Serie A 2^ GIORNATA. SpaÑapoli – di Angelo Abbruzzese
Il Napoli, dopo la convincente vittoria ottenuta contro il Bologna, è la squadra che apre il 2° turno del nuovo campionato di Serie A. Gli azzurri fanno visita al Chievo di Sannino, bestia nera nelle ultime stagioni (4 sconfitte nelle precedenti 5 uscite). Benitez conferma per 10/11 la formazione che ha disintegrato il Bologna lo scorso 25 agosto: l’unica novità è, infatti, rappresentata da Insigne, che sostituisce Pandev.
Il Napoli inizia subito forte, cercando di tenere il pallone e provando, appena possibile, ad innescare i suoi giocatori offensivi. Higuain (che gioca con un vistoso cerotto sul mento dopo la disavventura di Capri), dopo pochi minuti, impegna Puggioni con un destro da posizione defilata. È solo il preludio al gol, che arriva al 13’, manco a dirlo, con Marek Hamsik. Lo slovacco raccoglie un passaggio orizzontale di Insigne e batte il portiere clivense con un gran destro che tocca il palo prima di terminare la sua corsa in fondo al sacco. I gialloblù, però, non ci stanno e pareggiano dopo undici minuti: sventagliata al volo di Hetemaj dalla destra e Paloschi approfitta di una doppia disattenzione di Britos e Reina per segnare il suo primo gol stagionale. Ma il Napoli di Don Rafè non si lascia incantare da questi incidenti di percorso e, dopo appena cinque giri di lancetta, Higuain trova con un assist al bacio José Callejon che da due metri non sbaglia. Secondo gol in altrettante gare di campionato per l’esterno ex Real Madrid, niente male come inizio. Il binario di sinistra Zuniga-Insigne va a sprazzi: il colombiano, terzino con piedi da trequartista, alterna verticalizzazioni alla Pirlo a indecisioni in fase difensiva, mentre l’attaccante della nazionale si accende improvvisamente con giocate d’alta scuola per poi spegnersi immediatamente. E resta proprio questo il suo grande limite. Il Chievo, comunque, c’è e non lascia più di tanto l’iniziativa agli ospiti. Prima Maggio serve Paloschi con un retropassaggio di testa, ma il numero 43 colpisce il palo; poi lo stesso attaccante ex Milan pareggia nuovamente i conti, bevendosi il terzino della nazionale e trafiggendo il non irreprensibile Reina. Prima della chiusura del primo tempo, Radovanovic va vicino alla rete con una conclusione dalla distanza, Pepe Reina respinge sui piedi di Thereau che spedisce alto. Così si va a riposo sul 2-2. La ripresa è a tinte completamente azzurre: Hamsik, al 64’, mette a segno la rete del terzo vantaggio partenopeo approfittando di una corta respinta di Puggioni, mentre Higuain, ben servito da Insigne, chiude la contesa col suo primo gol italiano (70’). La reazione del Chievo sta tutta in un tentativo di Acosty bloccato in due tempi da Reina. Nel finale Benitez concede spazio anche a Dzemaili, Pandev e Armero per Behrami, Hamsik e Higuain. La partita finisce 2-4, il Napoli c’è ed è più vivo che mai. Ed è per questo che è lecito mettere in chiaro alcuni punti. Primo: vincere a Verona, dove il Napoli soffriva come un matto da tre campionati, è un importante segnale di un cambio di rotta deciso. Il secondo, altrettanto considerevole, è la maturità che la formazione di Benitez mostra per tutto l’arco della partita.Il resto, l’altro spunto davvero significativo, lo danno gli attaccanti. Hamsik è in uno stato di forma mostruoso. È libero di muoversi un po’ dove vuole, si trova già a meraviglia con Higuain e da quella posizione sulla trequarti è imprendibile o quasi. Il Pipita, invece, è semplicemente un attaccante di un’altra categoria. L’unico neo può essere rappresentato dalla fase difensiva (vedi gli errori sui due gol e non solo), ma ci ha pensato il reparto offensivo ad oscurarne le brutture. Per intenderci: se anche con robacce da penna rossa porti a casa i tre punti, forse è davvero un anno buono. Anzi, buonissimo.
