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È l’amministratore di fatto il responsabile delle violazioni – Cassazione 19716/2013

179787_110827699126596_1263199609_nRisponde in proprio delle violazioni commesse – come autore e ideatore – l’amministratore di fatto di una società costituita al solo scopo fraudolento di evadere l’Iva. Non può, infatti, trovare applicazione l’articolo 7 del Dl 269/2003, in base al quale, le sanzioni amministrative, relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

Questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione nella sentenza n. 19716 del 28 agosto 2013, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto da un contribuente.

I fatti di causa
A seguito di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di finanza, l’Amministrazione finanziaria notificava a una società un accertamento induttivo per mancato versamento Irpeg, Irap e Iva dell’anno 2000, oltre alle sanzioni pecuniarie.
In particolare, dalla verifica era emerso che la società accertata, con sede legale in Germania, aveva la reale sede operativa e commerciale presso una società italiana – il cui amministratore gestiva direttamente anche quella tedesca – atteso che il responsabile legale di quest’ultima era risultato irreperibile e doveva pertanto considerarsi un mero prestanome.

Il ricorso prodotto dal contribuente veniva rigettato sia in primo grado che in appello.
Nello specifico, i giudici tributari di secondo grado rilevavano che, sulla base della documentazione prodotta, il contribuente risultava essere amministratore di fatto della società tedesca, la cui attività commerciale veniva svolta per il tramite della società italiana, di cui era il responsabile legale. Inoltre, risultava essere ideatore e autore delle violazioni tributarie contestate, dalle quali traeva esclusivo vantaggio.
Di conseguenza, il rapporto fiscale non intercorreva con la società tedesca – costituita al fraudolento scopo di simulare scambi comunitari al fine di evadere l’Iva – ma con l’odierno ricorrente, sicché non può trovare applicazione l’articolo 7 del Dl 269/2003, con l’effetto di far ricadere automaticamente sull’amministratore di fatto le violazioni contestate alla società, essendo lui solo l’autore materiale e beneficiario delle stesse.

Il contribuente propone ricorso in Cassazione contestando, tra l’altro, la sentenza di appello nella parte in cui non è motivato l’assunto secondo cui l’esclusivo beneficiario delle operazioni contestate fosse lo stesso ricorrente, né quello per cui l’amministratore di fatto della società fosse automaticamente anche il beneficiario delle violazioni contestate, dovendo ricadere, invece, queste ultime, sulla società stessa.

La sentenza della Cassazione
Per i giudici di legittimità, le censure sono infondate. Invero, secondo la Corte suprema, i giudici di appello hanno ben chiarito le ragioni per le quali hanno ritenuto l’amministratore di fatto della società tedesca ideatore, autore e beneficiario delle violazioni, sulla base della documentazione esaminata (fatture e documentazione bancaria varia).
In particolare, da tale documentazione, risultava evidente che l’attività amministrativa e commerciale della società tedesca era svolta direttamente dal ricorrente, presso la cui azienda italiana trovavano il proprio recapito numerose altre imprese – tutte riconducibili allo stesso – coinvolte in finti scambi comunitari, tutti finalizzati all’evasione delle imposte, con esclusivo e personale vantaggio del ricorrente stesso.

Corrette, quindi, secondo la Corte, anche le motivazioni in ordine all’applicazione delle sanzioni in capo al ricorrente e non alla società.
Al riguardo, la Cassazione precisa che l’articolo 7 del Dl 269/2003 “…intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima; nel caso di specie, invece, essendo…(il ricorrente)”.

Osservazioni
Oramai è da ritenersi consolidato il principio secondo cui l’amministratore di fatto di una società è equiparato alla figura dell’amministratore di diritto quanto ai doveri, sulla base della disciplina dettata dall’articolo 2639 del codice civile, ed è gravato dell’intera gamma degli obblighi cui è soggetto l’amministratore di diritto. Ne consegue che, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la responsabilità penale e civile per tutti i comportamenti rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole inerzia a fronte di tali condotte (cfr Cassazione, sentenza 11649/2012 e 33385/2012).

Con riferimento alle sanzioni, invece, l’originario principio fondante del Dlgs 472/1997 sulla responsabilità personale, è stato modificato dall’articolo 7 del Dl 269/2003, secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica, ovvero del soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione, ossia, nel caso di specie, l’amministratore di fatto.

Marco Denaro

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