccia di una prestazione convincente in trasferta. Lopez mette Cabrera dietro Sau e Ibarbo e si affida alle giocate in verticale. Per un quarto d’ora le squadre si studiano, poi i sardi lentamente guadagnano campo. Conti e Nainggolan alzano la diga, mentre Sau e Ibarbo si buttano negli spazi. Senza punti di riferimento e giocatori di personalità in campo, i biancocelesti faticano a trovare le distanze e le idee sono poche e confuse. Solo Candreva prova a cambiare passo, ma i compagni non lo seguono. E così è il Cagliari a rendersi più pericoloso. Prima ci prova Cabrera, ma sbaglia mira di poco. Poi al 26’ Novaretti è costretto agli straordinari per fermare Ibarbo lanciato a rete. Quando giocano in verticale gli isolani fanno paura. E la Lazio, intimorita, arretra il baricentro ed esce dal campo alla fine del primo tempo tra i fischi dell’Olimpico. Per cambiare gli equilibri di una partita, però, basta poco, anche solo un uomo. E così nella ripresa Petkovic sente puzza di bruciato e butta subito Klose nella mischia per dare peso all’attacco. Mossa azzeccata. Candreva spinge sulla destra e al 52’ serve un assist perfetto per il tedesco, che sblocca il match di testa. Palla al centro e Klose va nuovamente in profondità, Pisano tocca la palla con la mano: rigore. Sul dischetto si presenta Candreva e in tre minuti la Lazio è in vantaggio di due gol. L’Olimpico apprezza e si sente. La banda di Petkovic riprende fiato e gioca meglio, congelando il match. Il Cagliari, stordito, perde lucidità e non riesce più a rendersi pericoloso, lasciando il pallino del gioco in mano ai biancocelesti. Felipe Anderson ha i numeri e cresce col passare dei minuti, Klose prende la squadra in mano e dà l’esempio anche in interdizione. Petkovic ha ritrovato il suo uomo immagine e torna a vincere dopo un mese di digiuno. Doveva essere la partita della svolta e così è stato. Un passo alla volta per tornare a fare paura. Milan avvertito.
Per effetto di questi risultati, Roma in vetta con 27 punti, seguita da Napoli e Juventus a quota 22; chiude il Chievo con appena 4 punti. Rossi, con 8 reti, è il capocannoniere della Serie A, pedinato da Cerci e Palacio fermi a 6.
I TOP
Marco Parolo (PARMA): Pazzesco l’apporto che sta dando al Parma quest’anno. Sono già 5 i gol in campionato, segno inequivocabile di una crescita esponenziale. Sta pian piano tornando quello di Cesena… E intanto si culla il sogno mondiale. RIVELAZIONE.
Juan Guillermo Cuadrado (FIORENTINA): A destra, a sinistra, lui fa sempre male, a qualsiasi difesa. La doppietta è straordinaria e ha un’importanza mostruosa per il campionato della Fiorentina. Evidentemente c’è un motivo se il Bayern è pronto a sborsare 40 milioni per accaparrarselo… STRABILIANTE.
Gonzalo Higuain (NAPOLI): Si muove molto, tira molto, segna molto. Un attaccante impeccabile. È a quota 5 reti, di questo passo può tranquillamente arrivare a 20. CANNONIERE.
I FLOP
Mario Balotelli (MILAN): Non si nota praticamente mai, se non per una stupida e inutile simulazione. Allegri lo toglie per inserire Matri, e la scelta si rivela azzeccata. NON PERVENUTO.
Maicon Douglas (ROMA): E pensare che così male non stava facendo. Poi un’ingenuità grossissima che poteva costare molto cara alla sua squadra. SPROVVEDUTO.
Alessio Cerci (TORINO): Non si comporta da Cerci. I compagni lo servono pochissimo, lui non fa niente per provare ad impensierire il Napoli se non battendo una punizione sulla quale Reina si fa trovare pronto. IRREPERIBILE.