Dopo la performance del Napoli, tocca alla Juve mantenere la vetta della classifica. Dopo 13 giorni è di nuovo Juventus-Lazio. Conte conferma l’undici della Supercoppa (tranne l’infortunato Marchisio), mentre Petkovic lascia fuori Ledesma per Gonzalez e cambia la coppia centrale difensiva, inserendo Novaretti e Cana. I bianconeri iniziano subito forte, anche se la prima palla gol è di marca laziale: azione di Candreva sulla sinistra, rinvio corto di Barzagli e battuta al volo di Hernanes ben neutralizzata da Buffon. Dopo il pericolo corso, salgono in cattedra i campioni di cui dispone la squadra campione d’Italia. Tevez è un giocoliere, Vucinic fa tanto movimento, Pogba lascia a bocca aperta i suoi tifosi con giocate d’alta scuola, ma Vidal è quello che concretizza: no-look delizioso di Pogba per il cileno, che stoppa e batte Marchetti con l’esterno destro. I bianconeri dominano sulle fasce e quando perdono palla raddoppiano, chiudono le linee di passaggio e recuperano rapidamente. E così arriva il raddoppio. Bonucci, col sinistro, inventa un assist millimetrico per Vidal, Hernanes non copre l’inserimento e il numero 23 segna la sua personalissima doppietta, la seconda in carriera alla Lazio. Sembra andare tutto per il verso giusto, ma una respinta corta di Buffon cambia l’inerzia della gara. Hernanes ci prova dai 25 metri, il portierone della nazionale non è preciso e Klose segna la rete del 2-1, che è anche la sua prima ai bianconeri. Gasati per il gol, i biancocelesti prendono coraggio e sognano la rivincita. Sotto i fendenti dalla distanza di Hernanes e Candreva, la Juve vacilla, arretra, ma stringe i denti, resiste e chiude il primo tempo in vantaggio. Nell’intervallo Conte riporta la calma e dagli spogliatoi riesce la Juventus dei primi 20’. Ai bianconeri bastano cinque minuti per spegnere l’entusiasmo dei tifosi della Lazio. Bonucci ha il piede caldo e inventa un altro assist perfetto (stavolta con il destro) per Vucinic. Il montenegrino salta Novaretti in velocità, ringrazia e segna l’ottavo gol alla Lazio in carriera. Ristabilite le distanze, la Juve poi domina. Hernanes, al 63’, ci mette del suo e dopo un fallo di mano si becca il secondo giallo, lasciando i suoi in dieci. In inferiorità numerica la Lazio non può contrastare la banda di Conte, che, nell’ultima mezz’ora, controlla la partita senza affanni e manda in gol anche l’implacabile Tevez, al terzo centro in tre partite ufficiali con la maglia della Juventus. D’alta scuola la giocata dell’Apache, ma è tutta l’azione ad essere bella: velo di Vucinic, finta dell’argentino e destro chirurgico sul palo più lontano. La Juve è troppa roba per la Lazio di Petkovic, che comunque si può consolare con un ottimo Candreva nella nuova posizione di trequartista. Conte, nonostante i mugugni in conferenza stampa, si gode la vittoria e forse si rende conto che la sua Juve non si è indebolita poi così tanto. Fatto sta che Napoli chiama, ma Torino risponde. E risponde più presente che mai.
Nell’anticipo delle 18, la Roma fa il suo esordio stagionale in casa ospitando il Verona, capace di sorprendere il Milan alla prima giornata. Rudi Garcia manda in campo Gervinho e Strootman dal primo minuto e conferma il pacchetto difensivo rimasto immacolato a Livorno. Mandorlini risponde con Romulo a destra e Cacciatore a sinistra per via dell’infortunio di Albertazzi; Hallfredsson riprende il suo posto a centrocampo accanto a Jorginho e Donati. I giallorossi iniziano subito forte: grande verticalizzazione del rigenerato De Rossi per Florenzi, ma il tuttofare della nazionale spedisce clamorosamente a lato. La Roma gioca un calcio spumeggiante, anche se le occasioni create sono perlopiù tiri dalla distanza. Come quelli di Pjanic e De Rossi, che Rafael respinge. Tiene bene il campo l’undici gialloblù, confermando le buone indicazioni dell’esordio vincente contro il Milan. L’iniziativa resta comunque costantemente in mano ai capitolini, ma si sente la mancanza di un punto di riferimento in avanti. E allora, come già detto, si cercano altre soluzioni: Strootman è positivo nel cercare la via del gol con un paio di conclusioni di sinistro e negli inserimenti da dietro, Totti è sempre il solito inventore che scalda le mani di Rafael su punizione. Il gol non arriva, ma è solo questione di tempo. Dopo sette minuti del secondo tempo, ecco l’esordio di Adem Ljajic, che rimpiazza un deludente Alessandro Florenzi. E i risultati si vedono subito, perché al 56’ arriva il vantaggio: Totti apre a destra per Maicon, tiro-cross del brasiliano deviato da Cacciatore e Rafael è battuto. Neanche il tempo di riprendere il gioco, che Pjanic si inventa una rete capolavoro, da vedere e rivedere, una di quelle perle che lasciano gli occhi dei telespettatori incollati allo schermo e fanno ribollire di gioia i cuori dei tifosi sugli spalti. Il pallonetto del genietto bosniaco fa sorridere Rudi Garcia, che ha vietato nella maniera più assoluta la cessione del suo numero 15. Da qui in poi è accademia: Pjanic lancia Gervinho che spreca da due passi, Balzaretti e Maicon mettono paura a Rafael, Gervinho si mangia un altro gol davanti al portiere. Alla festa giallorossa, però, non poteva non partecipare Ljajic, che al 67’ spacca la porta con un destro dalla distanza. Anche Strootman sfiora il gol su suggerimento di Gervinho, ma Rafael dice ancora una volta di no. Il Verona si sveglia solo nel finale, colpendo una traversa con Hallfredsson e sfiorando il gol con Cacia, il cui tiro di sinistro viene respinto sulla linea da Kevin Strootman. La Roma vince la sua seconda partita in altrettante uscite, segno di una crescita esponenziale anche grazie al nuovo gioco voluto da Garcia. I giallorossi volano a 6 punti e sono promossi a pieni voti. Per l’Hellas un piccolo passo indietro dopo l’affermazione contro il Milan, anche se resta la consolazione di aver tenuto alla grande il campo fino alla rete del vantaggio della Roma.
Una nuova concorrente si iscrive di diritto alla folle corsa per lo scudetto, nel tentativo di spezzare il duopolio Juventus-Napoli che le prime due giornate di campionato avevano già costruito. È la Fiorentina di Vincenzo Montella, che ogni volta di più dà l’impressione di essere ad un passo dalla completa maturazione ed ha ormai eguagliato il livello di gioco dello scorso anno. Nei primi 45’ di gioco a Marassi, dubbi e perplessità cedono il passo ad una squadra da paura, equilibrata fra i reparti e capace di andare a memoria, almeno nella fase offensiva. Il volto migliore di questa Viola è quello che non segna: Borja Valero. Lo spagnolo spariglia rispetto all’esordio col Catania e si adatta alla perfezione al nuovo sistema di gioco introdotto dall’allenatore (un 4-3-1-2 per la rinuncia forzata a Cuadrado), che lo vuole dietro le punte. L’ex Villarreal, però, non si limita a recitare il ruolo del trequartista puro, ma svaria a destra e sinistra, alla ricerca della giusta posizione da cui far male. Ci riesce in occasione del primo gol, in cui direttamente da calcio d’angolo recapita ad Aquilani il colpo di testa del vantaggio. Ci riesce in occasione del terzo, quando avvia l’azione che porta Pasqual al cross teso e Gomez alla rifinitura. A proposito, anche il tedesco sembra finalmente in condizione. Dopo il secondo palo in due partite – con cui balza in cima alla classifica dei più “sfigati” – l’ex Bayern infilza Perin con un piattone apertissimo e serve anche un assist – una sponda in realtà – a Rossi per il momentaneo 0-2, agevolato da una papera colossale di Perin, che sancisce la morte sportiva del Genoa in questa partita. Anche Pepito, dopo uno sciagurato errore in avvio, sigilla il suo ritorno in campo con il secondo gol in due partite. Come è facile intuire, tutti gli elementi viola s’intrecciano alla perfezione e per il Grifone, che aspetta di capire se i due attaccanti lanciati nella mischia da Liverani saranno quelli definitivi (per Gila è molto più no che sì), la speranza crolla quasi subito. La squadra risente del solito mercato incompleto e di una scarsissima compattezza fra i reparti, che nei primi 25’ paga a carissimo prezzo. Il centrocampo non protegge la difesa, come negli ultimi due anni d’altronde, e la Fiorentina riempie i buchi con una facilità disarmante. Il copione è lo stesso anche in avvio di ripresa, sebbene il gol di pregevole fattura messo a segno da Gilardino – un tiro al volo, alle spalle di Compper, su cross di Matuzalem – facesse un minimo pensare ad un cambio di rotta. Invece no, perché sul capovolgimento di fronte Borja e Aquilani duettano e Rossi, lesto e col piattone, risale al secondo posto della classifica cannonieri. Sono inutili anche il regalino di Compper (fallo in area su Gila) e la trasformazione di Lodi per rimettere in palio i tre punti. La Viola si organizza, alza gli argini e, con personalità strabordante, impedisce al Genoa di farsi troppo pericoloso. Merito in verità anche di Neto, altra buona notizia di una serata da incorniciare: il portierino brasiliano è impeccabile in uscita e toglie qualche castagna dal fuoco. Nel finale c’è ancora spazio per Mario Gomez, che realizza un rigoronzo concesso da Celi per fallo di Sampirisi (espulso) su Mati Fernandez. La festa così è completa: Montella torna in vetta alla classifica e non è detto che la lasci presto.
