CivileDiritto Commerciale

La revocatoria fallimentare non si applica se il curatore non prova la conoscenza dello stato di insolvenza o se il pagamento è effettuato nei termini di uso – Tribunale Salerno sentenza n. 1559/2013

10719_1167365476741_7217400_ndi Avv. Elena Pompeo

Con la riforma del 2005 l’applicabilità della revocatoria fallimentare è stata ridimensionata non solo attraverso la riduzione del periodo sospetto ma anche e soprattutto con la previsione di una serie di esenzioni che manifestano chiaramente un diverso atteggiamento di fronte alla crisi di impresa, dal momento che appaiono dirette a favorire la conservazione dell’attività produttiva, o ad incentivare la regolazione della crisi mediante accordo con i creditori. In altre parole si tende a favorire, o quanto meno a non ostacolare, l’accesso dell’imprenditore a modelli di soluzione della crisi alternativi al fallimento, onde non precludere a priori un superamento della situazione critica, con conseguente conservazione dei complessi aziendali in difficoltà.

Con particolare riferimento alla esenzione dei pagamenti nei termini di uso, secondo cui, ai sensi dell’art. 67 L.F., non sono soggetti a revocatoria “i pagamenti di beni effettuati nell’esercizio dell’attività di impresa nei termini d’uso” la ratio ispiratrice appare quella, per così dire, di rassicurare quelli che sono i normali interlocutori della parte in difficoltà, onde evitare che costoro, allarmati della prospettiva di una possibile futura revoca dei pagamenti intervenuti nel periodo sospetto, interrompono i rapporti con la controparte, così privando quest’ultima di ogni residua possibilità operativa. Come è stato detto con espressione pregnante, dunque, si è voluto spezzare quella sorta di cordone sanitario che avvolgeva l’impresa in odore di fallimento, onde consentire quantomeno il tentativo di una diversa soluzione della crisi.

Il dato che ha originato il maggior dibattito è costituito dalla corretta interpretazione della locuzione “termini di uso”, dal momento che l’espressione si presta a diverse interpretazioni. L’interpretazione corretta, alla luce della citata ratio della norma, appare quella di ritenere “termini di uso” quelli correnti tra le parti, al momento del pagamento, che si collocano nell’alveo delle normali ed ordinarie attività di impresa operante in un determinato settore.

Meritano particolare attenzione alcune sentenze del Tribunale di Salerno, Sezione Fallimentare, a firma del Giudice Istruttore Dott. Giorgio Jachia, con le quali sono stati enunciati interessanti principi in materia (Trib. Salerno, III sez., sentenza n. 1559 del 18 Giugno 2013; Trib. Salerno, III sez. n. 1196 del 7 Maggio 2013; Trib. Salerno, III sez. n. 2484 del 2 Ottobre 2013).

Ad esempio sono stati ritenuti cronologicamente compiuti nei termini di uso quei pagamenti compiuti con lo stesso ritardo precedentemente tollerato dall’impresa che ha ricevuto il pagamento senza remore particolari e quindi saranno revocabili quei pagamenti effettuati, quanto ai termini temporali, con un ritardo ben maggiore rispetto a quanto avveniva precedentemente.

Quanto allo stato probatorio, in ordine alla conoscenza dello stato di insolvenza, la mancata allegazione di specifiche comunicazioni tra le parti potrebbe essere considerato un primo indice del fatto che il convenuto non avesse avvertito i segni di una decozione che all’epoca del pagamento (o dei pagamenti), di cui si chiede la revocatoria, era ancora tutta interna all’impresa.

Di certo la prova dell’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti può assumere rilevanza preventiva tale da esonerare il curatore dalla prova che gli stessi fossero noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando traslato in tal senso l’onere di dimostrare il contrario (Cass. Civ. n. 3956/1998 e n. 391/2010). In ogni caso la mera levata dei protesti, non è idonea, salvo che si riferisca a titoli di credito di cui sia beneficiario lo stesso convenuto in revocatoria- ipotesi in cui detta levata può assumere valore di prova diretta- ad offrire una siffatta prova, atteso che le caratteristiche soggettive del creditore sono, a loro volta, un semplice elemento indiziante, utilmente apprezzabile in quanto tale nell’insieme degli altri indizi non certo quale fatto noto per derivarne da esso altra presunzione.

