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Serie A 5^ GIORNATA. Roma, nun hai fatto la stupida stasera… – di Angelo Abbruzzese

Marco Parolo (PARMA)
Marco Parolo (PARMA)

Il primo turno infrasettimanale della stagione si apre con la sfida del Friuli tra Udinese e Genoa. Guidolin lascia inizialmente in panchina Muriel, affidandosi nuovamente a Maicosuel. Il primo tempo regala un’occasione per il Mago (su lancio di Allan) e una rete annullata a Di Natale per fuorigioco. La svolta arriva nella ripresa, precisamente al 79’, quando il capitano friulano calcia forte una punizione dalla sinistra e trova la sfortunata deviazione di Calaiò per l’1-0.

Non sarà stata bella come la vorrebbe Guidolin, ma la vittoria dell’Udinese è di un’importanza capitale. I tempi del bel gioco non sono ancora maturi, ma i bianconeri possono dire di averci provato con le unghie e con i denti e di esser riusciti, alla fine, a capitalizzare, anche se con un po’ di fortuna.

Correva l’anno 1961 quando Armando Trovajoli componeva “Roma, nun fa’ la stupida stasera”. E nella testa dei giocatori giallorossi, questa canzone sarà sicuramente comparsa nella serata di Marassi. Una vittoria significherebbe record e vetta della classifica. Garcia lascia in panchina Totti e schiera un tridente composto da Gervinho, Borriello e Marquinho. La ricetta dei giallorossi è però sempre la stessa: giro palla con De Rossi, mentre Pjanic e Strootman devono essere pronti a recuperar palla e ad impostare il gioco sulle fasce. Maicon prova a sfondare sulla destra, ma gli spazi sono stretti e la Roma fatica a trovare la profondità. Borriello e Gervinho non brillano nei primi 45’, Marquinho nemmeno. La banda di Garcia ci prova dalla distanza, ma non è serata per i tiratori. E così il fortino blucerchiato resiste senza troppi affanni. In avanti la Samp si affida invece ai lanci lunghi per Gabbiadini e Sansone a caccia di falli sulla trequarti per sfruttare le azioni a gioco fermo. Ma il match non decolla e il primo tempo si chiude con un miracolo di De Sanctis proprio su Gabbiadini, lanciato a rete da un retropassaggio da brividi di Borriello. Nella ripresa, poi, è tutta un’altra storia. Archiviata la prima frazione contratta, la Roma inizia lentamente a guadagnare campo e a giocare con maggiore velocità. Delio Rossi sente puzza di bruciato e prova a tenere alti i suoi, ma con il passare dei minuti i giallorossi accelerano e fanno nuovamente valere la regola del secondo tempo. Garcia protesta col quarto uomo per un fallo e viene espulso, ma la sua creatura non sbanda. Il match lo sblocca Benatia al 65’, simbolo della miglior difesa del campionato e di una squadra che mostra un’eccezionale condizione fisica e tenuta mentale. I blucerchiati provano a reagire, ma Gabbiadini è troppo solo, Sansone non ha più forze, Barillà si fa espellere per doppia ammonizione e le azioni di rimessa dei padroni di casa sono spesso imprecise. E così Gervinho all’89’ mette il risultato in cassaforte su assist di Totti, lanciando la Roma in testa al campionato. Roma, nun hai fatto la stupida stasera…

La Juventus di Conte è impegnata a Verona, stavolta contro il Chievo. L’allenatore leccese conferma Llorente in attacco e gli affianca Quagliarella, manda Asamoah, Lichtsteiner, Vidal e Bonucci in panca con Peluso, Isla, Marchisio e Ogbonna titolari. Pronti via, a fare la partita è subito la Juve, ma ci vogliono velocità di manovra e la giocata giusta perché le marcature del Chievo sono asfissianti. E i torinesi fanno fatica a trovare spazi. Gli uomini di Sannino sono aggressivi in ogni parte del campo sui portatori di palla, anche con gli attaccanti Paloschi e Thereau, che si sacrificano tantissimo. Il primo tiro della Juve verso la porta di Puggioni arriva al quarto d’ora con Llorente: bella giocata dello spagnolo con stop e sinistro a seguire, la mira è sbagliata. Ci prova anche Pogba di testa, palla sopra la traversa. E alla prima occasione i padroni di casa vanno in vantaggio con la complicità di… Buffon. Il portiere bianconero sbaglia il rilancio, Sardo raccoglie e serve Thereau che infila nell’angolino sinistro. Juve sotto per quarta volta consecutiva tra campionato e Champions. Pronta la reazione della squadra di Conte ma sono troppi i cross imprecisi dalle fasce, soprattutto quelli di Peluso dalla sinistra. E così è sempre Pogba il più vivace: il francese aggredisce e cerca l’invenzione nella miriade di maglie gialloblù. Ma alla fine del primo tempo il portiere del Chievo conta soltanto una respinta su un tentativo di Quagliarella e una parata su colpo di testa debole di Llorente. Nei primi dieci minuti della ripresa succede di tutto: la Juve pareggia subito i giochi con Quagliarella, che batte Puggioni dopo tre tentativi (tutto nasce da un cross dalla destra di Pogba). Poi ecco un episodio che farà indubbiamente discutere: altro orrore di Buffon, questa volta su tiro di Bentivoglio, tap-in vincente di Paloschi annullato per fuorigioco, che non c’è assolutamente. La rabbia dell’ex centravanti di Parma e Genoa è più che giustificata. Su capovolgimento di fronte Quagliarella la mette dentro ma il gioco è fermo. Superato lo spavento, la Juve aumenta la pressione: bravissimo Puggioni ad alzare sopra la traversa la conclusione di Marchisio prima e a respingere il tiro di Chiellini poi. E ancora il portiere del Chievo è attento sulla girata di Llorente. Al 65’ è sorpasso Juve, che ancora una volta ringrazia Pogba. Da un altro suo cross arriva la deviazione di Bernardini nella propria porta. Via ai cambi: dopo l’ingresso in campo di Lichtsteiner per Isla nella Juve, Sannino fa entrare Radovanovic e Ardemagni. Tocca poi a Tevez, che sostituisce Quagliarella, e a Vidal, che rimpiazza Llorente. Da qui alla fine i bianconeri gestiscono il risultato senza correre grossi rischi, portando a casa una vittoria di fondamentale importanza.

Si ferma, dopo quattro vittorie consecutive, la corsa del Napoli di Benitez. Al San Paolo il Sassuolo compie una grande impresa, pareggiando per 1-1. L’allenatore partenopeo cambia moltissimo rispetto alla vittoria di San Siro: dentro Fernandez, Cannavaro, Armero, Inler, Pandev e Mertens con Zuniga neanche convocato e il resto dei titolari comodi in panchina. Al 14’ il primo episodio-chiave del match: Higuain lancia Mesto, Acerbi rinvia fuori dalle barricate, arriva Dzemaili col cannone e l’1 a 0 è cosa fatta. Scardinato il muro, il Napoli dovrebbe avere spalancata la via della vittoria e camminare sulle potenziali macerie, ma il Sassuolo, colpito, non è affondato perché la rivoluzione difensiva ordinata da Benitez lascia più di qualche dubbio e Zaza (prima di lui Laribi) ci sguazza dentro. Taglio destra-sinistra, fuorigioco sbeffeggiato (Cannavaro segue ma subisce il movimento) e botta sotto l’incrocio dei pali (19’). Secondo gol in Serie A del Sassuolo, secondo gol in Serie A per Simone Zaza. La reazione azzurra è in linea con la mimetica indossata. Prima Higuain con un pallonetto chissà quanto voluto, poi Mertens con l’artiglieria pesante, Pandev e Hamsik (due volte), ricordano al Sassuolo che non è il caso di alzarsi troppo. Zaza non sta a sentire e fa bene perché poco dopo (27’) Mesto deve intervenire sulla linea dopo l’ennesima dormita della difesa partenopea per respingere il tiro a botta sicura dell’attaccante ex Ascoli. Il rammarico è anche campano, però, quando Hamsik fa stropicciare gli occhi alla sua platea (avrebbe scelto un altro modo) e sbaglia un rigore in movimento che di solito segnerebbe bendato e legato con le catene. Il taccuino urla di gioia: sembra una di quelle battaglie navali incautamente abbozzate in gioventù tra i banchi e la sorpresa è che gioca, e rischia di far male, pure il Sassuolo. Che, organizzato con una difesa a cinque e col duo Zaza-Berardi deputato a togliere pure l’ombra a Inler e Dzemaili, mette nell’armadio gli scheletri di Reggio Emilia. Prova a tirarli fuori Mertens con un paio di accelerazioni mancine (Schelotto non lo tiene), ma l’ultimo squillo vero, dopo due tiri-appoggio di Inler, è roba di Kurtic che sfiora la traversa con Reina forse un po’ sorpreso. Il riposo cambia tutto. Ma non come il Napoli vorrebbe perché il Sassuolo modifica lo status e passa da arroccato a propositivo. Basta superare la metà campo azzurra perché scatti l’allarme rosso. Zaza sembra il miglior Higuain, Laribi come Hamsik; eppure la migliore occasione capita a Fernandez che, sugli sviluppi di un angolo, tira addosso a Pegolo. Il pubblico del San Paolo (formato virtualmente dall’intera popolazione di Sassuolo più quella di 4-5 paesi limitrofi), cerca di sostenere la squadra di Benitez. Non basta perché a sinistra Kurtic semina il panico, Fernandez se lo perde ancora e il Sassuolo sfiora il sorpasso (68’). La musica è sempre la stessa. Come l’urlo del San Paolo che non trova il seguito sperato nell’atteggiamento della squadra. Che ci prova, ma con una confusione lontana parente della furia organizzata con la quale il Napoli aveva attaccato la giugulare avversaria nell’ultimo mese. E allora ci pensa sempre lui, Kurtic, a spaventare Reina a una decina di minuti dalla fine e dopo gli ingressi di Callejon prima e Insigne poi. Lo scossone non arriva. E nella notte che doveva incoronare il Napoli, il Sassuolo (primo punto) trasforma l’incubo in una bellissima favola.

Finisce 3-3, invece, tra Bologna e Milan. Dal prato del Dall’Ara escono due squadre che offrono uno spettacolo gradevole agli spettatori, sì, ma di sicuro non stanno attraversando un periodo favorevole. Tutti a casa, insomma, con le pive nel sacco per quello che poteva essere e invece non è stato. Il Bologna in primis, così vicino alla prima vittoria stagionale da rimanere vittima della classica tremarella a un metro dal traguardo. In secondo luogo il Milan, che si salva nel recupero rimontando due gol (come a Torino), ma a conti fatti si divora una quantità industriale di occasioni con lo sterile Matri, mitra caricato a salve anche a porta sguarnita. Il pareggio rossonero arriva ancora una volta più con i nervi che attraverso un gioco ancora astratto, nel senso di inesistente. Una difesa colabrodo, capace di subire tre gol nelle prime tre occasioni di Diamanti e compagni, con un Abbiati ancora incerto e una coppia centrale distante e distratta. Al contrario davanti le occasioni non mancherebbero, ma si sa, nel calcio bisogna infilare la porta, non provarci. Matri si divora almeno tre gol semplici, Mexes colpisce una traversa e Robinho, oltre al gol del 3-2 e all’assist per il momentaneo vantaggio di Poli, reclama un rigore da cui scaturisce il pareggio di Laxalt. Sì, Laxalt, il giovane uruguaiano dell’Inter che esordisce in Serie A proprio contro il Milan. Doppietta e tanta corsa, un gol in contropiede e uno di testa saltando su Abate, addormentato nell’occasione. Mica male, così come Cristaldo, trasparente per sessanta minuti e letale di testa per il momentaneo 3-1. Poi il blackout per il Bologna, coinciso con l’ingresso di un difensore in più, Sorensen, e il pareggio del Milan con Ignazio Abate. Con tanto di beffa finale: il sinistro di Diamanti da “casa sua” si stampa sulla traversa. Sarebbe stato un gol da cineteca. Sarebbe, ma non è stato. Il riassunto perfetto di Bologna-Milan 3 a 3.

Torna a volare la Lazio di Petkovic che, dopo la sconfitta nel derby, si sbarazza della resistenza del Catania vincendo per 3-1. L’avvio del match è scoppiettante. Al 4’ i padroni di casa sono già in vantaggio: punizione di Candreva, Andujar non trattiene colpevolmente ed Ederson, servito da Pereirinha, è bravo a trovare il gol con un’ottima coordinazione. Il pari degli ospiti è immediato: al 6’ Barrientos approfitta di un clamoroso errore in disimpegno di Cana e non lascia scampo a Marchetti. In un continuo susseguirsi di emozioni, i biancocelesti vanno, per ben tre volte. vicini al raddoppio: Alvarez salva sulla linea su Lulic, un colpo di testa di Cana sfiora il palo e Candreva con un destro potente al termine di un assolo mette i brividi ad Andujar. Siamo solo al 17’. Il forcing degli uomini di Petkovic finisce qui e lascia spazio ad una manovra lenta, prevedibile e confusionaria: la fantasia (Hernanes è in panchina per scelta tecnica) scarseggia. Il Catania, superati gli spaventi iniziali, non ha difficoltà a controllare le incursioni avversarie e di tanto in tanto (non abbastanza viste le amnesie della retroguardia capitolina) prova a mettere il naso dalle parti di Marchetti. Bisogna aspettare il 31’ per rivedere un’azione degna di nota: Ederson prova a risvegliare i suoi con un destro potente che mette in difficoltà l’insicuro Andujar. È il preludio al gol del 2-1 di Lulic: il bosniaco sfrutta un abbaglio di Guarente (passaggio in orizzontale) e riporta avanti i suoi giocando di sponda con il palo. In avvio di ripresa la prima emozione la regala Almiron: rovesciata sugli sviluppi di un calcio piazzato e pallone fuori di pochissimo. Al 60’ la gara svolta in maniera definitiva. Splendida progressione di Onazi e Bellusci, già ammonito, interviene da dietro e lo stende. Doppio giallo e doccia anticipata. Paradossalmente, con un uomo in meno, gli uomini di Maran, galvanizzati dall’ingresso del giovane Boateng, prendono in mano il gioco ma non insidiano mai Marchetti. Sono ancora i padroni di casa nelle ripartenze ad avere le occasioni migliori: Andujar respinge un destro di Floccari e lo stesso portiere argentino devia in angolo un tiro di Candreva. Petkovic getta nella mischia anche Hernanes ed è proprio il brasiliano, dopo due tentativi falliti da buona posizione, a chiudere i conti a tempo scaduto con un rasoterra molto angolato. La Lazio sale a 9, mentre il Catania resta fermo a 1.

Il Parma conquista la prima vittoria del suo campionato, battendo l’Atalanta per 4-3 dopo una gara scoppiettante. Le marcature le apre Mesbah, con un destro a giro favoloso che si insacca sotto l’incrocio dei pali. Il pareggio bergamasco, però, arriva dopo appena un minuto e porta la firma di Bonaventura, al primo gol stagionale. I ducali tornano in vantaggio con la perla (sinistro al volo) di Marco Parolo e, nel finale di tempo, si divertono portando a 4 le reti realizzate. Al tabellino dei marcatori si aggiunge anche Rosi, che segna con un destro dal limite, mentre il quarto gol lo segna ancora una volta Parolo. L’Atalanta non si arrende e al 44’ Denis supera Mirante con un cucchiaio che gli consente di sbloccarsi dopo 5 mesi e mezzo di digiuno. Nella ripresa Colantuono prova il tutto per tutto e Amauri, in qualche modo, tenta di aiutarlo, facendosi cacciare per proteste. Livaja, al 79’, accorcia ulteriormente le distanze, ma l’occasione più nitida, nel finale, capita a Sansone, che si fa ipnotizzare da Consigli. E così, dopo 3 minuti di recupero, termina l’incontro con la vittoria per 4-3 dei gialloblù di Donadoni. Nel prossimo turno di campionato, il Parma farà visita alla Fiorentina nel posticipo di lunedì sera mentre gli orobici saranno impegnati in casa con l’Udinese domenica alle ore 15.

Finisce 2-2 la gara dell’Olimpico di Torino tra il Toro di Ventura e l’Hellas Verona di Mandorlini. Cerci porta in vantaggio i suoi su calcio di rigore al minuto numero 36 (fallo di mano di Gonzalez), ma arriva subito il pareggio degli ospiti con la rete di Juanito Gomez. Nella ripresa è ancora Cerci, con la complicità di Albertazzi, a portare avanti i suoi, ma l’Hellas non è squadra che demorde facilmente e, al 67’, trova il gol del definitivo pareggio con il calcio di rigore procurato da Toni e trasformato da Jorginho. Ora per il Torino c’è il derby con la Juventus, mentre il Verona ospiterà il Livorno.

Un gol per parte e un punto a testa. Finisce così al Picchi Livorno-Cagliari. Al vantaggio amaranto al 23’ con Luci, risponde Ibarbo al 52’ della ripresa. Un match dai due volti, che gli amaranto gestiscono per larghi tratti nel primo tempo, ingabbiando gli attaccanti rossoblù (con Ibarbo c’è Nenê) e colpendo con veloci ripartenze, ma che il Cagliari ribalta nel secondo tempo, specie dopo aver trovato il prezioso gol del pareggio.

L’ultimo atto del 5° turno di questo campionato è la sfida del Meazza tra Inter e Fiorentina. Primo tempo di marca viola, con la Fiorentina che gestisce il possesso palla e detta il ritmo blando del match, ma non riesce a forzare il bunker nerazzurro. Irretita dalla trama paziente della Fiorentina, l’Inter difende bassa e si affida solo alle ripartenze di Guarin e Alvarez, rinunciando completamente al pressing sui portatori di palla. La banda di Montella arriva con grande facilità al limite dell’area avversaria, ma poi sbatte contro il muro eretto da Mazzarri. Senza il sostegno della Nord (chiusa per cori razzisti), prudente e guardinga, l’Inter è, però, viva quando parte in velocità con Guarin, Alvarez, Nagatomo e Jonathan. Nei primi 45’ gli uomini più pericolosi della Fiorentina sono soprattutto Rossi, nei panni di uomo-assist, e Joaquin, bravo a partire largo e a inserirsi con i tempi giusti. Nell’Inter altra grande prova di Alvarez, ormai ex oggetto misterioso a San Siro, e Handanovic, che chiude la saracinesca e disinnesca i tentativi delle punte viola. Gli uomini di Mazzarri giocano a intermittenza, Rossi & Co. provano, invece, a manovrare e ad andare in profondità, ma senza una prima punta di peso non riescono a sfondare. La prima frazione si chiude senza reti, mostrando con chiarezza la profonda diversità tra i due modi di intendere il calcio dei due tecnici. Nella ripresa si allentano subito le marcature in mezzo al campo e le squadre si allungano, favorendo le giocate e i capovolgimenti di fronte. Il match lo sblocca Giuseppe Rossi al 60’, trasformando un rigore per un atterramento di Joaquin da parte di Juan Jesus. Pepito firma il quinto centro stagionale e Montella decide di fargli tirare un po’ il fiato richiamandolo in panchina (Ilicic al suo posto). Scelta non proprio azzeccata, col senno di poi. Senza una punta vera, la Fiorentina, infatti, non riesce più a far salire la squadra e comincia a perdere metri, dando la sensazione di non essere più pericolosa come nel primo tempo. E così, al 72’, Cambiasso approfitta di una dormita della difesa viola su un corner e firma il pareggio. Sulle ali dell’entusiasmo, poi, i nerazzurri accelerano, la Viola arretra il baricentro, affacciandosi dalle parti di Handanovic solo all’80’ con il sinistro di Ilicic. Ma l’inerzia del match sembra ormai segnata. Alvarez, all’83’, ha ancora gambe e lucidità per lanciare Jonathan, che salta Fernandez e batte Neto per il gol della vittoria. L’Inter di Mazzarri continua a bruciare le tappe. Roma, Napoli e Juventus sono avvertite.

In virtù di questi risultati, Roma da sola in vetta con 15 punti, seguita da Inter, Napoli e Juventus con 13. Chiudono Sassuolo e Catania con 1 punto. Giuseppe Rossi e Alessio Cerci sono i capocannonieri del campionato con 5 reti.

I TOP

Marco Parolo (PARMA): Grande gara la sua. Segna una doppietta, gioca bene in mezzo al campo e si toglie finalmente qualche soddisfazione in maglia gialloblù. E poi la rete del 2-1 è un qualcosa di fantastico. (NON) SONO SOLO… PAROLO.

Alessio Cerci (TORINO): Quando gioca segna sempre. Quinta rete in altrettante gare di campionato e vetta della classifica marcatori in coabitazione con Pepito Rossi. Il Torino è lui, senza ombra di dubbio. DELIZIOSO.

Diego Laxalt (BOLOGNA): Un esordio migliore non poteva immaginarselo. Doppietta al Milan ma anche tanta quantità nel rincorrere i terzini avversari. I gol sono un giustissimo premio. SUPERBO.

I FLOP

Alessandro Matri (MILAN): Più che un’arma letale sembra una pistola giocattolo. Fallisce tutto quello che c’è da fallire, con o senza portiere. Deve aggiustare la mira velocemente o per il Milan saranno ancora più guai. DISASTROSO.

Gianluigi Buffon (JUVENTUS): Per una volta troviamo anche lui qui. Sbaglia in occasione del gol di Thereau e sbaglia anche in occasione del secondo gol dei clivensi (quello non concesso). Ogni pallone che tocca, praticamente, è un errore. Serataccia. SOTTOTONO.

Amauri (PARMA): La nota più negativa dei gialloblù. Non solo non segna (il che è grave per un attaccante che gioca al fianco di Cassano da 5 partite), ma trova anche il modo e il coraggio di farsi espellere per reiterate proteste. INAUDITO.

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