La vittoria ottenuta contro il Cagliari dimostra che Verona è soltanto un brutto ricordo. Tre gol (due degli attaccanti) e pochi svarioni difensivi. È già un successo per una squadra che dopo la sconfitta all’esordio veniva già data per bollita e che ora con Matri, l’acquisto di Kakà e forse di un difensore, guarda al campionato con altri occhi. Il 3-1 al Cagliari dà sicurezza al gruppo di Allegri, ormai orientato al ritorno al 4-3-1-2 con buona pace di El Shaarawy, che o imparerà (e in fretta) a giocare da seconda punta, oppure passerà diverse partite a guardare i compagni fino all’87’ come contro i sardi. Niente di trascendentale comunque dal punto di vista del gioco. La novità mostrata dal Milan per l’occasione è il pressing altissimo per i primi, buoni, venti minuti. Un tentativo di spremersi subito e mettere in cassaforte il risultato per non dare linfa vitale alle tossine di Champions. Blitz riuscito a metà perché i rossoneri, forti di un Balotelli versione assist-man, trovano due gol con Robinho (8’) e Mexes (31’) praticamente a porta vuota. A metà, dicevamo, perché Marco Sau, giusto due minuti dopo il raddoppio rossonero, è capace di estrarre un gioiello per l’illusorio 2-1. Nella ripresa, poi, il Cagliari ha addirittura l’occasionissima per pareggiare, con Nainggolan (al 50’) dopo un’ottima ripartenza, ma la velocità di Abate tramortisce in angolo le velleità del belga. Nonostante un atteggiamento poco grintoso e poche idee, arriva puntuale come un orologio svizzero il gol di Balotelli che chiude con mezz’ora d’anticipo la partita e regala ai rossoneri i primi tre punti da cui partire. Matri fa il suo esordio in maglia rossonera sostituendo Robinho, mentre Sau e Ibarbo trovano il modo di sprecare altre due buone palle gol. Con l’arrivo di Kakà (Montolivo tornerà nel suo ruolo naturale, dopo l’esperimento da trequartista), il Milan che tornerà in campo a metà settembre in quel di Torino sarà una squadra completamente diversa, nella sostanza e nel gioco.
Inter subito all’attacco, Catania non da meno. Si parte così, al Massimino, senza calcoli: Alvarez supporta Palacio e cerca subito il gol, Kovacic e Guarin irrompono nella trequarti, Jonathan difende e spinge facendo cose davvero belle. La risposta catanese è da brivido: in dieci minuti, tre pericoli per Handanovic, attentissimo. Bergessio guida l’attacco, Leto e Castro lavorano ai fianchi la difesa interista. Ed è proprio Leto a sprecare una clamorosa occasione davanti ad Handanovic. C’è poi Jonathan, che in diagonale coglie la sensazione del quasi-gol. Mazzarri e Maran invocano qualche misura di prudenza, perché a centrocampo si sbanda da una parte e dall’altra. Ed è fatale che in un contesto così, la qualità emerga: in senso nerazzurro, al 20’, quando Jonathan ridicolizza Monzon, vola a destra fino alla linea di fondo e spalanca la porta (vuota) per Palacio. Vantaggio e tripudio. La risposta del Catania vuole essere subito prepotente, ma Ranocchia e Campagnaro coprono gli spazi e, dove non arrivano loro, riecco Handanovic. Il finale del primo tempo segnala l’infortunio di Mariano Izco e la parabola discendente di Kovacic (botta alla schiena), sostituito da Taider. Maran opta, poi, per Maxi Lopez al posto di Izco, in attesa del secondo tempo. Che si apre con il Catania che prova ad attaccare gli spazi che si aprono in difesa. Ma al 57’ ecco il raddoppio interista: Jonathan per Palacio, traversone basso, volo di Nagatomo, siluro di testa in porta. Tutto molto bello. Partita finita? Il Catania prova a riabilitarsi, un po’ confuso e un po’ veemente: attorno alla difesa interista si accendono fuochi, o forse fuocherelli. Ma i pericoli veri sono le ripartenze interiste: una di queste, col sinistro di Ricky Alvarez, porta diritto a un bellissimo assolo all’80’ che si chiude con un diagonale perfetto e vincente. Tre a zero, l’Inter si solleva a quota sei dando, di sé, un’immagine diversa rispetto a quella del 2-0 col Genoa: meno prudente, un po’ più attenta e ordinata, atleticamente instancabile e tatticamente quasi impeccabile. Ma in attesa del vero volto mazzarriano, basta così. Anzi, avanza.
L’Udinese ottiene la sua prima vittoria in campionato e dimentica l’eliminazione dall’Europa League per mano dello Slovan Liberec. Al Friuli, è Badu (in campo al posto di Pereyra) ad aprire i conti sfruttando un rimpallo favorevole dopo un rinvio non preciso di Cassani. I bianconeri sono più in palla e sfiorano più volte il raddoppio, colpendo anche un palo con capitan Di Natale. Il gol del 2-0 arriva al 72’ con Heurtaux, sugli sviluppi di un calcio di punizione dalla sinistra di Maicosuel. Nel finale c’è tempo per la prima rete in campionato con la maglia del Parma di Antonio Cassano e per la firma su rigore (peraltro inesistente) di Luis Muriel.
Bologna e Sampdoria firmano l’unico pareggio di giornata con uno scoppiettante 2-2 al Dall’Ara. Al 25’ arriva il vantaggio di Eder, che sfrutta un errore di Curci sulla conclusione di Gabbiadini. I felsinei vanno ripetutamente vicini al pareggio, soprattutto con la traversa di Moscardelli e il colpo di tacco di Bianchi respinto da Angelo Da Costa. Al 41’ è proprio l’idolo dei social network a mettere a posto le cose, sfruttando un’imprecisione del portiere blucerchiato. Nella ripresa, Panagiotis Kone (cui era stata annullata una rete nella prima frazione) segna un gol da favola, in sforbiciata. Un gol dei suoi, insomma. La Samp, però, non demorde e al 71’ trova il gol del definitivo 2-2 con uno spettacolare calcio di punizione di Gabbiadini. All’85’ l’attaccante in comproprietà con la Juventus sfiora il palo con un diagonale di sinistro, mentre un minuto più tardi Curci salva il risultato su Soriano. Prossimo turno a Udine per il Bologna, invece la Doria sarà impegnata nel derby della Lanterna contro il Genoa.
Sono due difensori centrali a regalare i primi tre punti della stagione all’Atalanta di Colantuono. I nerazzurri, infatti, battono 2-0 il Torino grazie alle reti dei suoi due baluardi difensivi. È Stendardo a smuovere le acque al 57’ risolvendo una mischia innescata da un calcio di punizione di Cigarini, anche se il gol sarebbe stato da annullare per una posizione di fuorigioco di Yepes. Ancora dal piede di Cigarini, ma da angolo, arriva poi il gol che chiude la partita all’81’, a firma di Lucchini. Il Torino, che chiude senza allenatore (espulso Ventura), può anche recriminare per aver colpito due traverse, prima con Darmian, di piatto, e poi con El Kaddouri, direttamente su calcio di punizione.
Grande affermazione del Livorno al Mapei Stadium di Reggio Emilia contro un’altra neopromossa, il Sassuolo. Al 43’ l’ex Roma e Olympiakos Greco apre le danze con un grande calcio di punizione di sinistro. Zaza, dopo due tentativi non andati a buon fine, trova il suo primo gol in Serie A con un imperioso colpo di testa, al minuto numero 66. Ma da qui in poi la partita si tinge completamente di amaranto: al 69’ Emeghara segna la sua prima rete con la maglia dei labronici, poi tocca a Paulinho timbrare il cartellino (75’), mentre a cinque dalla fine ci pensa ancora una volta Innocent Emeghara a chiudere i giochi, trasformando un rigore concesso da Mazzoleni per fallo del disastroso Rosati su capitan Luci.
Per effetto di questi risultati, in vetta troviamo Napoli, Inter, Roma, Fiorentina e Juventus a quota 6, nessuna squadra a quota 4, ben otto compagini con 3 punti e soltanto tre (Catania, Genoa e Sassuolo) ferme a 0. Hamsik è il capocannoniere con 4 gol segnati, seguito da Rossi a quota 3 reti e da undici giocatori autori di 2 realizzazioni (Tevez, Vidal, Muriel, Gomez, Emeghara, Stendardo, Palacio, Nagatomo, Toni, Paloschi e Callejon).
I TOP
Marek Hamsik (NAPOLI): Altri due gol (4 in appena 2 partite) e non sembra volersi fermare qui. Il nuovo capitano del Napoli è il vero trascinatore degli azzurri: i paragoni con Gerrard si fanno sempre più insistenti… PAZZESCO.
Alberto Paloschi (CHIEVO VERONA): Segna due gol alla Paloschi, ci siamo stancati di dire alla Inzaghi. Dimostra di essere maturato parecchio e, se la condizione atletica lo assisterà, potrà essere un’arma importante per i clivensi. Quest’aggettivo, però, non se lo scrollerà mai di dosso: INZAGHIANO…
Arturo Vidal (JUVENTUS): Il vizio del gol non lo perde mai. Vede la porta meglio di molti attaccanti e, come se non bastasse, fa un lavoro incredibile a centrocampo. RE ARTÙ…RO.
Giuseppe Rossi e Mario Gomez (FIORENTINA): La serata del primo comincia in modo un po’ malinconico per il gol sbagliato da due passi, ma prosegue alla grande. In due occasioni dà al Genoa il colpo di grazia: prima con la complicità di Perin che agevola un gran tiro al volo da 25 metri, poi con la sua abilità a tagliar fuori l’intera difesa del Genoa e colpire indisturbato. Lo spilungone tedesco, invece, protegge palla, fa salire la squadra, detta gli inserimenti. Poi, dopo il secondo palo in una settimana, segna un gol dei suoi. Replica su rigore e si contende la palma di migliore in campo con il compagno di reparto. GEMELLI… DIVERSI.
Innocent Emeghara (LIVORNO): Esordisce come meglio non avrebbe potuto. Conferma quanto di buono fatto vedere nella scorsa annata al Siena: i tifosi, con lui, possono iniziare a sperare… FORMIDABILE.
I FLOP
Antonio Rosati (SASSUOLO): Sbaglia praticamente tutto ciò che si poteva sbagliare. È in ritardo sulla seppur bella punizione di Greco, buca clamorosamente sul primo palo sulla conclusione di Emeghara, non è preciso nemmeno sul sinistro di Paulinho e, in più, atterra Luci in area di rigore. Peggio di così… IMBARAZZANTE.
Mattia Perin (GENOA): Non è una grande giornata per i portieri. Quello del Genoa compie la paperona della carriera, buttando dentro un sinistro di Rossi non così irresistibile. Sul gol di Aquilani è incerto e sulla rete di Gomez non esce. All’85’ ferma l’ex Bayern lanciato in contropiede, ma è troppo tardi per rimediare. Ai grandi appuntamenti il portierino cresciuto nelle giovanili di Pro Cisterna e Pistoiese impallidisce di colpo. E in questo caso è diventato viola dalla paura… ANGOSCIATO.
Fabian Monzon (CATANIA): Era arrivato con l’etichetta di terzino goleador, ma dopo le prime due uscite ha mostrato soltanto gravi lacune difensive. Dopo Cuadrado, tocca a Jonathan divorarlo letteralmente sulla fascia. Può e deve fare molto meglio. MACIULLATO.