Va ricordato che grava sul fallimento la prova della conoscenza in capo al soggetto, nei cui confronti si chiede la revocatoria del pagamento, dello stato di insolvenza del debitore. Per tale ragione, sarà opportuno verificare caso per caso con riferimento, soprattutto in tema di verifica dell’elemento soggettivo, ai fatti intervenuti prima del singolo pagamento e più precisamente sarà opportuno accertare: 1) la mancanza di solleciti da parte della convenuta e/o di qualsiasi missiva di sollecito (anche mail) tra le parti; 2) la mancanza di sospensione delle forniture come conseguenza di pregressi inadempimenti e/o una contrazione negli ordini per indurre il debitore a pagare e/o la prospettazione della sospensione delle forniture in caso di inadempienza; 3) la mancanza di pagamenti anticipati, rispetto ai tempi usuali; 4) la mancanza in capo al soggetto che ha ricevuto il pagamento (di solito un fornitore) della qualifica di operatore finanziario qualificato; 5) la mancanza di protesti sull’azienda, sui suoi principali esponenti ed ex esponenti, nonché sui soci; 6) la mancanza di eventi negativi di conservatoria; 7) la mancanza di procedure esecutive al momento dei pagamenti; 8) la mancanza di notizie di stampa di tenore negativo; 9) la non conoscibilità del pagamento ad altri fornitori di assegni in seconda presentazione; 10) il deposito di ricorsi per procedure concorsuali; 11) il permanere del godimento del credito bancario; 12) la ricezione di merce da parte di altri grandi e piccoli fornitori. E’ evidente, quindi, che la probabilità della conoscenza è fondata sulla valutazione delle concrete condizioni in cui si sia trovato ad operare lo specifico ceditore ricevente.

Anche il deposito di un bilancio negativo può essere indicativo della conoscenza dello stato di insolvenza, ma bisognerà verificare che esistano anche altri elementi dai quali potrebbe emergere la conoscenza dello stato di insolvenza e considerare la data del deposito del bilancio e non l’anno al quale si riferisce. Lo stesso vale per i protesti, per i quali bisognerà verificare la data della pubblicazione.

Per le notizie di stampa vi è da accertare che le notizie siano di carattere nazionale, tenuto conto che un articolo uscito in un giornale locale non può certo essere conosciuto da una azienda che ha sede in altra regione. La conoscenza dello stato di insolvenza non è desumibile solo da notizie di stampa, sia perché l’informazione giornalistica non assurge a fonte di conoscenza legale, in quanto non è dotata di indiscutibile attendibilità, sia perché il terzo acquirente non è tenuto a leggere i giornali. In ogni caso, ai fini della revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato di insolvenza è desumibile da notizie di stampa solo allorché l’accertamento della loro sussistenza si accompagni al riscontro della esistenza anche di ulteriori segni esteriori.

Particolare attenzione va posta ai pagamenti di beni e servizi effettuati nei termini d’uso e non soggetti a revocatoria.

Orbene, secondo l’orientamento del Tribunale di Salerno, se l’atto solutorio è compiuto nei termini d’uso non può essere revocato quand’anche sussistesse la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore da parte dell’accipiens. Tutto ciò deriva dal fatto che con l’entrata in vigore della novella vengono salvati ulteriori atti solutori che, altrimenti, ricadrebbero nell’area della revocabilità. Tale esenzione è diretta a salvaguardare la certezza dei rapporti giuridici in situazioni di “normalità” negoziale. In quest’ottica bisognerà fare riferimento non ad un criterio astratto ma al criterio soggettivo e concreto delle modalità utilizzate abitualmente nei pagamenti dai contraenti, vale a dire tanto con riferimento alle modalità quanto con riferimento al tempo dell’esecuzione del pagamento, che deve rientrare nelle normali relazioni commerciali intrattenute tra le parti, ovvero non deve essere connotato da profili di anormalità o atpicità.

Ad esempio quanto alle modalità sono stati ritenuti revocabili i pagamenti effettuati dalle parti in ritardo rispetto alle scadenze convenute o aderenti a prassi patologiche e/o a forme anomale di pagamento non concordate tra le parti all’inizio del rapporto negoziale. Come già detto, in quest’ottica, sono stati ritenuti come revocabili i pagamenti effettuati dalle parti in ritardo rispetto alle scadenze convenute.

Non vi è dubbio che l’onere probatorio della sussistenza dell’esimente gravi sul convenuto in revocatoria, al quale appunto spetterà di dimostrare che l’atto impugnato rientri in una delle fattispecie di esonero disciplinate dall’art. 67, terzo comma, legge fallimentare.

