Se il socio contesta il suo status ricorre il litisconsorzio necessario Cassazione 20215/2013
La Corte di cassazione, con l’ordinanza 20215 emessa il 3 settembre, ha ribadito il principio facendo diretto riferimento e concreta applicazione di una precedente pronuncia delle sezioni unite (cfr sentenza 14815/2008), con la quale i supremi giudici hanno risolto le principali problematiche relative ai rapporti tra soci e società nel processo tributario.
La vicenda
L’Agenzia delle Entrate ricorreva contro una contribuente per la cassazione della sentenza con la quale la Ctr Campania, a conferma della pronunzia di primo grado, aveva annullato l’avviso di accertamento con il quale l’ufficio – previa rideterminazione del volume d’affari e del reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2003 da ascrivere alla società di riferimento (e da ribaltare, poi, sui soci in applicazione del principio di trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del Dpr 917/1986) – aveva ricalcolato la maggiore imposta ai fini Iva e Irap. Il predetto avviso era stato successivamente notificato alla convenuta contribuente nella sua supposta qualità di socia di fatto (insieme ad altri due familiari) della società per una quota pari al 12,5% e lo stesso atto impositivo era da lei impugnato eccependo l’assenza, a proprio carico, della qualità de qua e, di conseguenza, negando la propria fattiva partecipazione alle vicende societarie.
La Commissione di secondo grado aveva basato la propria decisione sul rilievo che l’assunto in base al quale l’Agenzia aveva fondato la propria convinzione su una collaborazione di fatto della contribuente (ovverosia che il possesso dei beni di quest’ultima fossero il frutto di truffe ed evasioni fiscali perpetrate da suoi congiunti e dagli altri soci) era contraddetto dalle pronunzie con le quali il giudice penale aveva provveduto a emettere provvedimenti di revoca del sequestro che, ab origine, era stato disposto sui predetti beni, assolvendo la contribuente dall’imputazione di favoreggiamento reale.
L’Agenzia ricorreva, per l’appunto, in Cassazione fondando la propria impugnativa su tre motivi. La contribuente, dal canto suo, si costituiva con controricorso.
La normativa di riferimento
L’articolo 14 del Dlgs 546/1992 rubricato “Litisconsorzio ed intervento” stabilisce, nei suoi primi tre commi, i seguenti principi di valenza generale: “1.Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte dello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi.2. Se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i soggetti indicati nel comma 1 è ordinata l’integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza.3. Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso“.
La decisione
La Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha chiarito, come già in precedenza ricordato, che con la sentenza 14815/2008 le sezioni unite della medesima Corte hanno rilevato che la rettifica della dichiarazione dei redditi di una società di persone e le conseguenti modifiche delle dichiarazioni dei singoli soci si fondano su un “accertamento unitario”; di conseguenza, il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di accertamento da uno dei soci o dalla stessa società riguarda inscindibilmente sia quest’ultima sia i soci stessi.
Pertanto, in questo caso ricorrono i presupposti di un litisconsorzio necessario originario tra tutti i predetti soggetti con conseguente vizio di nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento e anche d’ufficio, del giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari.
Il successivo principio stabilito dalle sezioni unite si conforma alla fattispecie concreta de qua, in quanto, con carattere generale, si è stabilito che “…ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario, solamente tra i soci, quando il ricorso introduttivo abbia ad oggetto la mera ripartizione del reddito anche quando il socio contesti la propria qualità (nel qual caso, gli altri soci hanno interesse a contrastare la tesi del ricorrente, il cui accoglimento determina un incremento del loro carico fiscale)“.
Nel caso di specie, la Cassazione ha osservato, in via preliminare che:
- il giudizio sottoposto al suo vaglio è stato svolto nel contraddittorio della sola (presunta) socia di fatto, senza la partecipazione né della società né degli altri soci
- la contribuente convenuta in giudizio chiede l’annullamento dell’avviso di accertamento Iva/Irap emesso nei confronti della società in quanto detto atto sarebbe illegittimo “per la parte che la riguarda come presunta socia di fatto“; per cui, quest’ultima non contesta l’accertamento, operato dall’ufficio, dei ricavi e dei redditi della società ma confuta la propria qualità di socia di fatto (e, quindi, destinataria pro quota del maggior reddito accertato).
L’oggetto del giudizio non è, pertanto, la legittimità delle rettifiche effettuate dall’ufficio nelle operazioni di rideterminazione del reddito imputato alla società, quanto la sussistenza, in capo alla contribuente, della qualità di socia di fatto della società medesima.
Per cui, la Cassazione, alla luce della predetta precisazione di carattere oggettivo, ha precisato che la partecipazione della società nel giudizio in argomento non era assolutamente necessaria in quanto la materia del contendere non era il contenuto dell’avviso di accertamento notificatole.
Per converso, era imprescindibile la chiamata in giudizio di tutti gli altri soci, di diritto e di fatto, della società in quanto l’eccezione di mancanza della qualità di socia di fatto, pur rivestendo carattere personale, incide direttamente sulla ripartizione del reddito sociale tra gli altri soci.
In conclusione, nel caso di specie, ricorre, come già accennato in precedenza, un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra la contribuente convenuta e gli altri soci (alla stregua dei principi enunciati con la sentenza delle sezioni unite più volte citata), con la conseguente nullità d’ufficio dell’intero giudizio di merito per difetto di integrazione del contraddittorio e rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria di primo grado.