Tuttavia non bisogna dimenticare che la giurisprudenza di legittimità ha affermato ripetutamente che il giudice di merito per accogliere l’azione deve dare atto di ritenere provata l’effettiva conoscenza dello stato di insolvenza e se del caso deve indicare che al relativo convincimento vi è giunto anche attraverso il ricorso alla presunzione, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell’accipiens e del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati (Cass.civ. 8827/2011). Pertanto la prova della conoscenza dello stato di insolvenza si ha anche quando la probabilità della “scienza decotionis” trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare il creditore del fallito che poteva o meno percepire segni esteriori della decozione (Cass. Civ. n. 4769/1998; Cass. Civ. n. 8827/2011 e da ultimo Cass. Civ. ordinanza 3.05.2012 n. 6686). Ad esempio assume rilevanza presuntiva l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, tale da esonerare il curatore dalla prova che gli stessi fossero noti al convenuto, risultando traslato in tal caso l’onere di dimostrare il contrario (Cass. Civ. n. 3956/1998; n. 10209/2009; n. 391/2010). Così come emerge la prova della conoscenza effettiva desumibile da piani di rientro, sostituzioni di assegni, comunicazioni e solleciti. Diversamente non si può dire che vi è prova della scientia decontionis, al di là di ogni ragionevole dubbio, allorchè si verta in situazioni nelle quali il pagamento, pur compiuto nel periodo sospetto, sia intervenuto senza solleciti, senza connotati specifici e quando non si erano ancora resi manifesti all’esterno i segni del dissesto.

Né la mera levata del protesto è idonea, salvo che si riferisca a titoli di credito di cui sia beneficiario lo stesso convenuto in revocatoria, a provare la conoscenza e/o conoscibilità dello stato di insolvenza.

Non vi è dubbio che si dovrà valutare caso per caso e dunque, l’oggetto della prova a carico del curatore non è costituito né dalla effettiva conoscenza (probatio diabolica in quanto riferita ad uno stato psicologico) dello stato di insolvenza, né da semplici elementi indiziari dai quali si deduca la mera conoscibilità da parte del creditore “medio”, ma dalla “ probabilità della conoscenza” fondata sulla valutazione delle concrete condizioni in cui si sia trovato ad operare lo specifico creditore ricevente. Quindi, la prova a mezzo presunzioni dell’effettiva conoscenza dello stato di insolvenza può dirsi raggiunta in presenza di concreti collegamenti dell’acquirente/ creditore con più sintomi conoscibili dello stato di insolvenza.

Ad esempio la Suprema Corte ha puntualizzato che, in materia di revocatoria fallimentare, i protesti cambiari, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, potendo cagionare all’imprenditore la perdita del credito commerciale, s’inseriscono nel novero degli elementi rilevanti, in via indiziaria, agli effetti della prova presuntiva della “scientia decoctionis” da parte del terzo acquirente, sebbene si tratti di una presunzione semplice che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta e puntuale da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione del disposto degli art. 2727 e 2729 c.c. Pertanto, l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti a carico del fallito può costituire presunzione tale da esimere il curatore dall’onere della prova che gli stessi fossero concretamente noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando, in tal caso, traslato l’onere di dimostrare il contrario e senza che, tuttavia, ciò esima il giudicante dalla considerazione di rilevanza, caso per caso, del loro numero, qualità, ammontare, collocazione cronologica, luogo di pubblicazione oltre che dello status professionale della parte che avrebbe dovuto averne conoscenza. In tale analisi deve trovare ampio spazio ed adeguata rilevanza il numero dei protesti stessi, la qualità dei titoli insoluti, l’ammontare di questi ultimi, la loro collocazione cronologica, l’eventuale diversità del luogo della pubblicazione rispetto a quella di residenza e domicilio del soggetto che avrebbe dovuto averne conoscenza, il suo status professionale (Cassazione civile, sez. I, 13/01/2010, n. 391).
In conclusione prima di incardinare una azione revocatoria fallimentare per i pagamenti avvenuti nel semestre antecedente il fallimento sarò opportuno e doveroso accertare se il curatore può provare la conoscenza o la conoscibilità dello stato di insolvenza da parte del fornitore, secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza.

Avv. Elena Pompeo
Via M. Mascia n.8 84124 Salerno – Tel e Fax. 089.2582524 –
studiolegalepompeo@alice.it
www.studiolegalepompeo.com

Allegato Pdf:

Tribunale di Salerno, III Sez Civ, sentenza n. 1559 del 18 Giugno 2013

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *